L’Afghanistan oggi: una breve storia di cosa succede ed è successo

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Per capire quello che succede in Afghanistan è necessario conoscere la sua storia.

Dagli anni ’50 al post-11 Settembre

Partiamo dagli anni 50, con questo Paese guidato dalla monarchia di Nadir Shah, che regnò fino al 1973. Sotto il suo regno l’Afghanistan visse uno dei periodi più lunghi di stabilità. Durante questo periodo l’Afghanistan rimase fondamentalmente neutrale, pur creando una relazione più stretta con l’Unione Sovietica e una maggiore ostilità verso il Pakistan. Mentre il Re si trovava in Italia, il 17 luglio 1973 il cugino del Re ed ex Primo Ministro, Mohammed Daud Khan, organizzò un golpe incruento e scrisse la parola fine sulla monarchia in Afghanistan. La nuova Repubblica tuttavia non portò nessun miglioramento né sul piano economico né in termini di riforme.

Arriviamo così alla rivoluzione di Saur del 27 aprile 1978, quando il Partito Democratico Popolare dell’Afghanistan (PDPA) prese il potere a Kabul istituendo la Repubblica Democratica dell’Afghanistan (RDA) ma trovò la netta opposizione delle popolazioni rurali, fedeli ai principi tradizionali afghani ed islamici e contrarie alle idee del marxismo-leninismo, le quali diedero vita al movimento guerrigliero dei mujaheddin. Nei mesi successivi al colpo di Stato, il governo del PDPA avviò una serie di riforme: fece distribuire le terre a 20.000 contadini, abrogò l’ushur (ovvero la decima dovuta ai latifondisti dai braccianti) e bandì l’usura, regolò i prezzi dei beni primari, statalizzò i servizi sociali garantendoli a tutti, diede il riconoscimento al diritto di voto alle donne, legalizzò i sindacati, vietò i matrimoni forzati e lo scambio di bambine a scopo economico, sostituì leggi tradizionali e religiose con altre laiche, mise al bando i tribunali tribali e rese pubblica a tutti l’istruzione, anche alle bambine che in precedenza non potevano andare a scuola.

Queste riforme si scontrarono fortemente con le autorità religiose locali e tribali che si opposero alle politiche di Taraki. Ben presto le stesse gerarchie ecclesiastiche passarono a un’opposizione armata incoraggiando la jihād (guerra santa) dei mujaheddin (santi guerrieri) contro “il regime dei comunisti atei senza Dio”. Nel clima di Guerra Fredda, gli Stati Uniti non potevano accettare il successo e la modernizzazione dell’Afghanistan troppo vicino all’Unione Sovietica, sia per propaganda anticomunista che per necessità di controllare un’area molto ricca e strategica, quindi il 3 luglio 1979 Carter firmò la prima direttiva per l’organizzazione di aiuti bellici ed economici segreti ai mujaheddin afgani. In pratica la Cia avrebbe creato una rete internazionale coinvolgente tutti i paesi arabi per rifornire i mujaheddin di soldi, armi e volontari per la guerra.

Col passaggio in Usa dall’amministrazione democratica Carter a quella repubblicana di Ronald Reagan si alzò il livello dello scontro e i mujaheddin vennero propagandati come «combattenti per la libertà». Osama bin Laden era uno dei principali organizzatori e finanziatori dei mujaheddin; il suo Maktab al-Khadamat (MAK, Ufficio d’Ordine) incanalava verso l’Afghanistan denaro, armi e combattenti musulmani da tutto il mondo, con l’assistenza e il supporto dei governi americano, pakistano e saudita. Quando gli USA finanziarono, armarono e addestrarono i tagliagole islamisti e la feccia oscurantista per distruggere quella esperienza, il Governo Afgano chiese l’aiuto internazionalista dell’Unione Sovietica, che intervenne senza esitazioni.

Allora tutti i mass media occidentali urlarono alla “Occupazione Sovietica” e si sdilinquirono per i Talebani, a quel tempo definiti “Freedom Fighters”, Guerrieri della Libertà, invece che terroristi.

In Italia e in Europa le sinistre, invece che difendere quell’esperienza, pensarono bene di schierarsi contro “l’invasione russa”. Sostennero apertamente i crimini di guerra dei Mujaheddin e non sembrarono preoccuparsi più di tanto della sorte di milioni di donne afgane. Osama Bin Laden era un agente della CIA e negli USA usciva Rambo 3, con Sylvester Stallone che combatteva per “la libertà dell’Afganistan” al fianco dei barbuti islamici contro quei cattivoni dei comunisti.

Grazie all’appoggio esterno i mujaheddin furono in grado di logorare le forze sovietiche fino a provocarne la ritirata nel febbraio del 1989. Priva dell’appoggio dell’URSS, la RDA fu in grado di resistere alle pressioni dei mujaheddin fino all’aprile del 1992, quando i guerriglieri conquistarono Kabul ed abbatterono il governo del PDPA. I mujaheddin proclamarono quindi la nascita dello Stato islamico dell’Afghanistan, il nuovo governo fondamentalista scatenò una guerra feroce e totale contro le donne. Da quel momento nessuna ragazza avrebbe mai più potuto mettere piede in una scuola. Imposero il Burka a tutta la popolazione femminile e chi non lo indossava veniva linciata per strada. Se i loro occhi non erano oscurati dalla fitta rete del burka venivano bastonate, arrestate e torturate. Alle donne non fu più permesso lavorare, ne guidare, ne uscire in strada se non in compagnia di un famigliare maschio.

