Il condominio dei cuori infranti: La poetica dell’emarginazione secondo Samuel Benchetrit

Questo articolo racconta il film Il condominio dei cuori infranti in un formato che intende essere più di una semplice recensione: lo scopo è andare oltre il significato del film e fornire una analisi e una spiegazione delle idee e delle dinamiche che gli hanno dato vita.

Com’è che nasce un’opera d’arte, o perlomeno quando è che risulta più riuscita agli occhi degli spettatori? La risposta è semplice, quando tratta di storie che traggono linfa dal proprio percorso personale. Così il regista francese di origini marocchine Samuel Benchetrit, pesca dalla sua vita e da una giovinezza da emarginato per raccontare una storia stralunata e tenera, con un messaggio politico al suo interno. La realtà della solitudine, tema assolutamente attuale che il regista prende dai suoi scritti autobiografici: “Cronache dall’asfalto” trova degli inattesi protagonisti che a modo loro si riscattano a dispetto di un mondo che li emargina. Il titolo dell’opera purtroppo, come spesso capita nella distribuzione del Belpaese viene storpiato, trasformando un film a tratti impegnato dal titolo che riprende la biografia stessa “Asphalte” – “Asfalto”, semplice lineare ed evocativo ad una lungaggine che farebbe pensare ad una “commediucola” che come tante riempie molto spesso le sale nostrane.

Di conseguenza è sempre per accontentare un ipotetico pubblico mainstream, che tanto comunque non arriverà mai (per scelta) a gustarsi un buon film d’autore. Anche da qui dovrebbe passare una effettiva svolta culturale, in un Paese che ci sta rinunciando completamente a perseguire la conoscenza. Le banlieu vissute nell’infanzia del regista, che nel 2015, (anno del film) arriva alla sua quinta opera cinematografica, esprime uno stile decisamente preciso e quasi statico pur riuscendo in un percorso narrativo che nella sua spontaneità accarezza l’idea di poter affrontare l’emarginazione senza stereotiparla. Le piccole miserie di una umanità sola, ma non avvezza alla rassegnazione sono rappresentate da un cast molto valido dove primeggiano Isabelle Huppert, il “bertolucciano” Michael Pitt e Valeria Bruni Tedeschi.

IL CONDOMINIO DEI CUORI INFRANTI - Trailer Ufficiale

In questo trio di attori conosciutissimi però si diramano interpretazioni di qualità assoluta, con il figlio d’arte del regista e della compianta Marie Trintignant, Jules Benchetrit ma anche Tassadit Mandi, che per colmare la mancanza del figlio in prigione riverserà il suo affetto proprio sull’astronauta Pitt. L’idealizzazione della gioventù per quanto possa essere stata difficile è un mantra che accompagna molti nel corso della vita, nel caso di Benchetrit che per approccio piacevolmente malinconico potrebbe ricordare il collega tedesco Wolfgang Becker in “Good Bye, Lenin!” ma a differenza del tedesco, l’amarcord in salsa francese lascia prevalere il surreale di alcune vicende, che però toccano le corde di un cinema sognante che tanto ha caratterizzato la fine del Secolo scorso ed il primo decennio degli anni Duemila.

L’arricchimento personale che questi moderni ed umili eroi di periferia, che a tutti costi vogliono scampare da una quotidianità poco soddisfacente, rappresenta un qualcosa di già visto nel mondo del cinema, ma non in questi termini. “L’aura di magia” che permea una pellicola così insolita da risultare piacente, rappresenta quel vizietto a cui il cinema francese fortunatamente ci ha abituato. Un punto da cui ripartire sempre e da cui trarre spunto anche nelle proprie esistenze, soprattutto in un periodo storico così cupo e privo di ogni logica di pace, questo genere di opere può nutrire una umanità in forte deficit affettivo. Questo perché i personaggi Benchetritiani sono persone che cercano il riscatto nell’altruismo resistendo alle brutture della vita. Il minimalismo stralunato non opprime mai una storia dalle tonalità di colore basiche, così come i due sentimenti predominanti: tenerezza e malinconia. La pellicola all’epoca si era persino guadagnata una candidatura al prestigioso premio César per il miglior adattamento da un’opera letteraria, ed è stata proiettata nella sezione “Proiezioni speciali” al Festival di Cannes. La lezione finale che il film vuole donarci è certamente quella che nonostante tutta la desolazione umana che può circondarci e per quanto sia dura affrontarla, la soluzione non è quella di chiudersi a riccio, ma di aprirsi agli altri, concetto che dovremmo affrettarci a comprendere appieno.