Posted by A ripercorrere all’indietro tutti i passi di avvicinamento al terzo album di The Weeknd, il rischio principale è che ci fossimo persi per strada la trasformazione completa del produttore canadese da artista r’n’b capace di dire la propria sui fronti più innovativi del genere a star completa dell’industria musicale moderna orientata al web, capace di fare due singoli coi Daft Punk, un video violento pensato per i giovani e un cortometraggio fatto pensando in grande quasi fosse FKA Twigs. C’era abbastanza materiale per far storcere il naso a qualcuno, insomma, soprattutto se la qualità delle sue prime composizioni fosse venuto a mancare.
La novità, ascoltando Starboy uscito lo scorso venerdì, è che il passaggio alla nuova immagine c’è ma è graduale, ben orchestrato e soprattutto legittimo: quello di poter tirare fuori canzoni come Starboy (qui sopra) che possono conquistare le programmazioni radiofoniche pur suonando diverso dal pop comune è e resterà sempre un talento, e lo è ancor di più se cucito addosso a un artista che oggi è in grado di mostrare un ventaglio di talenti simili ben variegato. The Weeknd oggi sa essere pop, sa essere dance&cool sulla scia del sound Disclosure (Rockin’) e sa ancora essere caldo e emotivo alla vecchia maniera, seppur aggiornandosi a uno stile più cantato in cui lui ne esce fuoriprotagonista.
In mezzo c’è la collaborazione dai toni delicati con Lana Del Rey Stargirl Interlude, quella stilosissima con Kendrick Lamar Sidewalks, una tracklist di diciotto tracce che scorrono tra ritmi, movimenti più dancey e tracce orecchiabili e l’apertura e chiusura affidata alle due diversissime tracce realizzate con Daft Punk. Starboy è un disco caleidoscopio di tanti diversi stili caratterizzanti del 2016 e dei nostri tempi in generale, messi insieme da uno dei pochissimi artisti capaci di piegarsi lungo ognuno di essi e capace di suonare piacevole a una gamma di ascoltatori larghissima. Non sarà il disco dell’anno, ma probabilmente ne è il colpo di coda.
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