The King’s Man – Le Origini: Vaughn gioca con la storia del XX secolo accarezzandone il lato romantico

Questo articolo racconta il film The King’s Man – Le Origini di Matthew Vaughn in un formato che intende essere più di una semplice recensione: lo scopo è andare oltre il significato del film e fornire una analisi e una spiegazione delle idee e delle dinamiche che gli hanno dato vita.

Nel corso degli ultimi anni diverse pellicole hanno messo in scena i sanguinosi avvenimenti della Prima guerra mondiale, soprattutto editate da registi britannici. La terra d’Albione, che figura tra le vincitrici del Primo conflitto bellico è come se abbia in queste pellicole espresso una sorte di ode profonda ad i suoi caduti, senza dimenticare che le epiche battaglie del Secolo breve hanno ispirato anche diversi scrittori che sarebbero poi stati destinati a successi inenarrabili: ad esempio la Battaglia della Somme, dove le truppe anglo-francesi mossero un’offensiva contro le truppe tedesche e vinsero ma con un grande numero di perdite, scioccò talmente tanto Tolkien, da portare poi anche nella saga letteraria del Signore degli anelli alcuni di quei ricordi indelebili. (Ironia della sorte, tra gli sconfitti teutonici figuravano anche un giovanissimo Adolf Hitler ed Otto Frank, padre di Anna).

In questo caso però il regista londinese Matthew Vaughn, dopo il successo delle prime due pellicole Kingsman – Secret Service e Kingsman – Il cerchio d’oro intavola un prequel intriso di quello stile british d’altri tempi, innaffiandolo anche con qualche piccola critica al colonialismo. Se il regista cerca di accarezzare un tono vagamente serioso, emulando sia Sam Mendes, sia Guy Ritchie, non ne riesce a cogliere lo spirito, ma l’opera risulta comunque confezionata bene per il grande pubblico. Messo da parte uno degli emblemi dello stile attoriale britannico come Colin Firth, questa volta Vaugh prende Ralph Fiennes come punto di riferimento di una pellicola che viene certamente migliorata da un cast ispirato e che avrebbe dovuto essere “sfruttato meglio”. Oltre a Fiennes, compaiono altri attori di livello come Gemma Arterton, Matthew Goode, Daniel Brühl e soprattutto Rhys Ifans. L’attore gallese infatti nei panni del monaco russo Rasputin, riesce a ricreare un personaggio nel personaggio a colpi di danza e paventata perversione.

The King's Man - Le Origini | Trailer Ufficiale

Proprio per questo probabilmente avrebbe dovuto rappresentare un villain con un minutaggio ancora maggiore. La misteriosa organizzazione, nemesi dei Kingsman e che potrebbe ricordare anche Ian Fleming e la sua Spectre, agisce tramite consiglieri di capi di stato che condizionano pesantemente le scelte dei propri regnanti. Proprio in questo si trova un punto d’incontro con la realtà e di come Rasputin vincoli gravosamente lo Zar Nicola II e soprattutto la zarina Aleksandra Fëdorovna approfittando delle loro debolezze, e che poi li condusse ad un epilogo tragico. Un plauso particolare va anche all’attore oxfordiano Tom Hollander, che si assume il compito di interpretare tutti e i tre cugini dell’allora aristocrazia europea: Re Giorgio V d’Inghilterra, Guglielmo II di Germania e Prussia e lo Zar Nicola II. Scelta azzeccatissima, anche perché i tre regnanti avevano una somiglianza incredibile.

Le vicende belliche vengono attraversate fondendosi ai drammi familiari del Duca di Oxford Orlando/Fiennes e segnano un Vaughn che con questa opera vuole mirare ad un cinema di primo livello, ma che ancora sfiora, cercando di prendere in prestito dai migliori. I colpi di scena che segnano l’intera opera e che decantano l’adagio: Più forte è il tuo timore più è probabile che si avveri“, vengono filtrati bene da un’atmosfera ben creata anche grazie alla fotografia di Ben Davis e dotati di una leggerezza che ha le sue origini nelle grapich novel di Mark Millar e Dave Gibbons. L’ucronia che sfida i canoni storici, ed in questo si attinge soprattutto dai Bastardi Tarantiniani, probabilmente aprirà ad un sequel del prequel che coinvolgerà Hitler e Lenin, considerati come la faccia della stessa medaglia, sembrando perfetti per l’epoca del revisionismo e della cultura da pesce rosso che stiamo attraversando, e che potrebbe probabilmente fare storcere il naso non soltanto agli storici ma ad il concetto stesso di verità.

L’idea stessa di un potere oscuro che prova a scombinare i piani di pace del Pianeta è sempre stato un cruccio dell’uomo, ed in alcuni casi ci sono stati anche dei riscontri inequivocabili nel condurci a questo modo di pensare. È proprio questo tema, utilizzatissimo anche nel cinema misto ad i tratti della “Vecchia cara Inghilterra” che garantirà ancora per anni le fortune di questo genere di pellicole britanniche, che in ambito “storico culturale” sono sempre riusciti a vendersi molto bene, sfornando spesso dei piccoli capolavori.