Kaliningrad: l’enclave russo sul territorio dell’Unione Europea

Posted by

L’attuale conflitto tra la Federazione Russa e l’Ucraina ha messo in evidenza le lacune della nostra conoscenza geografica, troppo spesso condizionata da una vacua esterofilia transoceanica troppo rivolta ad Occidente e poco preoccupata dei confini orientali del nostro continente, peraltro già difficilmente definibili per la loro particolare conformazione geografica. Ad esempio credo che molte persone abbiano sentito parlare del territorio del Donbass per la prima volta soltanto negli ultimi giorni, eppure in quella zona imperversa una guerra sanguinosa e fratricida che si trascina, a fasi alterne, fin dal 2014, nell’indifferenza dell’opinione pubblica internazionale, nonostante gli appelli di osservatori appartenenti a varie organizzazioni che hanno denunciato la ripetuta violazione del diritto umanitario/dei conflitti armati sia da parte delle truppe separatiste filo-russe che da parte della milizia ucraina.

Vi è un altro territorio poco conosciuto che, per la sua importanza strategica e commerciale, nelle ultime settimane è diventato oggetto di discussioni nell’ambito di talk show televisivi, articoli e scritti di ogni specie. Si tratta della regione di Kaliningrad, di tradizione culturale tedesca, e ben nota agli appassionati di filosofia per aver dato i natali ad Immanuel Kant che, con un’estensione di poco più di 15.000 chilometri quadrati, si affaccia sul mar Baltico, incuneata tra Polonia e Lituania, in apparenza slegata dal resto dello sconfinato territorio della Federazione Russa.

In realtà, l’oblast di Kaliningrad è collegato, tramite un corridoio che supera di poco i 100 chilometri, chiamato Suwalki Gap, con la Bielorussia che, pur essendo uno stato formalmente sovrano, è un prezioso alleato consolidato della Russia.

Kaliningrad

La città di Kaliningrad sorge nella provincia storica della Prussia Orientale, come richiama la sua stessa toponomastica. Essa fu fondata nel 1255 dai Cavalieri Teutonici con il nome di Konigsberg, traducibile in italiano con l’espressione “Monte del Re”. Conservò l’originario nome tedesco fino al 1946, quando l’Unione Sovietica, un anno dopo la sua annessione, volle dedicarla a Michail Ivanovic Kalinin, il primo capo di stato dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Prima della fondazione di Konigsberg, nell’area sorgeva una sorta di fortilizio abitato dalla popolazione sambiana, conosciuta sulle rive del Baltico con il nome di Tuwangste oppure Tvankste, che letteralmente vuol dire “foresta di querce”.

Nel Medioevo la città di Konigsberg diventò uno dei centri più importanti della Lega Anseatica, acquisendo la dignità di capitale dello Stato monastico dei cavalieri teutonici nel 1454 e di seguito del Ducato di Prussia fino al 1773.

Successivamente seguì le sorti dello stato prussiano e dell’unificazione dell’impero tedesco.

Nel 1945 l’oblast di Kaliningrad rappresentava il confine occidentale dell’Unione Sovietica sul Mar Baltico, in quanto Lituania, Lettonia ed Estonia erano parte integrante di un immenso territorio che si estendeva verso est fino all’Oceano Pacifico. Dopo l’annessione, il nuovo regime cercò di cambiare il volto della città, pesantemente bombardata durante la seconda guerra mondiale. Kaliningrad fu ricostruita con edifici monotoni e moderni, mentre la parte storica fu demolita oppure lasciata nell’assoluto degrado. Durante il periodo della guerra fredda la città diventò la base navale più importante dell’Unione Sovietica sul Mar Baltico, grazie anche al clima relativamente favorevole rispetto ad altre sedi della Marina Militare russa, costantemente ghiacciate durante la stagione invernale. Dal 1991, a seguito del crollo dell’Unione Sovietica, l’oblast di Kaliningrad è rimasto isolato dal resto del territorio della Federazione Russia, situazione che si è aggravata quando Polonia e Lituania sono entrate nella NATO e nel 2004 nell’Unione Europea.

La storia moderna

La Federazione Russa ha sempre temuto un graduale processo di occidentalizzazione ed un’eventuale vocazione indipendentista dell’enclave di Kaliningrad, soprattutto in considerazione delle sue origini culturali tedesche.

Già Stalin, appena dopo la fine della seconda guerra mondiale, favorì una massiccia opera di “russificazione” dell’area, inviando sul Baltico migliaia di cittadini provenienti da ogni parte dell’Unione Sovietica.

Negli anni Novanta del secolo scorso, l’oblast di Kaliningrad, fu proclamato “Zona economica libera”, con l’evocativa denominazione di “jantar” (ambra), una delle risorse più significative della regione, ottenendo perfino il riconoscimento di una certa autonomia amministrativa con la figura del “plenipotenziario Presidente”, carica unica nel suo genere nell’ambito della Federazione Russa.

