The Mercy Seat: la morte cantata da Nick Cave

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Molto spesso nel rock il trono è stato associato ad Elvis Presley, il “Re” che come cantava Neil Young “Is gone but not forgotten”, ma ci sono stati casi in cui per trono s’intendeva la sedia elettrica dove i condannati a morte andavano ad esalare i loro ultimi respiri.

Nei suoi testi Nick Cave ha parlato spesso di nascita e di morte, talvolta nella stessa canzone come in “Tupelo” dove raccontò in chiave “mitologica” la nascita di Elvis e contemporaneamente la morte del suo fratello gemello Jessie, “una condanna” per il Re.

Nick Cave, nello stesso anno in cui i Litfiba pubblicavano “3”, -album dove in copertina campeggiava il ritratto di Willie Jasper Durden giustiziato sulla sedia elettrica e “celebrato” in Louisiana: “L’ ultima sigaretta miccia al tabacco poi il mio trono esploderà…Il mostro nero elettrico”- 1988, pubblicava “Tender Prey” che iniziava con questi versi:

“E mi portarono al braccio della morte
Eppure sono quasi completamente innocente, sai
E lo voglio ripetere ancora
Non… ho… paura… di… morire”.

Sono versi tratti da “The Mercy Seat” la prima traccia dell’album, dove un condannato a morte senza nome racconta di essere prossimo a salire sul “Trono della misericordia”, la sedia elettrica e nel farlo racconta le sensazioni che lo pervadono negli attimi che precedono la sua fine.

Nick Cave & The Bad Seeds - The Mercy Seat

“Ho cominciato a provare caldo e freddo davanti agli oggetti e ai loro contorni; una tazza sbreccata, un panno attorcigliato
Il volto di Gesù nella zuppa. Quelle cene sinistre, le crudeli ruote del carrello dei pasti
Un osso curvo che spunta dal cibo. Ogni cosa buona o cattiva”.

La salute mentale dell’uomo morto che cammina è messa a dura prova, ed aspira solo di salire sul suo trono della misericordia manifestando la sua innocenza ed impavidità verso la morte che lo attende.

Sembra però che sia una bugia che vuole raccontarsi, e che attraverso l’utilizzo dell’ironia blasfema cerchi di esorcizzare la morte prendendosela con Dio e non con se stesso.

“Dalla sala giungono racconti
Dicono che Cristo sia nato in una mangiatoia
E che, come un pezzente senza nome
Sia morto sulla croce
E vorrei dire che in un certo senso fu inevitabile
Di mestiere faceva il falegname
O almeno così mi è stato detto”.

Per poi riaffermare nel refrain la sua innocenza in un crescendo che, specie nelle versioni live del brano -ad esempio quella presente in “Distant Sky (Live in Copenaghen) è di una furia ceca e devastante.

Il condannato però nel momento in cui si è seduto sulla “vecchia scintillante” si arrende all’evidenza dei fatti con la sua coscienza, e forse per ascendere al trono della misericordia di Dio, l’unica cosa da fare è ammettere il suo peccato e chiedere la grazia.

“E il trono di misericordia attende e credo che la mia testa bruci, e in un certo senso ho una gran voglia
Di farla finita con questa prova della verità
Occhio per occhio
Dente per dente
E comunque ho detto la verità
Ma ho paura di avere mentito”.

No, non è un racconto di Flannery O’ Connor, ma il testo di “The Mercy Seat” di Nick Cave è figlio di quell’immaginario gotico e corvino, dove la scrittrice statunitense è stata una delle protagoniste, e per quanto il trono del rock sia una faccenda da re e del “Re”, il titolo di principe delle tenebre è suo. Magari il buon Nick si metterebbe seduto su una vecchia sedia elettrica in disuso, ovviamente il suo trono.