La Cattedrale di Chartres: i misteri, le leggende e la storia

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Nella città di Chartres, situata nella parte centrale della Francia e, più precisamente, nel dipartimento dell’Eure-et-Loire, sorge una delle cattedrali gotiche più interessanti e misteriose dell’intera Europa, ricca di simbologia esoterica e religiosa. Come tante chiese d’oltralpe (vedasi ad esempio l’omologa parigina), il nome della cattedrale è Notre-Dame, sottintendendo una consacrazione, almeno in apparenza, alla Vergine Maria, madre del redentore. Già assunta al rango di “monumento storico di Francia” nel 1862, la chiesa di Chartres è stata dichiarata “patrimonio culturale dell’umanità” dall’UNESCO fin dal 1979.

Si tratta di un edificio imponente, considerato uno dei luoghi di culto più famosi al mondo, soprattutto per l’eccellente stato di conservazione sia della parte architettonica che delle decorazioni, delle vetrate e delle sculture. La cattedrale di Chartres si impone come tempio della spiritualità umana e dell’innato desiderio della ricerca di Dio, assumendo il ruolo, nel corso dei secoli, di una delle mete più ambite del pellegrinaggio cristiano europeo, in particolare per i viandanti che proseguono per Parigi, o che si avventurino nel più ambizioso cammino verso Santiago di Compostela. Le torri della cattedrale non solo dominano la città di Chartres, svettando agili e lineari verso il cielo, ma sono visibili a decine di chilometri dal centro abitato in tutta la vicina piana di Beauce.

La storia

Il fondatore della chiesa fu il teologo Fulberto, seguace della Scolastica che, nell’undicesimo secolo, ne promosse la primitiva edificazione in un’area dove in precedenza sorgeva un antico luogo di culto pagano druidico. La prima versione della cattedrale fu distrutta nel 1194 a causa di un devastante incendio, ma subito dopo iniziarono le operazioni di ricostruzione che durarono per  circa sessant’anni. Le maestranze che si occuparono della mirabile opera erano formate da “confraternite”, che comprendevano gruppi di “operai specializzati”, chiamati “compagnons”. In quell’epoca vi erano tre diverse confraternite, così definite: i Bambini di Padre Soubise”, i “Bambini del Maestro Jacques” ed i “Bambini di Salomone”, affiliati all’Ordine del Tempio, su cui ci soffermeremo in  seguito. Specialmente i componenti di quest’ultima confraternita lasciarono molte tracce delle lavorazioni eseguite, incidendo sui massi e sulle travi della cattedrale alcuni segni che, in realtà, servivano ad identificare le rispettive identità, come se si trattasse di vere e proprie firme. I progetti di costruzione si basarono sul sistema di numerazione duodecimale, e non su quello decimale, forse per motivazioni legate alla simbologia del numero 12, così importante nell’ambito dell’Antico Testamento biblico. Per effettuare le misurazioni, i “compagnons”  si avvalevano di uno strumento peculiare, la cosiddetta “corda a tredici nodi” che aveva lo scopo di creare importanti connessioni tra gli ampi spazi della chiesa “in itinere”.

La facciata principale, dove spiccano le già citate due torri, è rivolta verso occidente. Le torri non sono state costruite nella stessa epoca, anche se danno un’idea di completezza e di simmetricità. Quella di sinistra fu iniziata prima, nell’anno 1134, anche se fu completata soltanto circa quattro secoli dopo, nel 1516, quando si realizzò la suggestiva cuspide in “gotico flamboyant”, opera di Jehan de Beauce; la torre di destra, invece, fu innalzata tra il 1142 ed il 1170, con lo stesso stile del campanile della chiesa della “Santissima Trinità” di “Vendome”.

La struttura della cattedrale

La facciata centrale è di grande pregio: nella parte bassa vi è il cosiddetto “portale reale”, formato da tre ingressi affiancati ed arricchito originariamente da 24 grandi statue, di cui attualmente ne rimangono 19, a cui si aggiunge un numero considerevole di figure di diverso genere, ben 300. In maniera originale e composita, i motivi ornamentali del portale presentano in prevalenza tematiche metafisiche, ma non mancano narrazioni della vita di Gesù o riferimenti al susseguirsi delle stagioni ed ai segni zodiacali, oppure raffigurazioni di figure di animali che erano inseriti negli elenchi dei bestiari medievali. Ciò che colpisce maggiormente è il fatto che i bassorilievi siano scolpiti quasi come se si trattasse di una rappresentazione cinematografica, con una sequenza narrativa ben delineata e canonica, seppure espressa con elementi ermetici e simbolici.   Tutto appare come un linguaggio complesso e decifrabile nei particolari, soltanto dagli iniziati o, comunque, dagli appartenenti a determinate società misteriche. Il portale della facciata settentrionale, invece, denominato “portale dell’alleanza”, si mostra più omogeneo e più in sintonia con la vocazione religiosa della chiesa, in quanto si nota un ciclo iconografico comprendente alcune scene dell’Antico Testamento, nonché scene della vita della Vergine Maria e di alcuni grandi personaggi biblici. Il portale della facciata meridionale, infine, concepito con una forma speculare a quello posto a nord, evidenzia una lunetta dove è raffigurato il giudizio universale, mentre nella strombatura vi sono le statue di dieci tra gli apostoli, a sinistra sono collocati i santi martiri e a destra i santi acclamati come “confessori”.