Nello stesso periodo fu inaugurata una serie di progetti di sviluppo economico che legava Kaliningrad a Bruxelles ed, in particolare, ai Paesi confinanti dell’area baltica.

Nei primi anni in cui salì al potere, Putin continuò ad incoraggiare questa forma di cooperazione con l’Unione Europea, anche se nel 2005 si potè assistere ad un cambiamento di rotta, quando nei festeggiamenti per celebrare il 750simo anno dalla fondazione di Konigsberg, non furono invitati né il leader polacco, tanto meno i capi di governo di Lituania, Estonia e Lettonia.

A partire dal 2012, nel contesto generale di modernizzazione delle Forze armate appartenenti alla Federazione Russa, nell’area di Kaliningrad è iniziato un nuovo periodo di imponente militarizzazione, diventando uno dei centri più nevralgici dei programmi di difesa.

Come si è avuto modo di accennare, la posizione di Kaliningrad è altamente strategica, trovandosi alla foce del fiume navigabile Pregel, che ha come sbocco naturale la laguna della Vistola ed, infine, il Mar Baltico.

Nonostante i gravi danneggiamenti subiti nel corso della seconda guerra mondiale, nelle strade del centro storico si distinguono ancora alcune costruzioni neogotiche, anche se la maggioranza degli edifici richiama il periodo sovietico.

Negli ultimi decenni, la città ha raddoppiato la propria popolazione, sfiorando i 500.000 abitanti ed assumendo un aspetto elegante e borghese, molto simile a quello delle capitali delle Repubbliche baltiche.

I luoghi

La superficie di Kaliningrad è piena di spazi verdi, con grandi parchi, giardini e laghetti artificiali, potendo contare anche su una buona prosperità economica per l’intensa attività commerciale del porto e per la presenza dell’imponente flotta.

Uno dei luoghi più suggestivi di Kaliningrad è l’isola di Kneiphof, nota con il nome di “isola di Kant”, ospitando le spoglie del grande filosofo. L’isoletta è adagiata sul fiume Pregel che attraversa il centro della città ed è piacevolmente adatto alle brevi navigazioni panoramiche. Nel bel mezzo dell’isoletta vi è la magnifica cattedrale di Konigsberg, l’antico nome della città, edificata in stile gotico-baltico e distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. La chiesa rifiorì, grazie ad una massiccia opera di ricostruzione, soltanto nel 1994. Attualmente la cattedrale è entrata nel novero dei beni protetti dall’UNESCO, come patrimonio mondiale dell’umanità.

Le origini della chiesa superano i mille anni. Un primo nucleo della cattedrale fu edificato sulla terraferma e poi demolito, ma le sue pietre servirono a forgiare la successiva versione più maestosa dell’edificio che divenne il simbolo del prestigio dei Cavalieri Teutonici che operavano nella città. E’ interessante notare che, all’interno della cattedrale, coesistono sia una cappella luterana che una ortodossa, anche se l’angolo più visitato è quello dove sorge il mausoleo dove è sepolto Immanuel Kant, reso scenografico dalla collocazione della maschera funeraria del filosofo e da una mostra che narra i punti salienti della sua vita e della sua brillante carriera accademica.

Dell’antica Konigsberg rimangono in piedi le cosiddette “sette porte”, testimoni del fiorente passato della città. Tra queste si distingue la Porta di Brandeburgo, risalente al XV secolo in stile gotico, l’unica che, ancora oggi, conserva l’originaria funzione di varco di accesso alla città ed esposta, pertanto, ad un intenso traffico automobilistico.

Ancora più datata è la Porta di Sackheim, costruita nel XIV secolo, utilizzata come deposito dopo l’annessione sovietica e restaurata soltanto nel 2006.

La porta più amata dai visitatori è, però, quella di Rossgarten, in buona parte ricostruita negli ultimi anni, dove sono incise le effigie di due generali prussiani che al giorno d’oggi ospita un famoso ristorante. Di grande pregio sono anche la Porta di Friedland e la Porta del re: nella prima vi è la sede di un importante museo; nella seconda, invece, è stata allestita la mostra di modellini in scala dell’antica città.

Chiudono la serie la Porta Attack e la Porta Ferrovia, che presentano caratteristiche meno pregevoli dal punto di vista architettonico.

Tra i pochi edifici storici rimasti in piedi o riedificati di recente, aggiungo la Torre Dohna, con il suo aspetto maestoso che si specchia nelle acque del lago, di cui una parte è adibita a Museo dell’Ambra, materiale prezioso largamente diffuso nell’enclave di Kaliningrad. Dohna, insieme alla torre gemella Wrangel, costituivano gli avamposti di fortificazione per proteggere la parte settentrionale della città durante il periodo prussiano.

