La Regina di Saba: tra fonti storiche, scritti sacri e arte

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La figura della Regina di Saba si colloca tra storia e leggenda, essendo citata in alcuni libri dell’Antico Testamento biblico, nonché in altri scritti di ampia diffusione, come il Corano ed il Kebra Nagast di tradizione etiope, un testo di straordinaria importanza storica e religiosa, per ricostruire le tradizioni culturali di quel popolo. Vi è da premettere che nei riferimenti individuabili nella Bibbia e nel Corano, la mitica donna viene menzionata con l’espressione “regina di Saba” o “regina del sud”, senza che mai venga riportato il suo nome. Nel precitato testo etiope, invece, la regina è chiamata Macheda, contenendo una descrizione più circostanziata del personaggio.

In questa breve trattazione, ritengo opportuno partire dal racconto biblico, quello che ha maggiormente influenzato l’immaginario collettivo sulla regina di Saba.

La Regina di Saba nella Bibbia

Secondo tale narrazione, delineata nel 1 libro dei Re e nel secondo libro delle Cronache, la ricchissima regina (le sue ingenti risorse sono ripetutamente richiamate) avrebbe sviluppato una notevole curiosità nei confronti della eccezionale saggezza del re d’Israele Salomone, caratteristica che gli sarebbe stata attribuita soprattutto dai posteri, assumendo connotazioni paradigmatiche e proverbiali. La regina desiderò conoscere di persona Salomone, intraprendendo un lungo viaggio verso i suoi territori, accompagnata da servitori ed ancelle, nonché da ricchi doni in oro, pietre preziose, oggetti di valore e spezie esotiche.

Al cospetto del sovrano, la regina rimase folgorata dalla sua grande saggezza, al punto che si rivolse al Dio di quel regno straniero, venendone ricompensata a sua volta di incantevoli doni, fino al momento che la donna decise di rientrare nel suo regno.

Di tutt’altro genere è il legame tra la regina di Saba ed il mistico Cantico dei cantici, conosciuto anche come Cantico di Salomone, nel quale alcuni esegeti e commentatori biblici avrebbero voluto individuare prove tangibili della passione amorosa tra la potente ed opulenta donna venuta dal sud ed il Re Salomone.

Qualche riferimento alla regina si ritrova anche nel Nuovo Testamento e, precisamente, in Matteo (12,42) ed in Luca (11,31), dove il Maestro, in uno dei discorsi escatologici a Lui attribuito, afferma che la regina di Saba e gli abitanti di Ninive nel giorno del Giudizio Universale avrebbero avuto la funzione di condannare gli Ebrei, colpevoli di averlo rifiutato. Probabilmente si tratta di un’iperbole metaforica per esprimere il concetto che perfino popolazioni pagane, a differenza della stragrande maggioranza dei suoi conterranei, avrebbe abbracciato la sua dottrina.

Gli altri scritti sacri

Il racconto coranico è piuttosto simile a quello biblico, anche se varia nella sua parte iniziale. In esso, infatti, sarebbe il re Salomone a venire, per primo, a conoscenza dell’esistenza del Regno di Saba, colpevole, secondo la casta sacerdotale ebraica, di venerare il dio Sole, aspetto questo più che plausibile, in considerazione della probabile collocazione geografica prossima all’Egitto. A questo punto, Salomone avrebbe minacciato di muovere guerra al popolo idolatra che avrebbe, poi, inviato una delegazione guidata dalla regina per stringere un trattato di pace.

Gli “ambasciatori” sarebbero stati così colpiti dalla saggezza delle parole di Salomone, da essere spinti ad abbracciarne la fede religiosa.

Nei due racconti, pur costruiti intorno ad un nucleo simile, notiamo una sostanziale differenza di impostazione: nel primo caso (Bibbia) la regina compie un lungo viaggio, per motivazioni poco chiare e fantasiose, mentre nel secondo caso (Corano) emerge una trama comprendente elementi politici e geografici più verosimili.

Analizzando la tradizione etiope del già citato testo Kebra Nagast,  redatto con finalità soprattutto epiche, tra il IV ed il V sec. d.C., la famiglia imperiale etiope discenderebbe in maniera diretta dall’unione di re Salomone con la regina Saba, che avrebbero generato Menelik, incoronato poi come primo imperatore d’Etiopia.

