La vera storia dello Strangolatore di Boston

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Sono passati più di sessant’anni da quando la zona di Boston si trovò a dover fare i conti con la presenza di un serial killer feroce e senza scrupoli. Una vicenda che rimane tutt’oggi molto dibattuta, e da cui è stato recentemente tratto l’omonimo film con Keira Knightley. In questo articolo proveremo a ripercorrere i vari passi che hanno caratterizzato questo cupo caso di cronaca.

La lunga scia di morte dello strangolatore

14 Giugno 1962. Sembra una serata tranquilla per Anna E. Slesers, una donna di 55 anni che risiede al 77 di Gainsbourogh Street. Vive da sola in un appartamento del terzo piano, è divorziata e ha due figli indipendenti. Si guadagna da vivere facendo la sarta. Quella sera ha in programma di andare in chiesa per una funzione commemorativa e prevede di andarci insieme al figlio, che dovrebbe passare a prenderla alle 19.

Sono proprio le 19 quando Juris, il figlio, arriva davanti all”ingresso della casa. Bussa ma nessuno risponde. Dopo numerosi tentativi decide di buttare giù di forza la porta. Entra nell’appartamento, si dirige in bagno dove gli si apre davanti agli occhi una scena agghiacciante. La madre è sdraiata a terra, senza vita, con la corda dell’accappatoio attorcigliata intorno al collo. Qualcuno l’ha strangolata.

La Polizia arriva sul posto e inizia i primi rilievi: sembra che l’abitazione sia stata saccheggiata, ma non è stato rubato nessun oggetto di valore. La vittima ha subito uno stupro.

Un crimine aberrante che lascia tutti interdetti. Per l’area metropolitana di Boston è appena iniziato un incubo.

Il 30 Giugno 1962 si consumano altri due delitti. Alle 10 di mattina Helen Blake, 65 anni, viene uccisa da un sadico che prima la sevizia e poi le stringe una calza di nylon al collo. L’appartamento è in disordine, mancano alcuni oggetti della vittima. Il modus operandi è terribilmente simile a quello dell’omicidio di Anna Slesers.

Lo stesso giorno viene ritrovata morta Nina Nichols, sessantottenne residente a Brighton. La donna viene uccisa intorno alle cinque del pomeriggio, strozzata con due calze di nylon e anche in questo caso l’assassino aveva simulato un furto. Sul suo corpo c’erano tracce di violenza sessuale. Un’altra donna che abitava da sola, assassinata senza pietà. A questo punto comincia a essere chiaro che un soggetto ignoto e pericoloso si aggira nella zona.

Il 19 Agosto la scena si ripete quando una signora finisce nelle grinfie di questo folle. Ida Irga, 75 anni, vedova che abitava a Grove Avenue. Stuprata e strangolata a mani nude. Il giorno successivo Jane Sullivan, infermiera di 67 anni, viene trovata morta all’interno della sua vasca da bagno. Strozzata con le sue stesse calze.

In tutte le scene del crimine non c’è nessun segno di effrazione, come se l’assassino riuscisse in qualche modo a guadagnarsi la fiducia delle sue vittime e a farsi aprire la porta di casa.

Per qualche mese lo strangolatore smise di colpire, fino a quando il 5 Dicembre 1962 tornò in azione uccidendo Sophie Clark, una studentessa ventunenne di origine afroamericana. Strozzata con tre calze di nylon e con i suoi stessi slip. Anche lei era stata violentata sessualmente.

Il killer stavolta ha ucciso una ragazza, un cambio di target rispetto ai precedenti delitti. Qualcuno però sembra aver visto qualcosa. Una delle vicine racconta che, intorno alle 14:20 di quel giorno, bussò alla sua porta un uomo, dai 25 ai 30 anni, dicendo che era stato mandato dall’amministratore per imbiancare l’appartamento. Quando capì che la donna non era sola in casa, il soggetto se ne andò. Era lo strangolatore? Forse era questo il modo in cui riusciva a farsi aprire la porta dalle vittime?

Poco più di tre settimane dopo viene trovato il cadavere di Patricia Bissette, 23 anni. Giaceva sdraiata sul suo letto, era stata strozzata con la camicetta e le calze. L’omicida aveva brutalmente abusato di lei. Seguirono tre mesi di silenzio fino a quando il 6 Marzo 1963 la sessantottenne Mary Brown viene uccisa. Picchiata a morte, violentata e strangolata. L’ennesima manifestazione di un atto cinico e spietato.

