Album: Nicolas Jaar – Sirens

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Complesso, spiazzante ed estremamente aristocratico. È così che Nicolas Jaar si ripresenta a sorpresa in formato album, cinque anni dopo il debutto di Space Is Only Noise. Debutto, quello del 2011, che era un disco sì di grande raffinatezza, ma comunque facile da seguire e apprezzabile come opinione ulteriore nell’avvicendamento dell’elettronica cantautoriale di quel periodo, che vedeva i fermenti di James Blake, Jamie Woon e SBTRKT in corso. Ora, invece, Jaar non ha (o non vuole) affidarsi a nessun punto di riferimento, e col nuovo Sirens produce un disco di libera sperimentazione ai confini del jazz, lontano dalla forma canzone e da ogni struttura riconoscibile all’orecchio medio.

Il che ha dei pro e dei contro. Il pro è chiaro: Nicolas Jaar è artista puro, capace di offrire visioni innovative e spingere più in là lo stato dell’arte dell’elettronica sperimentale, che qui si configura come materiale liquido ed estremamente volubile, quasi fossero le spire del fumo di una sigaretta che si contorce nell’aria di una stanza chiusa. E questo è bene. I contro, se vogliamo, sono un effetto collaterale di quanto appena detto: l’album suona come “complesso” e “strano” non solo al primo ascolto ma parecchio più a lungo, impedendo all’ascoltatore di entrarci in confidenza e, di conseguenza, amarlo. A meno che non siate futuristi amanti della mancanza di riferimenti che si sciolgono di fronte alle espressioni di puro genio. In questo caso Sirens lo amerete, consapevoli però di essere una minoranza. Per tutti gli altri, la domanda è lecita: siamo proprio sicuri che un talento come Nicolas Jaar oggi davvero non sia in grado di offrire qualcosa anche per chi non può (o non vuole) seguire la pura sperimentazione genialoide?

6 / 10

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