Guarire scoprendo le tue vite precedenti: la nuova frontiera della psicoanalisi

In America è chiamata Terapia delle Vite Precedenti, in Francia Karmaterapia, in Italia è osservata ancora con diffidenza. Questa pratica controversa è ormai utilizzata da diversi psicologi e psicoterapeuti nel mondo, per guarire traumi, psicosi e blocchi emotivi.  Brian Weiss, psichiatra e scrittore statunitense, uno dei pionieri di questa terapia, è stato censurato dall’establishment medico nel 1988 dopo aver pubblicato “Molte vite, un solo amore”. Nel libro descrive la sua esperienza con una paziente, chiamata Catherine, capace di ricordare sotto ipnosi molte delle sue vite passate. Attraverso un lavoro di presa di coscienza dei traumi vissuti in quelle vite, Catherine riesce a liberarsi definitivamente dalle invalidanti fobie che l’assillano. Il libro ha venduto più di un milione di copie nel mondo e il dottor Weiss conduce seminari e convegni di successo in tutto il mondo.

Una tecnica nata sul campo grazie ad esperienze che sono emerse spontaneamente durante normali sessioni di ipnosi regressiva. Assistiti che descrivono ricordi che nulla hanno a che fare con la loro vita attuale. Storie e personaggi ambientati in diverse epoche del passato, ricordi con dettagli così vividi e storicamente accurati, che i terapeuti dichiarano con convinzione sia del tutto impossibile poterli inventare. Tuttavia i critici della ipnosi regressiva considerano queste visioni come scientificamente dubbie ma si pongono ovviamente la questione dell’interpretazione di queste testimonianze. La reincarnazione ha pochissimi sostenitori tra gli psicoanalisti e gli scienziati i quali cercano di giustificare questi fenomeni parlando di creatività immaginaria, soprattutto nei casi molto più numerosi indotti da tecniche di rilassamento o ipnotiche.

Spiazzano tuttavia le esperienze di bambini piccoli di varie parti del mondo che ricordano spontaneamente eventi, luoghi e persone che non hanno alcun legame con la loro esistenza attuale. Alcuni di questi bambini insistono per “tornare” nella loro vecchia casa, come Manika, l’eroina del film di François Villiers, ispirato a una storia vera. Il professor Ian Stevenson, insegnante di psichiatria alla Virginia School of Medicine, per quasi trent’anni, con la sua équipe, ha rintracciato le testimonianze più rilevanti di questi strani ricordi. Su oltre 2.000 fascicoli, il Prof. Stevenson ha pubblicato una ventina di casi che, se esaminati attentamente, dimostrerebbero che questi bambini avevano una conoscenza precisa e inspiegabile della vita di persone morte pochi anni prima della loro nascita, a volte in un altro continente. Escludendo le ipotesi di patologia e affabulazione, egli conclude provvisoriamente che si tratta di “casi che suggeriscono il fenomeno della reincarnazione”.

Lise Bartoli, psicologa clinica e ipnoterapeuta francese, preferisce parlare di “archetipi”. Ritiene che ognuno di noi porta con sé informazioni consce e inconsce che ci guidano nelle nostre convinzioni e nei nostri comportamenti. Questa energia psichica contiene esperienze ed emozioni legate al nostro passato e a quello dei nostri antenati. È il cosiddetto inconscio collettivo teorizzato dallo psicanalista svizzero Carl Jung, discepolo dissidente di Freud. Attraverso l’inconscio collettivo avremmo accesso agli archetipi, quei potenti simboli arcaici che risuonano dentro ognuno di noi e con i quali ci identifichiamo. Tra i dodici archetipi formalizzati da Lise Bartoli ci sono “il guerriero”, “l’angelo”, “l’infermiera”, “la vittima” e “il prigioniero”. Secondo la terapeuta siamo stati tutti uno o l’altro. Queste parti di buio o di luce sono necessarie e tornare al passato, esplorare questi archetipi in noi stessi che a volte ci bloccano, ci permette di migliorare la nostra vita.