L’interno della cattedrale, così tipicamente slanciato come emblema dell’architettura gotica, è un vero e proprio tripudio di colori e di alternarsi tra la luce e l’ombra. La struttura è a croce latina, con tre navate e sei campate complessive. Sembrano fluttuare nell’etere gli eleganti pilastri ogivali poggiati su pilastri polistili e dominati in cima da un triforio.

Il labirinto

Tra le decorazioni presenti nella cattedrale di Chartres, la più famosa e misteriosa è senza dubbio la figura geometrica, risalente al XII secolo, chiamata comunemente “labirinto”. La raffigurazione è incisa nel pavimento della navata centrale, rappresentando un percorso continuo di 261,5 metri, che va dall’esterno all’interno del cerchio, sviluppandosi in un intricato susseguirsi di curvi ed archi, a loro volta a forma di cerchi concentrici. Gli esperti definiscono questa affascinante opera come “labirinto unicursale”, poiché prevede un’unica via d’uscita, considerandola come simbolo di una specie di “percorso salvifico”, in grado di legare l’umano al divino, l’immanente al trascendente. L’interpretazione ermetica, derivante dal motto “come in cielo così in terra” (sicut in coelo et in terra), intravede nel labirinto il prototipo di un cammino simbolico che conduce l’essere umano dalla terra verso Dio.

Al centro della figura sarebbe collocata la città di Dio, una simbolica Gerusalemme celeste alla maniera di quella descritta nel libro dell’Apocalisse di Giovanni di Patmos. Altri pensatori, facendo leva sulla dottrina dualista catara così presente in Francia al tempo della fondazione della chiesa, ritengono che quella strana figura geometrica indichi il cammino interiore dell’uomo verso Dio, attraverso le pratiche spirituali e la preghiera, tendendo ad annullare i contatti con il mondo materiale. Il tragitto nel labirinto culminerebbe nella rosa a sei petali che, secondo alcuni studiosi, vorrebbe essere il segno visibile della invocazione cristiana, conosciuta come “Padre nostro”, secondo i vangeli insegnata dallo stesso Gesù di Nazareth ai suoi seguaci, così ricca di riferimenti esoterici ed ermetici.

Gli elementi peculiari del labirinto di Chartres, però, sono davvero molteplici. È stato rilevato, infatti, che il percorso non consiste soltanto nel procedere verso il punto di fuoco centrale, ma anche nel tornare indietro partendo proprio da quel luogo. Colui o colei, che raggiunge il centro, è invitato a seguire la linea tracciata davanti che porta verso il “coro” della cattedrale, posizionato nella zona est, ossia verso la parte luminosa. Il pellegrino, pertanto, ritorna simbolicamente verso la luce, dopo aver raggiunto il punto di massima oscurità. Non può neanche sfuggire un altro importantissimo elemento esoterico: il labirinto misura la stessa superficie del rosone centrale. Ciò determina un importante evento astronomico, in quanto il giorno del solstizio d’estate, che può cadere il 20 o il 21 giugno, all’ora meridiana (attualmente verso le 14), un raggio di sole filtra dalla vetrata di Sant’Apollinare, illuminando sul pavimento della cattedrale una lastra di pietra di colore leggermente diverso dalle altre e collocata in posizione rialzata.

Nella tradizione cabalistica, il labirinto ha implicazioni magiche, costituendo uno dei segreti più significativi attribuiti a Re Salomone, prototipo della saggezza. Nella Bibbia un labirinto è collocato nel cortile davanti al Tempio che, secondo la leggenda, sarebbe stato fondato dallo stesso Salomone. I labirinti presenti nelle cattedrali gotiche, come quella appunto di Chartres, sono formati, come già detto, da cerchi concentrici che, in alcuni punti, presentano delle “rotture” o “interruzioni”, chiamati anche nodi di Salomone. Inoltre, i labirinti delle cattedrali erano indicati come “chemins a Jerusalem”, in quanto sostituivano, in maniera figurata, il pellegrinaggio in Terra Santa. Gli aspiranti penitenti erano obbligati a percorre in ginocchio le vie disegnate sul pavimento, portando una corona di rosario al collo e supplicando l’Onnipotente affinchè potessero ottenere la salvezza della propria anima.