L’8 Maggio 1963 Beverly Samans, 23 anni, incontra una fine terribile. Ammazzata da un demonio che l’aveva lasciata con le mani legate dietro la schiena, due panni nella bocca, una calza e due fazzoletti attorcigliati sul collo. Beverly però non era morta per strangolamento ma era stata attinta da 22 colpi di arma da taglio, 4 dei quali erano stati inferti alla gola e avevano causato la morte.

Durante i mesi estivi non si registrarono altri attacchi fino all’8 Settembre 1963, giorno in cui viene uccisa Evelyn Corbin, 58 anni. Strozzata con le sue calze, le mutande spinte dentro la bocca. Aveva subito violenza sessuale. L’appartamento era stato messo in disordine.

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Il 25 Novembre dello stesso anno Joann Graff, 23 anni, viene trovata morta. Anche lei con due calze strette sul collo. Sul suo corpo i segni di terribili abusi sessuali. Uno dei vicini dichiarò di aver visto un uomo di circa 25-30 anni che si aggirava nel complesso del condominio chiedendo dove abitasse Joann.

Trascorre un mese e mezzo quando il 4 Gennaio 1964 due ragazze, di ritorno nel loro appartamento situato a Charles Street, fanno una scoperta agghiacciante. Mary Sullivan, la loro coinquilina, giace senza vita, appoggiata sul letto. Un manico di scopa le è stato inserito nelle parti intime. La diciannovenne era stata strangolata con una calza e una sciarpa. L’assassino aveva completato questo spaventoso quadro di morte lasciando ai piedi della vittima un biglietto su cui era riportata la scritta “Buon Anno”.

L’indagine

L’inchiesta sullo strangolatore di Boston si rivelò particolarmente complessa. La Polizia mise in campo ogni mezzo possibile per riuscire a fermare il folle omicida che da un anno e mezzo seminava il terrore a Boston. Controllarono tutti i conoscenti delle vittime per cercare eventuali punti di contatto, interrogarono tutti i maniaci con precedenti penali presenti nell’area, chiesero consulenza a qualche sensitivo.

Alla fine la svolta arriverà grazie a un filone d’indagine apparentemente scollegato dai fatti dello strangolatore. Una storia che comincia qualche anno prima, quando si erano verificati nella zona di Cambridge degli episodi di molestie da parte di un uomo sconosciuto, il quale si presentava davanti alle porte di casa dove vivevano ragazze sole. Diceva di chiamarsi Johnson, a suo dire lavorava per un’agenzia di moda che reclutava giovani modelle e si offriva di prendere le loro misure per vedere se fossero state adatte al mestiere. Alcune di esse acconsentirono, il soggetto prendeva il metro e iniziava a misurarle, toccando di proposito le parti intime. Una volta terminato diceva che sarebbero state ricontattate dall’agenzia, ma nessuno si faceva più vivo.

Le donne molestate fecero presente il fatto alla Polizia. Gli agenti, durante l’indagine, intercettarono un uomo mentre tentava di intrufolarsi in una casa. Quando venne interrogato ammise di essere lui il molestatore. Si chiamava Albert DeSalvo, 29 anni, faceva l’operaio in una fabbrica che produceva gomma. Aveva una moglie e due figli. Nella sua vita una serie di precedenti penali per furto ed effrazione.

DeSalvo venne condannato a scontare 18 mesi di carcere per le molestie e alla fine uscì nell’Aprile del 1962 per buona condotta.

Passarono due anni quando nel 1964, nell’area del Connecticut, cominciarono a verificarsi una serie di aggressioni sessuali da parte di un soggetto ignoto, soprannominato ”L’uomo verde” poiché si presentava nelle case dove vivevano donne sole indossando una tuta verde, spacciandosi per un tuttofare. Una volta entrato gettava la maschera e metteva in pratica le sue intenzioni, abusando sessualmente di loro.

Dopo l’ennesimo assalto una donna fornì un identikit alla Polizia, il quale sembrava combaciare con l’aspetto di DeSalvo. Quando le venne mostrato l’uomo dal vivo la vittima lo riconobbe immediatamente come il suo assalitore. Nel Novembre 1964 Albert venne nuovamente arrestato.