Della stessa idea è lo psicoterapeuta italiano Angelo Bona, autore di diversi libri sul tema e presidente dell’Associazione Italiana Ipnosi Regressiva. Bona definisce la sua pratica “ipnosi evocativa” non volendo attribuire connotazioni temporali ai ricordi che affiorano durate le sedute. Non a caso lui definisce le personalità evocate con il termine di otherselves, ovvero altri sé. Semplicemente altre parti di noi che convivono con il nostro io cosciente in una dimensione atemporale o di sincronicità. Infondo, sottolinea il terapeuta, ai fini dell’efficacia del trattamento credere nella reincarnazione non è necessario. In altre parole gli altri sé possono essere semplicemente metafore di ciò che costituisce il nostro essere e i nostri conflitti interiori. Ognuno è quindi libero di vedere in loro il risorgere di esistenze precedenti o semplicemente, come in certi sogni, di simboli proiettati dall’inconscio di un problema o di un fatto psichico della vita attuale. Questo potrebbe spiegare i frequenti fenomeni di guarigione spettacolare di un sintomo cronico. Come afferma il Prof. Bona la terapia assicura guarigione in breve tempo di nevrosi, disturbi ossessivi e alimentari e stati d’ansia.

Anche se in Occidente la nostra religione non contempla la reincarnazione, pare che un europeo su quattro ci creda. Questo approccio, difficile da digerire per i cristiani, affonda le sue radici nella filosofia buddista e nella tradizione indiana. Queste culture hanno una visione ciclica della vita. Si nasce, si vive, si muore e poiché nessuno è perfetto, l’anima rinasce non in un altro luogo o in un’altra dimensione, né in senso metaforico, ma proprio qui sulla terra. Dopo un numero imprecisato di tentativi, l’anima eterna raggiunge finalmente la perfezione. Solo allora, in quella che gli indù chiamano moksha (o liberazione), l’anima va a vivere con Dio.

Nella nostra cultura c’è stata un’epoca in cui si parlava di metempsicosi, così aveva definito il filoso greco Platone il viaggio dell’anima da un corpo all’altro.  La contemplava anche Pitagora nella sua dottrina esoterica, fortemente influenzata dai culti orfici, in base alla quale l’umano è decaduto dalla purezza originaria e solo con grandissimo sforzo morale e intellettuale, di reincarnazione in reincarnazione, può riconquistarla e liberarsi dal ciclo delle rinascite. Una dottrina metafisica che ha riscosso una notevole celebrità dal Cinquecento in poi. Molti filosofi, scrittori, poeti e non solo, da quest’epoca in poi hanno creduto nella reincarnazione. Tra le personalità più illustri ci sono ad esempio gli scrittori Honoré De Balzac, Goethe, Edgar Allan Poe e Tolstoj; i filosofi Giordano Bruno, Hegel e Schopenhauer; Il poeta Walt Whitman; i compositori Wagnerl e Mahler; l’inventore Thomas Edison e l’industriale Henry Ford.

Alla base della terapia delle vite precedenti c’è l’idea che ciò che abbiamo fatto, pensato, ciò che pensiamo nella nostra vita attuale lascia sistematicamente un’impronta. A sostegno di queste idee ci viene in soccorso la filosofia buddista, tutti i traumi psicologici o fisiologici lontani, chiamati residui negativi, o “samskara”, possono rimanere impressi a lungo nella nostra memoria cellulare e generare malesseri, persino malattie di cui non si arriva a comprendere fino in fondo la causa. È diventando consapevoli di questo processo, imparando a perdonare per alleggerire la nostra rabbia, che a poco a poco ci liberiamo dei “samskara” fino a giungere alla guarigione.  Nella psicoanalisi classica i pazienti devono vedere i loro medici più volte alla settimana per parlare dei genitori, dei traumi infantili e dei sogni, i terapeuti della vita passata promettono di poter accedere al vissuto da cui derivano i problemi in una sola seduta. La catarsi e la guarigione sono risultati quasi istantanei. Nella società post-Freudiana la regressione alle vite passate può forse diventare la psicoterapia del futuro?