Il respiro di un cantante

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Il cantante si avvicina, si piazza, si avventa al microfono e prima di emettere la sua voce, respira.

Da ascoltatore amatoriale e seriale di musica, il respiro dei cantanti è uno degli aspetti che amo di più in un brano, oltre alla sua costruzione e via discorrendo.

Quando indosso le mie cuffie cerco di ascoltare e “trovare: la voce, che dopo aver letto “l’autobiografia” di Steven Wilson “Limited Edition Of One” ancora inedita in Italia me la immagino posizionata al centro.

Ché forse la voce in una canzone potrebbe proprio essere il suo “Centro di Gravità Permanente”.

Provate a immaginare Jóga di Björk senza il suo respiro che come un refolo di vento si percepisce facendo parte così di quegli “emotional landscapes”; “Mother” senza lo sbuffo di Waters che ci scaraventa tutte le insicurezze del giovane Pink.

Grazie alla voce si ascoltano le parole e l’anima di chi le canta, che respira e ci fa respirare un po’ del suo essere condiviso con noi.

Respiriamo le sue sigarette, la sua ansia nel cantare quelle parole così importanti per lui, -e di rimando anche per noi- l’attitude vomitata in un microfono e che sia “strafottente” od elegante poco importa, l’importante è che ci sia.

Il respiro di un cantante è il fiammifero che accende la sua voce, pronta a riscaldarci, tenerci compagnia attraverso l’atmosfera creata grazie ad una “semplice” emissione vocale.

Poi, quando finisce la canzone, la candela si spenge, ma il calore, il profumo ed il respiro della voce appena ascoltata, no.