Odessa, la Napoli d’oriente: la storia, i luoghi, i simboli

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Nella frenesia mediatica del conflitto russo-ucraino, stiamo riscoprendo città e luoghi geografici non molto conosciuti e non inseriti nel circuito turistico di massa.

Tra le città più menzionate negli ultimi giorni vi è Odessa, importante centro culturale e marittimo che si affaccia sul Mar Nero e non sul mar Baltico, dove peraltro l’Ucraina non ha nessuno sbocco, come affermato più volte da noti personaggi del panorama politico italiano.

La città di Odessa, da me visitata nel lontano 1993, appena due anni dopo lo sfascio dell’Unione Sovietica, deve il suo sviluppo soprattutto all’inventiva e all’estro di alcuni cittadini partenopei nel diciottesimo secolo, tanto da meritare il titolo, forse troppo indulgente, di “Napoli d’Oriente”. Su questo particolare legame con la metropoli campana ci soffermeremo nel corso della trattazione.

La storia

Odessa, come è noto, è la quarta città dell’Ucraina, la più popolosa tra quelle a vocazione marittima, contando circa un milione di abitanti. Il suo territorio era anticamente abitato dalla popolazione degli Sciti, ma per la sua particolare posizione di prezioso emporio commerciale attirò le migrazioni di alcuni coloni greci che fondarono le nuove città di Tyras e di Olbia Pontica.

Durante il Medioevo la regione di Odessa, dopo l’egemonia bizantina, cadde sotto il dominio prima dei Polacchi e poi dei Lituani, fino ad essere occupata dai Tatari nel tredicesimo secolo che fondarono il villaggio di Haci-Bey.

Nel 1529 la zona, che attualmente corrisponde all’Ucraina meridionale, divenne enclave dall’impero ottomano, sino alla fine del diciannovesimo secolo al termine della guerra russo-turca.

Ufficialmente la città di Odessa fu fondata dall’impero russo nel 1794, assumendo il ruolo di guida nei territori sottratti al dominio ottomano. La città conobbe una rapida espansione, acquistando nel 1819 il privilegio di “porto franco”, caratteristica peculiare che le fu riconosciuta fino al 1879, grazie al quale si impose come centro strategico negli scambi commerciali fra Europa ed Asia. Durante la guerra di Crimea (1853-56), a cui prese parte anche il Regno di Sardegna, guidato politicamente da Cavour, Odessa fu bombardata in maniera consistente, riprendendosi nei decenni successivi, quando fu scelta come principale scalo marittimo russo per l’esportazione dei cereali.

All’inizio del ventesimo secolo ad Odessa, come in altre città russe, scoppiarono i malcontenti della classe operaia: nel 1905 l’equipaggio della corazzata Potemkin sostenne il popolo in una rivolta generale, repressa in maniera cruenta dall’esercito e dalla cavalleria cosacca. Nell’autunno dello stesso anno fu scatenata una tremenda persecuzione contro la comunità ebraica locale, la cui maggior parte dei componenti fu costretta a fuggire e ad emigrare verso i Paesi dell’Europa occidentale o verso gli Stati Uniti.

Nel 1917, a seguito della rivoluzione bolscevica, nel territorio di Odessa si insediò dapprima la milizia fedele a Symon Petijura, costituendo l’effimera Repubblica Popolare Ucraina, confluita nel soviet appena tre mesi più tardi.

Al termine della prima guerra mondiale, Odessa fu occupata da un contingente multinazionale e più volte bombardata da una squadra francese, ma cadde nelle mani dei bolscevichi nel 1919, nonostante un breve periodo di supremazia dell’Armata Bianca capeggiata dal generale Anton Denikin.

Nel corso della seconda guerra mondiale, e precisamente nell’agosto del 1941, nella fiorente città sul mare si consumò uno dei più efferati massacri ai danni della comunità ebraica non emigrata nei decenni precedenti. Ad Odessa si insediò l’esercito rumeno affiancato dalle truppe tedesche che, a seguito di un attentato terroristico, come sanguinosa rappresaglia, sterminarono circa 5.000 cittadini tra la popolazione civile, per la maggior parte di religione ebraica. Nei giorni successivi furono trucidati più di 20.000 Ebrei, anche se alcune fonti parlano di un numero di gran lunga superiore, mentre a quelli sopravvissuti si ordinò il confinamento in un ghetto nei pressi del quartiere periferico di Slobodka. Numerosi cittadini di etnia ebraica furono deportati ed uccisi nei territori della Transistria, di recente proclamatasi indipendente dalla Moldavia, ma non riconosciuta dalla comunità internazionale e rivendicata con insistenza dalla Federazione Russa.

Quando nel 1944 Odessa fu liberata dall’Armata Rossa, rimanevano in vita soltanto poco più di 700 Ebrei e l’anno successivo i principali artefici del massacro, davanti al Tribunale del popolo di Bucarest, capitale della Romania, furono giudicati colpevoli e condannati a morte. Durante il periodo sovietico, Odessa conobbe un nuovo periodo di sviluppo, ma non riuscì a raggiungere i livelli di benessere del secolo precedente.