Nello stesso testo il grande Menelik è ricordato per aver trafugato l’arca dell’alleanza, portandola da Gerusalemme in Etiopia, dove in maniera fantasiosa, si troverebbe tuttora.

A tale proposito è necessario distinguere due importanti aspetti ermeneutici.

Il primo è di natura storica, tenendo in debito conto che alcuni agglomerati sociali etiopi erano nell’antichità di origine semita, formati da tribù emigrate in Africa dall’Arabia meridionale, dopo aver attraversato il Mar Rosso; inoltre, il regno etiope di Axum avrebbe esteso la sua giurisdizione anche su una parte dell’Arabia meridionale, fino all’espansione dell’Islam nel VII secolo. Il secondo aspetto, di ordine linguistico, è strettamente legato al primo: le due principali lingue etiopiche, l’amarico ed il tigrino, secondo gli esperti, hanno una chiara derivazione semitica.

Le strette relazioni tra Etiopia ed Arabia, nell’antichità, sono state suffragate da numerosi resti archeologici e dal ritrovamento di alcune incisioni, in Africa, redatte nell’antico alfabeto adoperato nella parte meridionale della penisola arabica.

Alla luce delle ultime considerazioni si capisce come il personaggio della regina di Saba fosse conosciuto anche fra gli Arabi che le attribuivano il nome di Bilquis.

Le fonti storiche

Dopo aver sintetizzato le fonti antiche che fanno riferimento alla leggendaria regina del deserto, dobbiamo chiederci se la donna sia veramente esistita, se sia frutto di una leggenda o, come forse è più ragionevole pensare, se si tratti di un personaggio storico successivamente mitizzato ed adattato alle esigenze celebrative dei diversi popoli dell’area geografica medio-orientale.

Innanzitutto è necessario individuare il territorio  dove più o meno fiorì il cosiddetto “regno di Saba”. Gli studiosi sono concordi nel ritenere che la sua estensione sia ancora del tutto ignota, lasciando aperte due principali ipotesi altrettanto plausibili.

L’una sostiene che il mitico regno era situato nella parte meridionale della penisola arabica e, più nello specifico, nella regione occupata dall’attuale stato dello Yemen.

L’altra ipotesi più accreditata ritiene che il regno di Saba sia da individuare in un territorio imprecisato del Corno d’Africa, l’attuale Somalia. Vi sono altre due ricostruzioni che, tuttavia, hanno riscosso meno consensi nell’ambito della comunità accademica. La terza, dando particolare risalto all’opulenza decantata del regno, indicherebbe la compagine politica di Saba estesa ad entrambe le regioni geografiche descritte in precedenza, mentre la quarta la identificherebbe con il regno di Axum, nell’odierna Etiopia. A dimostrazione di come la prima delle quattro ipotesi illustrate abbia riscosso maggior successo, gli archeologi ritengono che l’antica capitale del regno di Saba sia la città di Ma’rib, nello Yemen meridionale. Qui sono stati ritrovati i resti del tempio considerato il più antico sul suolo della penisola arabica che, per molti studiosi, sarebbe stato in un lontano passato il palazzo della regina di Saba.

Si tratta di una località di notevole importanza strategica per gli scambi commerciali tra Asia ed Africa.

Non deve destare eccessiva meraviglia che il potere politico nel regno di Saba fosse esercitato da una donna, in considerazione del fatto che molte società antiche si reggevano sul matriarcato, passando il potere ai discendenti monarchici per via femminile.

È ragionevole pensare che il regno di Saba si sia formato grazie ad una mescolanza di popolazioni africane, con l’aggiunta di alcune etnie arabe. Tuttavia, si pensa che gli usi ed i costumi prevalenti siano stati di matrice africana, in quanto ancora oggi è possibile distinguere alcune tribù dell’Africa orientale con abitudini matriarcali, mentre ciò non è assolutamente diffuso in ambiente arabo.