Durante la detenzione in carcere, DeSalvo si trovava insieme al suo compagno di cella, George Nassar (rinchiuso in prigione per omicidio), quando gli confessò di essere lo strangolatore di Boston. Nassar riferì tutto al suo avvocato, il quale contattò gli inquirenti. Interrogato dalla Polizia, Albert ammise di essere il serial killer a cui stavano dando la caccia da tempo. Descrisse tutti gli omicidi dimostrando di essere a conoscenza di particolari che potevano essere noti soltanto agli investigatori e all’assassino stesso. Fornisce dettagli sugli appartamenti e sulle vittime che non erano mai stati resi noti. Gli inquirenti erano convinti di avere tra le mani l’uomo giusto.

Nonostante ciò oltre alla confessione non ci sono ulteriori elementi che possano collegare con certezza il sospettato sulle scene del crimine. Le cose si fanno ancora più complicate quando alcuni dei testimoni che dichiararono di aver visto lo strangolatore poco prima dei delitti, non lo riconobbero in DeSalvo. Abbastanza sorprendentemente due testimoni notarono una certa somiglianza con George Nassar, il compagno di cella. Tuttavia non c’erano prove contro quest’ultimo.

A questo punto cominciano a sorgere dubbi sulla confessione. Qualcuno inizia ad avanzare l’ipotesi che dietro ai delitti non ci fosse una sola mano ma fossero in realtà opera di più assassini. Ne sarebbero prova la differente tipologia di vittime e alcune variazioni nel modus operandi.

Nel 1967 Albert DeSalvo viene condannato all’ergastolo per i crimini del cosiddetto “uomo verde”, mentre per gli omicidi dello strangolatore non c’erano elementi per emettere una condanna al di là di ogni ragionevole dubbio.

Nello stesso anno evase dal carcere ma tre giorni dopo si riconsegnò alle autorità. Venne trasferito in una prigione di massima sicurezza, a quel punto ritrattò la sua confessione dichiarando di non essere lo strangolatore di Boston. Restò in galera per il resto dei suoi anni, fino a quando il 25 Novembre 1973 venne accoltellato mentre si trovava in infermeria. Dell’omicidio venne sospettato un altro carcerato ma il processo nei suoi confronti si concluse in un nulla di fatto.

Chi era lo strangolatore di Boston?

In mancanza di prove certe, il caso continuò a essere discusso per molto tempo. Era veramente DeSalvo, oppure i delitti erano stati commessi da qualcun altro?

Nel Luglio 2013, dopo oltre cinquant’anni, fu possibile mettere un punto fermo. L’analisi del DNA delle tracce rilasciate dall’assassino sul corpo di Mary Sullivan, l’ultima vittima, permise di attestare che l’impronta genetica era quella di Albert DeSalvo.

Non ci sono dubbi quindi sulla responsabilità di quel delitto, Per quanto riguarda invece i restanti omicidi vengono sollevati dei dubbi. È possibile che fossero stati compiuti da assassini diversi?

Premesso che ad oggi non abbiamo una risposta certa a questa domanda, proviamo a fare alcune valutazioni.

È vero che la tipologia di vittime non è sempre la stessa e che in alcuni casi ci sono delle differenze nelle modalità dell’omicidio, tuttavia tutti questi delitti sembrano avere una particolare caratteristica in comune, che risiede nell’impronta psicologica dell’assassino. In ognuno di essi ricorre in maniera sistematica il tema dello strangolamento, quando non è utilizzato per uccidere viene comunque messo in scena come rappresentazione della morte. Sono probabilmente delitti guidati dalla fantasia, frutto di perversioni. Atti che l’assassino ha pensato e immaginato per chissà quanto tempo prima di riuscire a metterli in pratica.

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È certamente possibile che in un’area come quella di Boston potessero agire nello stesso periodo due o più assassini seriali, ma è assai meno probabile che condividessero tutti la stessa fantasia omicidiaria messa in atto in ognuno di questi delitti. La tesi del singolo serial killer non è assolutamente da scartare. DeSalvo resta un forte indiziato, sia perché ha certamente commesso l’omicidio di Mary Sullivan sia perché nei casi di molestie e stupri per cui è stato condannato agiva con un metodo piuttosto simile a quello dello strangolatore, presentandosi davanti alle case delle vittime adducendo una scusa con cui farsi aprire, per poi passare al suo folle piano.

Qualunque sia la verità, ci auguriamo che si possa in futuro avere una definitiva certezza su quello che è accaduto in quegli anni a Boston e che sia possibile restituire un senso di pace alla memoria delle tante vittime rimaste travolte da questa catena delittuosa.

FONTI

Murderpedia – Albert DeSalvo
Biography – Albert DeSalvo