Nel 1991, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, come si è detto prima, Odessa è diventata il principale porto della Repubblica Ucraina.

Odessa e Napoli

In apertura abbiamo introdotto il grande legame che unisce Odessa alla metropoli partenopea. Se percorriamo una delle vie principali della città collinare sul Mar Nero, chiamata non a caso “Ulitsa Deribasovskaya”, andiamo direttamente all’origine di questo felice connubio. La strada, infatti, è dedicata all’ufficiale napoletano Josè de Ribas che nel 1794 avrebbe contribuito a fondare la città nel territorio appena conquistato dall’impero russo. Il primo nome “Odesso”, attribuito al costituendo insediamento, mostrando un’evidente assonanza con “Odisseos” (Ulisse), voleva essere un omaggio storico-mitologico ad una presunta colonia greca fondata anticamente in quella zona. Gli storici, tuttavia, approfondendo la questione, hanno ritenuto che una colonia greca con quel nome sia fiorita nei pressi dell’attuale Varna, importante città marittima sul mar Nero, ma appartenente all’odierna Bulgaria.

La zarina Caterina II di Russia dispose immediatamente che il nome della città fosse “femminilizzato” in Odessa, affinchè potesse rappresentare la “forza e l’importanza” dell’impero russo nelle sue estreme propaggini meridionali.

Nella stessa conquista dell’Ucraina, l’impero russo si avvalse anche dell’aiuto di truppe provenienti dal Regno delle due Sicilie, con il quale stava instaurando da anni relazioni di amicizia e sul quale dispiegava una sorta di benevolo protettorato contro le mire espansionistiche degli altri stati italiani e delle potenze nazionaliste dell’Europa occidentale.

Nei primi decenni dopo la fondazione della città, emigrarono verso Odessa molte famiglie napoletane, al punto che ancora oggi si possono notare palazzi intitolati a cognomi italiani. Le attività commerciali ed artistiche che fiorirono ad Odessa nella prima parte del diciannovesimo secolo furono, nella stragrande maggioranza, tutte di origine partenopea, in particolare la sartoria e la produzione di strumenti musicali.

La comunità italiana era così presente sul Mar Nero, che verso la metà dell’Ottocento il nostro idioma fu scelto come seconda lingua ufficiale di Odessa, tanto è vero che molti documenti venivano redatti proprio in italiano. A testimoniare l’importanza e la diffusione acquisite dalla lingua italiana è il fatto che il primo dizionario Russo-Italiano fu elaborato, proprio nella città di Odessa, a cura del professor Domenico De Vivo, manco a dirlo di origini napoletane.

Il progetto dell’intera nuova città sul Mar Nero fu opera di architetti napoletani, secondo i canoni neoclassici tanto in voga tra la fine del diciottesimo e l’inizio del diciannovesimo secolo. Tra questi capaci ed abili “pianificatori edilizi” si distinsero i fratelli Frapolli ed, in un secondo momento, Ivano dell’Acqua. Alcuni decenni dopo, tra gli architetti illustri, si aggiunse il sardo Francesco Boffo, ideatore della celebre scalinata Potemkin, immortalata nella nota pellicola cinematografica “La Corazzata Potemkin”.

Lo stesso clima di Odessa, mite ed abbastanza simile allo scenario mediterraneo, favorì una massiccia e continua migrazione dall’Italia meridionale. Gli architetti, attratti dal panorama collinare della città che, in un certo modo, ricordava Napoli, cercarono di creare le condizioni per la nascita di un insediamento “a misura d’uomo”, subendo il fascino del potere politico e finanziario dell’impero russo, in quegli anni all’apice della sua espansione.

Desta una certa meraviglia apprendere che, con ogni ragionevole probabilità, la famosissima canzone ‘O sole mio’ fu composta, alla fine del diciottesimo secolo, da Edoardo Di Capua e da Giovanni Capurro, mentre si trovavano nella città di Odessa. Sembra che la musica sia stata ispirata dalla visione di una magnifica alba che sorgeva sul Mar Nero, nonché dall’avvenenza della moglie del senatore Giorgio Arcoleo, vincitrice anche di una gara di bellezza che si era svolta nella metropoli partenopea. Un’altra tesi, invece, basandosi su un articolo pubblicato alla fine del mese di settembre del 1898, racconterebbe che i compositori abbiano voluto rievocare nella canzone la memoria dell’impareggiabile sole di Napoli.

I luoghi-simbolo

Tra i principali luoghi “cult” di Odessa vi è sicuramente la già menzionata scalinata Potemkin, particolarmente interessante per l’effetto ottico creato dalla sua immagine prospettica: dal basso essa appare immensa e formata solo da una serie interminabile di gradini, mentre dall’alto appare molto più modesta e costituita solo da enormi gradoni piatti. Il centro storico di Odessa, a pianta geometrica regolare, è ricco di palazzi monumentali, opera degli architetti italiani e tinteggiati con i classici colori pastello tipici delle grandi città russe. Alcuni di questi palazzi sono davvero pregevoli, in quanto adornati da stucchi molto elaborati, conchiglie, timpani classici ed altri orpelli che richiamano la vocazione marittima della città. La strada più elegante del centro è senza dubbio la già citata Derybavska, dove pulsa il cuore commerciale e finanziario di Odessa e dove si svolge la maggior parte della vita notturna.

