L’arcobaleno: i colori, il significato e la simbologia

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Come è noto, l’arcobaleno è un fenomeno fisico e meteorologico, che produce un effetto ottico molto particolare, osservato ed ammirato fin dagli albori della civiltà umana ed al quale sono stati attribuiti molteplici significati simbolici, mitologici e religiosi.

Nel linguaggio comune, siamo soliti affermare che l’arcobaleno compare dopo alcuni fenomeni abbastanza intensi come i temporali o le tempeste. In realtà, dopo questi eventi atmosferici, si forma uno spettro pressoché continuo di luce, ben visibile nel cielo, quando la stessa luce del sole penetra attraverso le gocce d’acqua rimaste in sospensione. L’occhio umano arriva a percepire soltanto una parte delle lunghezze d’onda presenti nello spettro elettromagnetico creato dall’arcobaleno, mentre altre sono misurabili soltanto mediante apparecchiature specifiche, denominate spettrometri.

Storia

Come si accennava in apertura e come si svilupperà nel prosieguo della trattazione, l’arcobaleno è entrato nell’immaginario collettivo di tutte le più evolute civiltà antiche, anche se non se ne potevano consocere le proprietà fisiche e le implicazioni di carattere scientifico. Una delle più datate ed interessanti testimonianze sull’arco colorato si deve al filosofo greco Alessandro di Afrodisia che riuscì ad intuire l’origine dell’arcobaleno come fenomeno atmosferico, senza per forza doverne attribuire un significato soprannaturale.  I primi studiosi, tuttavia, che ne diedero una  descrizione scientificamente compiuta, furono gli astronomi persiani Qutb-al-Din-al-Shirazi ed il suo allievo Kamal-al-din-al-Farisi, tra la fine del tredicesimo secolo e l’inizio del quattordicesimo. Qualche decennio dopo, in Europa, Teodorico di Freienerg, riuscì a distinguere le caratteristiche dell’arcobaleno primario e di quello secondario, rendendo più organica l’ancora embrionale teorizzazione relativa al fenomeno dell’arcobaleno. Con l’applicazione del metodo scientifico in tutte le discipline del sapere, nel diciassettesimo secolo l’opera Tractatus de radiis visus et lucis in vitris  di Marco Antonio de Dominis rappresentò una dissertazione convincente e quasi moderna sulla struttura fisica dell’arco colorato, che servì come base a Cartesio per comporre nel 1637 Les Meteores, dove la formazione dell’arcobaleno era descritta con rigore matematico, seppure basata sulla versione meccanica tradizionale, secondo cui i diversi colori erano mere riproduzioni della luce bianca. Bisogna attendere gli studi del grande Isaac Newton, per comprendere finalmente con chiarezza che la luce bianca era effettivamente composta dalla luce di tutti i colori dell’arcobaleno, dimostrando che questi potevano essere separati in uno spettro completo di colori da un “prisma di vetro”. Nel 1672 Newton riuscì a distinguere i cinque colori primari: rosso, giallo, verde, blu e violetto, introducendo più tardi anche l’arancione e l’indaco. L’eclettico scienziato volle limitarsi all’individuazione di sette colori, richiamando un’analogia simbolica con le sette note musicali. La profonda ed intelligente intuizione di Newton spianò la strada alle applicazioni metodologiche successive, anche se non riuscì a risolvere il problema dei cosiddetti “arcobaleni supernumerosi”. Nel diciannovesimo secolo, Young Biddell Airy compresero che in determinate condizioni la luce si comporta in maniera simile ad un’onda, interferendo perfino con sé stessa e che la forza, nonché la nitidezza, dei colori dell’arcobaleno, dipendono soprattutto dalla dimensione delle gocce d’acqua dove si insinua la luce del sole. In epoca contemporanea, le descrizioni strutturali dell’arcobaleno si basano, in primo luogo, sullo Scattering Mie, espressione che indica un lavoro accurato condotto da Gustav Mie e pubblicato nel 1908. Negli ultimi decenni, tuttavia, sono stati compiuti passi da gigante nei calcoli e nelle tecniche ottiche, grazie all’utilizzo di avveniristici telescopi e di sofisticati sistemi automatizzati. Da segnalare, di recente, la ricerca particolarmente pregevole portata avanti dall’equipe guidata dal fisico brasiliano Herch Moyses Nussenzveig.