I misteri di Chartres

Ad accrescere le leggende intorno alle funzioni ed alla simbologia della cattedrale di Chartres, come anticipato nella parte iniziale, fu la particolare vicinanza all’Ordine dei Cavalieri Templari di una delle confraternite che contribuirono alla sua edificazione. I costruttori, così vicini all’Ordine del Tempio, oltre ad aver lasciato incisioni con i loro nomi su travi e pilastri, avrebbero disseminato la chiesa di segni esoterici ed ermetici. Le stesse vetrate circolari, che spiccano sulle facciate, non sarebbero altro che espressioni allegoriche dell’arte alchemica. La stessa piana calcarea dove sorge la cattedrale era stata individuata come meta religiosa molti secoli prima: in questo luogo alcune tribù celtiche si riunivano per mettersi in contatto con la divinità chiamata Wouivre, attraverso cerimonie officiate dai loro sacerdoti, i potenti e mistici druidi. Nella stessa area sono stati ritrovati i resti di un pozzo molto profondo, all’interno del quale la tribù dei “Carnuti” aveva eretto “menhir” e “dolmen”, allo scopo di attirare l’energia divina. Seguendo questo filone interpretativo, il labirinto posto all’interno della cattedrale segnerebbe la spinta di una misteriosa energia magnetica e tellurica, capace di favorire il percorso di redenzione dei pellegrini in cerca di illuminazione.

Le vetrate della cattedrale di Chartres, di cui buona parte risale al tredicesimo secolo, presentano in prevalenza un colore blu così particolare ed unico, da essere conosciuto con il nome di “blu di Chartres”. Se nel computo generale si comprendono anche le rosette, le 176 vetrate si estendono su una superficie di circa 2600 metri quadrati, contribuendo a rendere così originale la fisionomia della chiesa. Le raffigurazioni dipinte sulle vetrate riportano, in prevalenza, le vicende di personaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento biblico, ma non mancano racconti di epoca medievale, come la “leggenda aurea” attribuita ad Jacopo da Varazze. Le vetrate più antiche, risalenti all’anno 1140, quando quel territorio era sotto la guida dell’abate Suger, prima che la chiesa fosse distrutta dal grande incendio nel 1194 e poi ricostruita, sono considerate tra le più antiche opere di quel genere esistenti al mondo. Di particolare pregio, per la devozione che ha ispirato nel corso dei secoli, è la “Notre Dame de la Belle Verriere” (Nostra Signora della Bella Vetrata), riportante l’immagine della Madonnina con il pargolo, circondata dagli angeli (risalente, secondo gli esperti, all’anno 1180).

Anche il sottosuolo della cattedrale, ancora in gran parte sconosciuto, presenta molteplici misteri. Vi è da dire che, in linea generale, l’attuale cattedrale deriva dalla sovrapposizione di ben sette edifici costruiti in epoche differenti e che le parti non adoperate come basi per le costruzioni successive hanno finito col formare due cripte concentriche. Di queste, la cripta interna, conosciuta anche con il nome di “caveau Saint-Lubin”, si trova sotto al coro ed è datata al tempo della chiesa carolingia edificata nel nono secolo, nella quale si distinguono ancora i resti di un muro innalzato sotto la dominazione romana. La cripta esterna, che compie l’intero giro dell’edificio, dedicata a San Fulberto, è la più ampia cripta dell’intera Francia, raggiungendo una lunghezza di 230 metri e tra i 5 ed i 6 in larghezza. Percorrendo questo antro, si incontrano cappelle gotiche e romaniche, nonché il pozzo, chiamato “des Saints-Forts”, scavato fino a 33 metri di profondità, la cui acqua era creduta miracolosa in età medievale.

Ma su questo sacro luogo sono fiorite altre numerose leggende, come quella del cosiddetto “velo della Vergine”. Secondo la tradizione, la reliquia, offerta nell’876 da Carlo il Calvo alla precedente costruzione romanica, sarebbe la camicia che indossava Maria al momento dell’Annunciazione, nel momento in cui si sarebbe verificata la divina incarnazione del Verbo. È facile immaginare come questa reliquia, fin dall’inizio della sua conservazione, avesse catalizzato l’affluenza di numerosi pellegrini provenienti da tutti i territori europei, rendendo fiorenti le finanze dei mercanti dell’area di Chartres. Nel 1194, dopo il devastante incendio, si pensò che la preziosa reliquia fosse andata perduta, ma di seguito venne ritrovata intatta, anche se alcuni ritengono che fu furbescamente sostituita con un panno più o meno simile. Il presunto miracoloso ritrovamento fu interpretato come il segno che la madre di Gesù desiderasse una chiesa più grande per custodire la propria reliquia, diventando una delle spinte emozionali più forti a ricostruire la nuova cattedrale in tempi rapidi. Come altri luoghi di culto francesi, anche quello di Chartres subì le devastazioni ed i saccheggi del periodo di terrore, che seguì alla Rivoluzione del 1789. I gioielli, che erano custoditi con il velo in una grande cassa, furono venduti, mentre lo stesso velo fu tagliato in vari pezzi. Al giorno d’oggi, lontani sia dalla cieca superstizione del Medioevo, sia dall’irresponsabile furore giacobino, riconoscendo alla reliquia un valore culturale e simbolico, essa è esposta nel lato settentrionale del deambulatorio, in una delle cappelle prossime all’abside.