Tra le bellezze naturali dell’enclave russo sul Baltico, una menzione speciale merita la penisola curlandese, per metà in territorio lituano, dove è stato istituito un parco nazionale allo scopo di valorizzare il suo precario ed incontaminato ecosistema. Si tratta di una striscia di terra formata da grandi dune mobili di sabbia che possono anche raggiungere i 60 metri. La penisola, molto amata dagli oligarchi russi che ivi possiedono eleganti ville e dimore, è anche conosciuta come “penisola di Neringa”, dal nome della ragazza, figlia di un pescatore che, secondo le saghe baltiche, avrebbe costruito la striscia di terra per proteggere la sua tribù dalle impetuose onde del mare.

La situazione militare

Nell’oblast di Kaliningrad vive circa un milione di persone, ma a causa della grande quantità di installazioni delle diverse forze armate presenti, l’intera area sembra una grande base militare.

Nel territorio, oltre alla flotta schierata sul Mar Baltico, sono collocate varie basi aeree e missilistiche, nonché dal 2016 sono state notevolmente aumentate le forze terrestri, con l’invio di un’ulteriore divisione di fucilieri motorizzati.

Il Comandante della flotta del Mar Baltico ha anche giurisdizione sulle forze di difesa costiera che, oltre alle unità logistiche ed adatte alla guerra elettronica, comprende una brigata di fanteria navale ed un reggimento missilistico costiero.

Si può facilmente comprendere, pertanto, come l’oblast di Kaliningrad, circondato da Paesi appartenenti all’Unione Europea ed alla Alleanza Atlantica, sia di fondamentale importanza per la difesa della Federazione Russa.

Kaliningrad oggi

Nella propaganda mediatica degli ultimi giorni, per certi versi molto confusa ed emotivamente compromessa dal conflitto con l’Ucraina, l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale ha riscoperto questa porzione di territorio baltico.

Per la maggior parte degli analisti, cercare di conoscere meglio le attività militari che sono in fermento nell’area di Kaliningrad, significherebbe comprendere con più chiarezza le effettive intenzioni di Mosca nei confronti dei Paesi del suo confine occidentale. Non è necessaria un’analisi geopolitica approfondita, per capire che dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica, con il progressivo ed inarrestabile aumento dei Paesi affiliati alla Nato ed alla Unione Europea, la Federazione Russa abbia avvertito il baricentro della propria influenza politica fortemente ridimensionato, con tutte le relative implicazioni storiche e sociali.

Entrando più nello specifico, con particolare riferimento agli eventi degli ultimi giorni, è stato osservato che nelle settimane antecedenti alla guerra, erano stati dislocati a Kaliningrad alcuni caccia MiG-31K dotati di missili supersonici.

Probabilmente si è trattato di una mossa di deterrenza preventiva verso i Paesi della NATO in vista dell’imminente invasione dell’Ucraina. D’altra parte sembrerebbe che la Flotta del Baltico attualmente non stia effettuando particolari manovre, dopo le esercitazioni svolte prima della guerra con l’Ucraina, messe in atto forse proprio allo scopo di distrarre i controlli da parte degli operatori dell’intelligence avversaria.

Questo atteggiamento di calma apparente è di continuo monitorato dai sistemi di ricognizione della NATO che hanno intensificato il pattugliamento giornaliero dei cieli baltici. Inoltre, l’inattività militare nell’area di Kaliningrad potrebbe essere interpretata come un messaggio di “non escalation” del conflitto nei confronti dei Paesi occidentali, nonostante l’innalzamento del livello d’allerta per le flotte dislocate nell’Oceano Pacifico e nel Mar Glaciale Artico.

Il già citato “corridoio di Suwalki”, che collega Kaliningrad alla Bielorussia, potrebbe, comunque, giocare un ruolo fondamentale nella funesta ipotesi di escalation del conflitto tra Russia e Nato. Gli esperti analisti occidentali hanno sempre temuto una chiusura del corridoio da parte della Federazione Russa, che avrebbe come conseguenza l’isolamento delle tre Repubbliche baltiche dal resto del territorio NATO-Unione Europea.

Pertanto, l’enclave di Kaliningrad è stato sempre visto come un grave “vulnus” per la sicurezza sul fronte orientale dell’Alleanza Atlantica.

Ma la sua posizione altamente strategica può fornire due opposte chiavi di lettura anche come avamposto militare della Federazione Russa: da un lato l’oblast offre un’impareggiabile via d’accesso sul Mar Baltico, in un’area controllata da forze non proprio amiche (se non vogliamo usare l’aggettivo nemiche); dall’altro la regione di Kaliningrad può costituire un punto di elevata criticità, troppo lontano dal resto del territorio russo e, per questo motivo, di difficile controllo e di complessa gestione.

In sintesi, Kaliningrad, non a caso definita “la piccola Russia”, così sospesa tra il sistema centralizzato sovietico, l’attuale nazionalismo russo ed il confuso liberalismo occidentale, si configura come l’emblema della sicurezza europea e mondiale, in quanto la sua stabilità sociale ed economica dipende dal clima di fiducia o di sfiducia che si respira a livello internazionale.

Cover image: Aleksander Kaasik, da Wikipedia