La fisica degli arcobaleni

Ma cos’è, in buona sostanza, l’arcobaleno dal punto di vista fisico? Il fenomeno dell’arcobaleno, in realtà, non costituisce un vero e proprio corpo fisico, così sospeso tra la terra ed il cielo, come appare all’occhio umano. Esso non è altro che un fenomeno ottico, la cui posizione dipende esclusivamente dal punto di osservazione del singolo soggetto. Vi è una costante, però, l’arcobaleno si trova sempre dalla parte opposta rispetto a dove è situato il sole. Semplificando e per esigenze legate alla fluidità del linguaggio, l’abbiamo già in precedenza definito “arco colorato”.  Ebbene, la forma dell’arcobaleno corrisponde a quella di un arco di circonferenza che abbraccia il cielo sopra di noi, con il centro posizionato sotto l’orizzonte. Gli studiosi si spiegano questa forma quasi geometrica, per il fatto che l’angolo che evidenzia maggiormente l’intensità dei raggi solari, prodotti dalle gocce d’acqua, raggiunge una misura costante, 42 gradi rispetto al soggetto che osserva. Alcune suggestive eccezioni si verificano quando l’osservatore si trova in particolari situazioni, come ad esempio dall’alto di un aeroplano. In questo caso, è possibile avere la sensazione di scorgere un cerchio completo all’interno di un arcobaleno, con l’ombra dell’aereo che sembra coprire il suo centro.

Nella distribuzione dei colori sull’arco, così variegata ed affascinante, sono state elaborate numerose teorie. L’arcobaleno appare più tendente al rosso nella parte esterna e più viola in quella interna. Come abbiamo visto in precedenza, gli studiosi che si sono occupati del fenomeno hanno individuato sette colori, soprattutto per l’importante simbologia del numero sette. Questa interpretazione, più culturale che scientifica, è ripresa nella consueta rappresentazione della bandiera della pace che contiene appunto sette colori, seppure con alcune varianti (nella maggioranza dei casi al posto dell’indaco vi è l’azzurro). In realtà, sotto un profilo squisitamente fisico, i colori che si possono distinguere, nello spettro di luce visibile, sono soltanto sei ( i tre colori primari e i tre secondari), mentre l’indaco si distingue solo come sfumatura intermedia tra il blu ed il violetto. A ciò si aggiunge un’importante considerazione: alcuni studiosi vorrebbero computare perfino i “colori terziari”, ma così si arriverebbe ad un numero imprecisato di colori, da taluni determinato in “dodici”, da altri in “tredici”. Vi sono, poi, i cosiddetti “arcobaleni lunari”, quei fenomeni notturni post-temporaleschi, percepiti dall’occhio umano come bianchi, a causa della scarsa luminosità. I fotografi professionisti riscontrano non pochi problemi tecnici nel riprendere  un intero tracciato di arcobaleno, in quanto tale operazione richiede un arco visivo di ben 84 gradi. Di solito, per poter immortalare questi stupendi spettacoli della natura, gli appassionati utilizzano una fotocamera con un formato di 35 mm, provvista di una lente con una lunghezza focale di almeno 15 mm. Strumentazioni più sofisticate, ovviamente, sono a disposizione degli osservatori scientifici.

Simbologia

Come abbiamo accennato in apertura, il fenomeno dell’arcobaleno ha da sempre stimolato la fantasia dell’immaginazione dell’uomo, fin dagli albori della sua civiltà. Nell’Antico Testamento biblico, precisamente nel libro della Genesi, l’arcobaleno è il segno dell’alleanza fra Dio e l’umanità, quando Noè, insieme alla sua famiglia ed agli animali sopravvissuti, lascia l’arca per ripopolare la terra. Inoltre, l’arco colorato è stato scelto come simbolo da parte di un particolare movimento contemporaneo interno alla religione ebraica, chiamato B’nei Noah (Figli di Noè), che si rifanno ad una radice di fede legata al patriarca dell’arca, non ancora intrisa dei rituali mosaici. Per la raffinata civiltà egizia, i sette colori dell’arcobaleno componevano le sette stole di Iside, mentre per i Babilonesi formavano la preziosissima collana della dea Isthar. Nell’epopea di Gilgamesh, è narrato che la stessa dea creò un arcobaleno per salvare la terra dalle mire del perfido Enlil.