Sulla cattedrale di Chartres, nel corso dei secoli, sono stati sviluppati numerosi racconti leggendari, a partire dalle circostanze della sua fondazione, in considerazione del fatto che non vi sono resoconti ufficiali sulle fasi di progettazione e di edificazione. Ci si chiede, allora, da dove fossero derivate le nozioni utili alla realizzazione di un’opera così colossale. Secondo alcune narrazioni tradizionali, la vicenda sarebbe legata alla vita di uno dei religiosi più importanti dell’età medievale, Bernardo di Chiaravalle, fondatore dell’ordine monacale dei cistercensi. Lo stesso Bernardo avrebbe esortato nove cavalieri francesi ad abbandonare i territori sottoposti al loro dominio per andare alla ricerca dei tesori sepolti a Gerusalemme sotto le rovine del Tempio di Salomone. Questo gruppo di cavalieri avrebbe formato il primo nucleo dell’Ordine dei Templari (ovviamente è soltanto una delle tante ricostruzioni attribuite alla misteriosa confraternita). I Cavalieri tornarono in Francia nel 1128 e dal quel periodo iniziò a dilagare lo stile gotico. Forse avevano trovato la chiave di un’antica conoscenza? Sta di fatto che quando la cattedrale fu rovinosamente distrutta dal terribile incendio del 1194, soltanto gli appartenenti agli ordini dei “muratori” possedevano le conoscenze tecniche e scientifiche per procedere all’innalzamento di un luogo di culto così straordinario. Non  mancano ipotesi sulla dolosità dell’incendio: il fuoco sarebbe stato appiccato, proprio per rendere la cattedrale ancora più maestosa e ricca di simbologia, grazie alle metodologie di costruzione che nel frattempo erano state ampliate e perfezionate.

Un particolare filone interpretativo, inoltre, ritiene che la chiesa di Notre-Dame de Chartres, come altre cattedrali francesi, sia dedicata in realtà alla divinità egizia Iside, diventata popolare anche in ambiente ellenistico e romano, nonché scelta dagli ordini esoterici medievali come emblema di spiritualità divina. La stessa etimologia di Parigi, sebbene la comunità accademica ne ritenga più plausibile l’origine collegata alla tribù celtica che abitava l’area, i Parisi, donde l’antica denominazione della città “Lutetia Parisorum”, potrebbe ricollegarsi ad Iside (Par-is, preposizione più sostantivo, in maniera translata “città cara ad Iside”).

Ed ancora, per altri interpreti, Notre-Dame de Chartres sarebbe dedicata a Maria Maddalena, la sposa di Cristo e custode del sacro graal, inteso come “sang real” (sangue reale). Si tratta, ad onor del vero, di affascinanti e suggestive congetture che, pur plausibili, non trovano riscontro certo, a fronte dell’ufficiale consacrazione alla madre di Gesù di Nazareth.

La pianta strutturale della cattedrale è davvero singolare. Essa è concepita, tenendo conto di esatte regole matematiche basate sul cosiddetto “numero aureo” (1, 618). Le distanze che intercorrono tra le varie componenti, come le colonne, i transetti, il coro, la navata et cetera, corrispondono tutte alla misura di un multiplo del medesimo numero aureo. Non è così noto, comunque, che il significato di “gotico” non è da ricercare nella popolazione dei Goti, ma nell’errore di traduzione dell’antico termine “artigot”, ovvero il codice a cui ricorrevano i maestri templari, appreso dalla tradizione egizia, affinchè potessero tramandarsi il sapere senza farlo conoscere ai non iniziati. A giusta ragione, la chiesa di Chartres è stata definita la “madre di tutte le cattedrali”. Essa, infatti, non solo è la prima cattedrale edificata secondo lo stile “gotico”, ma è anche la prima dedicata alla “Nostra Signora” che, oltre all’immediato collegamento con la Vergine Maria, riecheggia antiche credenze celtiche e mediterranee sul principio dell’ “eterno femminino” e della Grande Madre Terra. Per usare un’espressione cara al grande Goethe, la basilica di Chartres appare come la “cattedrale archetipica”, ponte di incomparabile bellezza tra la dimensione umana e quella divina.