Lo Stato islamico dell’Afghanistan fu proclamato il 17 aprile 1992. Il fronte dei Mujaheddin si dimostrò comunque molto frammentato e disunito e ciò consentì, dal 1996 al 2001, la presa del potere da parte della fazione dei talebani, salvo che in alcuni territori settentrionali controllati dall’Alleanza del Nord dei restanti mujahidin anti-talebani, guidati dal comandante Ahmad Shah Massoud. I Talebani proclamarono l’Emirato islamico dell’Afghanistan e applicarono al Paese una versione estrema della shari’a e ogni deviazione dalla loro legge venne punita con estrema ferocia. Emblematica fu la cattura dell’ultimo Presidente della Repubblica Democratica afghana Mohammad Najibullah; venne catturato presso gli uffici dell’ONU di Kabul, dove si era rifugiato, e venne torturato, mutilato e trascinato con una jeep prima di essere giustiziato con un colpo alla testa ed esposto nei pressi del palazzo dell’ONU.

Dopo l’attentato terroristico dell’11 settembre 2001 gli Stati Uniti decidono di invadere l’Afghanistan, dando il via all’operazione Enduring Freedom che si poneva come obiettivo la fine del regime dei talebani e la distruzione dei campi di addestramento e della rete di al-Qāʿida, il gruppo terroristico guidato da Osama bin Laden. Vista la sproporzione di forze il regime integralista viene rovesciato in poco più di un mese, nel novembre del 2001. Fu quindi istituita la nuova “Repubblica islamica dell’Afghanistan”, retta dal presidente Hamid Karzai: le forze governative afghane si trovarono però invischiate in una lunga guerriglia contro le residue forze talebane (oltre che contro vari signori della guerra locali e bande criminali), ricevendo quindi assistenza da parte di forze militari della NATO e di altri paesi riunite nella missione International Security Assistance Force (ISAF).

L’Afghanistan oggi

Adesso che abbiamo visto la storia del Paese possiamo analizzare la sua scena geopolitica attuale.

In 20 anni di controllo statunitense la già precaria condizione dell’Afghanistan è ulteriormente peggiorata: gli Usa insieme con la coalizione occidentale ha impiegato il 90% dei propri fondi in spese militari e solo il 10% in infrastrutture civili. In vent’anni i progressi per loro sono stati insignificanti e le perdite umane altissime, decine di migliaia di morti deceduti negli ultimi anni più nei raid americani e Nato che non negli scontri con i talebani. I 36 milioni afghani – di cui cinque-sei milioni sono profughi- vivono in media con meno di due dollari al giorno. In particolare perdono le donne che erano riuscite a rivendicare il diritto allo studio e un certo grado di autonomia personale, del tutto negato nel primo Emirato dei talebani.

L’Emirato II° forse sarà, si spera, un po’ meno duro o solo più pragmatico. Tra l’altro oltre alle donne pure i maschi a scuola ci vanno assai poco, se non nelle madrase dei mullah: il sistema d’istruzione statale è allo sfascio. In estrema sintesi non c’è un singolo parametro economico reale che è migliore rispetto a venti anni fa, nonostante le chiacchiere inutili di chi è là da tempo pronto a sfruttare le risorse a disposizione e falsando facilmente i numeri per fare propaganda americana. Il clima di odio con chi ha collaborato con gli occidentali è alimentato non solo dai talebani e dalla religione, ma dal fatto che ad eccezione di questa cerchia ristretta di privilegiati il resto della popolazione viene sfruttata, lasciata in condizioni misere di povertà e ha visto peggiorare ulteriormente le proprie condizioni di vita sotto l’occupazione americana.

Gli americani e la NATO dicono di volere esportare democrazia, in realtà esportano prima di tutto armi: il resto – “nation-building”, diritti umani, diritti delle donne – è un delizioso intrattenimento per far credere che con le cannonate facciamo del bene. Se vuoi aiutare un popolo puoi farlo senza usare i fucili, questo tra l’altro insegnava Gino Strada, vituperato da vivo dagli stessi ipocriti che oggi lo incensano e all’epoca sostenevano le guerre del 2001 e del 2003.

La tragedia che vive oggi l’Afganistan è figlia dell’imperialismo USA e della doppia morale occidentale. Della scelta di mettere quel Paese nelle mani dell’abominio, piuttosto che accettare che avessero un governo socialista, che facesse della laicità e del progresso le proprie bandiere. Oggi, dopo una guerra di rapina fatta per saccheggiare le materie prime e dopo 20 anni di occupazione a stelle e strisce, gli Stati Uniti of America se ne vanno lasciando soltanto macerie e restituendo gentilmente il potere nelle mani dei mostri.