Nella mitologia Greca, Iris o Iride era una dea dell’Olimpo che svolgeva la funzione di messaggera degli dei, personificando il fenomeno dell’arcobaleno ed interpretando il suo aspetto come ponte tra il cielo e la terra, tra il divino e l’umano. Non molto lontana da quella ellenica, è la poetica visione dell’arcobaleno in ambito norreno, ulteriore indizio della comune origine indo-europea del pantheon mediterraneo e di quello nordico: l’arcobaleno è chiamato “Ponte di Bifrost” ed ha la fondamentale funzione di collegare i regni di Asgard e di Midgard, che ospitano rispettivamente gli dèi e gli uomini . In particolare, nel folklore popolare irlandese, il nascondiglio segreto del leprechaun, una specie di folletto, è una pentola d’oro, situata alla fine dell’arcobaleno, un luogo che appare inaccessibile a tutti. Nel mondo celtico l’arcobaleno è chiamato “Kambenos”, traducibile con l’espressione italiana “curva del cielo”, diventando un punto di riferimento importantissimo nei rituali celebrati dai druidi, i misteriosi e potenti sacerdoti-stregoni, molto attratti dalle forme geometriche arcuate, come dimostrano le molteplici incisioni ritrovate nell’attuale Francia settentrionale, in Inghilterra e nel Galles.

Per i nativi americani Navajo, l’arcobaleno esprime l’idea dell’iniziazione. L’arco nel cielo è da loro descritto come un serpente multicolore che può essere cavalcato soltanto da un giovane impavido e coraggioso. Tale cavalcata non è altro che l’emblema di un eventuale viaggio dello spirito verso una dimensione superiore. Di grande suggestione e di profonda ispirazione ecologista, seguendo un linguaggio moderno, è la leggenda del “ponte arcobaleno”, diffusa presso le popolazioni autoctone dell’America settentrionale. Secondo questo racconto, nei pressi dell’arco colorato vi sarebbe un luogo meraviglioso, con verdi prati, fiori di ogni genere, vegetazione rigogliosa e corsi d’acqua purissima, dove gli animali, che sono stati al nostro fianco durante la vita terrena, continuano a correre felici, in attesa di ricongiungersi ai compagni umani.

Nella religione induista, l’arcobaleno è chiamato “Indradhanush”, prendendo il significato iconografico specifico di “arco di Indra”, il famigerato dio del fulmine e del tuono. Rimanendo in ambito orientale, non si può dimenticare che il cosiddetto “corpo dell’arcobaleno” costituisce un concetto molto significativo nella dottrina del buddismo tibetano, mentre nella mitologia cinese si presenta come una vivida spaccatura nel Cielo, sigillata all’inizio dei tempi dalla dea Nuwa con pietre di sette colori differenti. Negli esercizi tantrici induisti e buddisti, si ritiene che coloro che riescono a superare i loro legami terreni possono aspirare al raggiungimento del più alto stadio di meditazione, indicato appunto con l’espressione di “corpo arcobaleno”.  Nella saggezza cinese, l’arcobaleno si può rappresentare come un ponte composto da un drago a due teste che funge da mediatore tra il Cielo e la Terra. Per questa sua peculiare proprietà di collegamento tra il mondo materiale  e quello spirituale, l’arcobaleno è diventato un simbolo di armonia yin-yang nelle leggende cinesi, anche in virtù del fatto che la cultura orientale, in linea generale, riconosce un significato di equilibrio ai colori che lo compongono. 