Il primo riferimento storico certo al Regno di Saba risale all’VIII sec. a. C., circa tre secoli dopo il presunto incontro tra la regina e re Salomone. In un’iscrizione assira si legge che il regno sabeo era ormai assoggettato al pagamento periodico di un tributo al potente re di Assiria Sargon II. Prima della progressiva decadenza, iniziata proprio nel periodo di egemonia assira, il regno di Saba era stato economicamente molto fiorente, conosciuto anche per le imponenti opere di irrigazione, molto avanzate per l’epoca, probabilmente grazie ai progetti di architetti babilonesi. Saba esportava aromi del luogo ed importava spezie e merci provenienti dall’India per poi venderle ai popoli del Mediterraneo. In origine, prima di subìre influssi ebraici, gli abitanti del regno di Saba veneravano gli dèi mesopotamici, in particolare la “triade” (Anu dio del cielo, Enlil dio dell’aria, Ea dio delle acque), nonché praticavano culti astrali ed invocavano divinità minori con le teste di animali, dimostrando forti legami culturali sia con la civiltà egizia che con quella babilonese.

Come risulta lampante, la figura della regina di Saba è strettamente legata a quella di Salomone, il terzo re d’Israele, che regnò più o meno tra il 970 ed il 930 a.C., secondo la tradizione figlio di Davide e Betsabea che, in precedenza, era stata la consorte di Uria l’Ittita. Dal punto di vista politico il periodo di governo di Salomone fu molto importante per il popolo ebraico, in quanto si trattò dell’ultimo re a capo del regno unificato di Giuda e di Israele. Inoltre, il personaggio di Salomone è stato sempre avvolto dalla leggenda, al punto che gli Ebrei ricordano il suo regno come una sorta di età dell’oro, mai più eguagliata nei secoli successivi. Sotto il suo regno venne eretto il primo “Tempio”, segno emblematico della religiosità del popolo d’Israele e di numerose dottrine delle epoche a venire. L’archeologia degli ultimi decenni ha fortemente ridimensionato il racconto biblico circa le meraviglie del regno di Salomone, che si sarebbe distinto per ricchezza e per saggezza, escludendo del tutto la possibilità che il suo regno possa essersi esteso fino all’area della valle del Timna, a circa trenta km a nord dell’attuale Eilat, dove già nell’antichità sorgevano ampie miniere di rame.

La tradizione, inoltre, attribuiva a Salomone la paternità di alcuni testi dell’Antico Testamento biblico: due salmi, gran parte del libro dei Proverbi, il Qoèlet, il Cantico dei Cantici ed il libro della Sapienza. Al giorno d’oggi, tuttavia, perfino l’esegesi cristiana più oltranzista riconosce che i precitati testi erano stati attribuiti a Salomone solo in maniera pseudo-epigrafica, per poterne accrescere l’autorevolezza, grazie all’eccezionale fama di saggio dell’antico sovrano, ma che furono redatti in epoche successive e diversificate.

Accanto alla tradizione biblica che ci presenta Salomone come sovrano saggio, retto ed equilibrato, vi è una tradizione esoterica che lo indica come mago ed esorcista, capace perfino di spingere i demoni a costruire il suo Tempio adoperando poteri soprannaturali. Nel tardo Medioevo fu attribuita a re Salomone la composizione di un testo di magia, Clavis Salominis (la chiave di Salomone), una sorta di grimorio scritto in lingua latina che conterrebbe istruzioni sulle modalità di invocazione dei 72 più importanti principi infernali. E’ superfluo sottolineare che anche questo testo gli fu attribuito ingiustamente e solo per una pretesa di notorietà da parte degli anonimi autori.

Le rappresentazioni nell’arte

Tra le tante raffigurazioni artistiche della Regina di Saba, che si sono susseguite nel corso della storia, due di esse mi hanno colpito particolarmente, per la loro espressività plastica e per la ricca simbologia del contenuto. Per quanto riguarda la prima, si tratta delle immagini della regina con re Salomone, scolpite nella pietra calcarea, ad opera del raffinato Antelami, oggi mostrate in copia all’esterno del Battistero di Parma (gli originali si trovano nel museo del Vescovado situato di fronte). All’ingresso del luogo dove si portavano i neonati a battezzare, lo scopo didascalico principale dell’artista è piuttosto inequivocabile: la regina di Saba e re Salomone, scolpiti l’uno rivolto verso l’altra, in una posa quasi da conversazione, rappresentano i genitori ideali di ogni bambino. Come abbiamo visto in precedenza, i testi antichi non descrivono le due figure come formanti una coppia in senso stretto, eppure la narrazione del loro incontro ha impressionato l’immaginario collettivo, offrendo molteplici chiavi di lettura anche in ambito esoterico.