Se si prende come riferimento di partenza il palazzo del Comune, edificato nell’alternanza di colori bianco e rosso-sangue, si percorrono i giardini dell’elegante Prymorskyi Boulevard con la sua panoramica vista sul mare, ammirando alcuni importanti monumenti come le statue del duca di Richielieu e della zarina Caterina II, fino ad arrivare all’imponente palazzo Vorontosvs’kii ed al ponte Tioshchin che domina la città.

Tra i monumenti più stravaganti di Odessa, vi è sicuramente la scultura dedicata “all’arancia” che mira a rievocare un evento storico, quando fu inviato come dono allo zar Pietro I a San Pietroburgo un carico di arance provenienti dal porto di Odessa. Sembra che lo zar, invaghitosi di quel frutto mediterraneo, decise di stanziare più fondi per lo sviluppo della nuova città sul Mar Nero.

Come le grandi metropoli europee, anche Odessa ha la sua “galleria”: si tratta del “pasazh”, gallicizzato in “passage”, adorno dei più eleganti stucchi cittadini e da magnifiche statue, anche se i negozi non sono tenuti in perfetto stato.

Non lontano sorge il “Teatro del balletto”, uno dei simboli della città, dall’architettura nobile e curata, sul modello del più prestigioso “Teatro San Carlo di Napoli”.

Tra le spiagge vicine ad Odessa, la più frequentata è quella di Lanzheron, per la verità troppo carica di cemento e rumorosa nel corso della stagione estiva, per riuscire ad offrire un valido sollievo nelle giornate afose ai visitatori più esigenti. Lo scenario diventa molto più suggestivo durante l’inverno, soprattutto quando la costa è coperta da un sottile manto bianco di neve, dove tante specie di uccelli cercano riparo dalle regioni steppose interne più fredde.

Un altro aspetto che colpisce di Odessa e che la dice lunga sulla sua cultura locale è la ripetuta ed ossessiva presenza dell’immagine dell’ancora negli stemmi degli edifici pubblici e privati, nonché sui tombini ed in altri angoli nascosti. Ciò dimostra l’importanza che storicamente l’impero russo ha sempre riconosciuto alla conquista degli sbocchi marittimi, a fronte di un’enorme estensione continentale.

L’importanza di Odessa oggi

Odessa, negli ultimi giorni assediata e bombardata dalle truppe russe, è un centro culturale ed artistico di grande importanza. Nel suo museo principale sono custoditi veri e propri tesori come le opere di Caravaggio, di Rubens e del Guercino.

La città sul Mar Nero, sebbene dal punto di vista militare sia meno significativa della Crimea, annessa dalla Russia nel 2014, è di importanza fondamentale per la sopravvivenza economica dello stato ucraino. Odessa, come le regioni orientali di Donetsk e Luhansk, è stata già protagonista di rivolte separatiste sostenute dalla Federazione nemica, ospitando nella sua area una numerosa popolazione di cittadini filo-russi. I bombardamenti degli ultimi giorni hanno spezzato una certa idea di sicurezza che illudeva gli abitanti di Odessa, sebbene la maggior parte di essi si fosse preparata al peggio, costruendo barricate e proteggendo i principali monumenti con sacchi di sabbia. D’altronde lo stesso Putin, alla vigilia della guerra sferrata il 24 febbraio scorso, aveva affermato di aver con alcuni personaggi di Odessa un conto in sospeso, volendo riferirsi all’incendio del palazzo dei sindacati appiccato nel 2014, quando persero la vita più di quaranta militanti filo-russi.

Odessa, pertanto, ha un rilievo strategico straordinario per Vladimir Putin, in quanto se le forze russe riuscissero a conquistarla, l’Ucraina potrebbe essere isolata dal mare, ricevendo pressioni anche dal fronte occidentale della Transistria.

L’obiettivo della Russia, che negli ultimi giorni ha allentato la pressione sulla regione di Kiev, potrebbe essere proprio quello di prendere il controllo completo sulla parte orientale e su quella meridionale dell’Ucraina, in modo da indebolire il suo già precario sistema economico.

Odessa è oggi una città che ha paura. Da settimane i suoi cittadini raccolgono la sabbia dalla spiaggia per proteggersi con le barricate. Ha fatto scalpore sui social il video di un batterista che incoraggiava tali azioni di difesa, suonando “It’s my life” dei Bon Jovi, video prontamente condiviso dalla stessa band.

Dopo i missili lanciati negli ultimi giorni su vari obiettivi, tra cui una raffineria di petrolio, si teme che la Napoli d’oriente possa essere danneggiata come l’altro grande porto ucraino, Mariupol, di recente paragonata a Genova dal presidente Zelensky, nel tentativo di stabilire un rapporto empatico durante un discorso al Parlamento italiano.