In ambito esoterico, l’arcobaleno rappresenta una promessa di illuminazione, come armonia perfetta tra diversi colori e, pertanto, tra differenti energie. La forma ad arco ricorda il ventre di una donna incinta, quindi la massima espressione della femminilità, della fertilità e della generazione di una nuova vita. Ma l’arcobaleno, così come indicato da numerose popolazioni antiche, si impone come simbolo di passaggio verso mondi superiori e celesti, associati nella maggioranza dei casi ad un percorso iniziatico verso un livello più alto di consapevolezza individuale e collettiva. Il sommo poeta Dante, nella “Divina Commedia”, una delle opere più complesse della letteratura mondiale, fa più volte riferimento all’arcobaleno: per Dante l’anima continua ad agire, proprio come la luce del sole tra le nuvole genera l’arcobaleno;  nel “Paradiso”, Dante adopera l’immagine del doppio arcobaleno per esprimere il concetto del movimento sincronico di due corone di beati.

Arte

L’arcobaleno compare in diverse opere artistiche, assumendo un significato particolare a seconda delle varie correnti culturali seguite. Tra le opere più visionarie, vi è senz’altro la Melencolia di Albrecht Durer. Si tratta di una famosissima incisione, ricca di simboli esoterici, come il quadrato magico, la cometa e lo stesso arcobaleno. Una figura alata è raffigurata seduta con aria pensosa, circondata da una serie di oggetti, ciascuno dei quali esprime un concetto esoterico: tra cui una bilancia, un putto, attrezzi da falegname, un cane magrissimo, una clessidra, un coltello ed una scala a pioli. In estrema sintesi, l’incisione vuole indicare, con linguaggio alchemico, le enormi difficoltà che si incontrano nel voler trasformare il piombo in oro e, di conseguenza, nel voler condurre le anime dalle tenebre verso la luce (l’arcobaleno e la cometa). Nell’arte religiosa, gli arcobaleni più celebri sono quelli rappresentati da Roger van der Weyden  nel “Giudizio finale”e da Joseph Anton Koch nella Offerta di ringraziamento a Noè. L’arcobaleno è stato scelto come soggetto principale anche da importanti esponenti dell’arte romantica, come William Turner e John Constable.

Avviandoci verso il termine di questa breve sintesi sull’arco colorato, mi sembra opportuno spendere qualche parola sulle origini dell’utilizzo della bandiera LGTBQ e di quella della pace, in quanto entrambe intendono richiamare i colori dell’arcobaleno. Nel diciannovesimo secolo una bandiera colorata con sette colori fu utilizzata dalla nota occultista Helena Petrovna Blavatsky che aveva fondato una società di ispirazione teosofica. In epoca più recente, nel 1978, l’artista ed attivista americano Gilbert Baker, insieme al politico Harvey Milk, decise di creare un simbolo per dare visibilità alle comunità gay, in grado di sostituire il triangolo rosa, introdotto dai nazisti, simbolo che fino ad allora aveva contraddistinto l’appartenenza ai gruppi omosessuali.  La prima “bandiera arcobaleno” sventolò a San Francisco durante il gay pride del 25 giugno 1978. La prima versione della bandiera conteneva otto colori, mentre negli anni successivi ne ha persi due (il rosa ed il turchese), divenendo l’emblema a sei bande attualmente riconosciuto dai movimenti LGTBQ mondiali. L’arcobaleno come icona gay si distingue dalla bandiera della pace, soprattutto per il fatto che nella prima vi sono inclusi sei colori (manca l’azzurro) e nella  seconda sette. Inoltre nella bandiera della pace i “colori caldi” sono posti in basso, mentre in quella LGTBQ essi sono collocati in alto. In più, per evitare fraintendimenti, sulla bandiera della pace si tende ad inserire la scritta “PACE” nella parte centrale di essa. L’arcobaleno è un fenomeno fisico che continua a stupirci, come del resto la maggior parte degli spettacoli che ci regala la natura. Ma il messaggio di speranza che ci trasmette la visione di un arcobaleno, che si staglia nel cielo dopo una tempesta, è inequivocabile: anche dopo le più terribili avversità, è necessario rialzarsi e camminare verso la luce.