Nell’arte cristiana l’incontro tra la regina di Saba e re Salomone è stato di frequente interpretato come l’unione dell’animus con l’anima, ovvero come una sorta di completamento dell’archetipo maschile e di quello femminile, sotto un profilo ermeneutico quasi junghiano. Ciò che balza agli occhi con più forza è la differenza di costumi culturali dei due personaggi che, comunque, riescono a comprendersi e a far fruttare sinergicamente le proprie qualità. Ecco, allora, che l’unione tra la regina venuta dal sud ed il re famoso per la sua saggezza diventa un esempio emblematico di pace e di costruttiva tolleranza tra popoli diversi.

Anche la seconda opera la ritroviamo presso la porta di un Battistero, quello di Santa Maria del Fiore a Firenze, la capitale europea dell’Umanesimo e del Rinascimento.

Tra le dieci formelle, raffiguranti la storia biblica, l’ultima lastra in basso a destra descrive il mitico incontro tra la regina di Saba e re Salomone. In tale raffigurazione i due sovrani non sono collocati semplicemente l’uno di fronte all’altra, ma interagiscono tenendosi per mano ed evidenziando un comportamento di tipo “cerimoniale” in cima ad una scalinata, alla cui base si trovano le due rispettive corti.

Sullo sfondo della scena si nota un grande edificio sacro che, per alcuni interpreti, indicherebbe un richiamo al Concilio di Ferrara-Firenze, cominciato nel 1439 con l’intento di riunificare la Chiesa Cattolica e quella Bizantina, tentativo poi del tutto fallito con la caduta di Costantinopoli del 1453. L’artista, pertanto, avrebbe voluto idealizzare una riunificazione delle due compagini dottrinali: la regina di Saba come simbolo della città di Costantinopoli, storicamente associata al principio femminile, mentre Salomone come emblema di Roma, sede papale e per secoli sede di un imperatore, figura tradizionalmente maschile.

In epoca medievale la raffigurazione della regina di Saba diventò un simbolo molto caro agli alchimisti che, in parte, si basavano su alcune leggende islamiche, secondo le quali la donna sarebbe stata molto bella, ma sotto la lunga veste avrebbe nascosto gambe pelose e perfino un piede d’asino. In Francia il singolare arto della regina si trasformò in una zampa d’oca, raggiungendo una tale diffusione che su numerosi portali delle cattedrali gotiche fu scolpita l’immagine di una giovane donna con una zampa d’oca al posto del piede sinistro.

L’innocuo uccello ha sempre implicato un forte simbolismo esoterico, come dimostrano i nomi di molteplici località situate sull’antica strada per raggiungere Santiago di Compostela, la via degli iniziati, sia sul versante francese che su quello spagnolo: Loye, L’Ouche, L’Auchere, Ansar, Jar, Ganso etc..

La simbologia dell’oca trova la sua massima espressione nel gioco omonimo, definito dal grande esoterista Fulcanelli come il compendio di una grande opera alchimistica, di cui il labirinto figurato riecheggia il percorso dell’iniziato con tutti gli ostacoli che vi sono compresi, per riuscire ad oltrepassare le porte della conoscenza, evitando di ritornare indietro verso uno stadio di involuzione. In tale contesto, la Regina di Saba con il piede d’oca, riassunto graficamente con una Y , alla quale si aggiunge una terza linea nel mezzo, indica la superiorità dello spirito sulla materia.

Chi era davvero la Regina di Saba? Forse non lo sapremo mai con esattezza, anche se alcune scoperte archeologiche hanno fatto una certa chiarezza sui territori attribuiti al suo dominio. La Regina del sud continua ad incarnare il prototipo della donna esotica  e dotata di particolari qualità comunicative, tanto da essere inviata in una regione lontana a trattare condizioni vantaggiose per il suo popolo. I racconti antichi ed, in particolare, quelli biblici, seppure con sfumature diverse, concordano nel sottolineare come entrambi i sovrani avessero tratto beneficio dal reciproco confronto.

Ed allora, con un po’ di immaginazione, possiamo credere che Salomone, grazie alla propria saggezza, abbia saputo ascoltare le richieste della regina che, a sua volta, impressionò il re d’Israele con il suo fascino e la sua ricchezza, senza per forza dover credere all’unione sponsale tramandata dalla tradizione etiope e al conseguente concepimento di un figlio.