Il gioco del calcio spiegato a mio figlio

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Quale è il motivo dell’eccessivo interesse che il gioco del pallone suscita negli umani di sesso maschile?

Una semplice spiegazione psicologica non potrà mai giustificare il comportamento dei diversi tipi di maschi impegnati a condividere l’insana passione in un luogo, lo stadio, dove a migliaia, accaldati, stravolti, si radunano, nell’unanime trasporto per undici di loro che, in pantaloncini corti, rincorrono un pallone, componenti d’una squadra contrassegnata da insegne e labari: la propria.

Simone Berti, Giuseppe, da Fuoriclasse, gif animata, 2012

La propria?

Spesso si tratta di una compagine d’una città con il cui campanile non si ha nulla da spartire.

Si pretende solo che vinca tutte le competizioni.

I ventidue giocolieri sgambettano come ballerine o abili circensi sull’arena.

Gli spettatori s’infebbrano, strepitanti, allucinati: è un morbo di cui sono affetti, una peste che, a differenza delle altre, viene tollerata, diffusa, addirittura incentivata.

Mai debellata, perché porta soldi a palate.

Questa specie di contagiosissima malattia viene chiamata tifo.

Tifo, dal greco typhos, fumo, vapore, febbre, malattia che provoca un offuscamento dei sensi, toglie lucidità, appanna la mente come vapore.

Fulvio Di Piazza, Soldato, olio su carta, 56×76, 2002

Il campo sportivo è una selva naturale e ferina, un posto per selvaggi. Probabilmente, il gioco del calcio risveglia la parte arcaica della mente; nel segnare il ritorno alla natura, predispone gli scalmanati al ritorno verso un’epoca primitiva, quando lo scalmanato, pardon, lo sciamano guidava la tribù.

Nei campi erbosi i caLciatori sono caCciatori che inseguono la preda, finché non riescono a catturarla, spingendola nella rete. Tutti accorrono, festanti, per aver imbrigliato il bisonte, il portiere avversario. La comunità sopravviverà ai rigori dell’inverno, grazie alla carne del bisonte, al goal dell’attaccante che ha violato la difesa dell’animale nemico.

Il calcio rimanda alla caccia di gruppo, solidale: ai primi successi dell’uomo in società.

Attualmente, non si va più a caccia (a parte qualche troglodita), però c’è il calcio, a risvegliare gli istinti primordiali.

Gli scontri tra opposte fazioni richiamano quelli che si svolgevano tra gruppi di ominidi, tra i sapiens contro i neanderthal, contendenti pronti a eliminarsi per la conquista del territorio, della zona di caccia.

Gli sportivi si identificano generalmente con l’Attaccante che fa goal, mai con un difensore.

L’ardore calcistico può aver contribuito a determinare, in Italia, il passaggio dal partitismo al Leaderismo? Non è un caso se gli scalmanati vogliono un presidente della squadra di calcio al potere, anziché un rappresentante del mondo politico e culturale?

La classe politica italiana è sopravvissuta a tutto, agli scandali, alle Brigate Rosse, agli attentati, a Ordine Nuovo, ai servizi segreti deviati, agli infiltrati della CIA, a Mani Pulite, ma non al calcio. Il calcio ha contribuito alla riduzione della compagine parlamentare. Ogni squadra deve avere un capo e non più di undici rappresentanti. Tutti gli altri non contano, possono pure cambiare mestiere.

Adriano Pompa, Strano incontro, olio e oro su tela, 35×70, 2003

Il calcio ha costituito un modo rituale primitivo e cannibalesco. Poi è arrivato Lui.

Maradona. Uno sciamano che con le sue piroette, i suoi funambolismi, le sue incredibili evoluzioni, è riuscito a cambiare non solo il destino di una squadra, ma perfino quello di una città, segnandone la rinascita, o come molti hanno sostenuto, preparandone il riscatto.

Il calcio è stato, grazie a Maradona, per una stagione, un luogo dove riprendersi la vita e la dignità, contro mafie, corruzione, malaffare, tangenti, ignoranza, servilismo.

Un altro caso: il Campo dei miracoli di Corviale. Un’iniziativa di cui beneficia un intero quartiere periferico. All’ombra del Serpentone, viene organizzato un torneo di Calciosociale, a cui partecipano trecento persone. Viene scelto un tema, ad esempio la lotta alla criminalità organizzata, e si danno alle squadre i nomi di persone che hanno sacrificato la loro vita, come Pio La Torre o Giovanni Falcone.

Quando il calcio si identifica con la solidarietà e con la Poesia, quando la fantasia si sposa con la Liberazione dalla schiavitù, Mosè e Maradona, Spartaco e Basaglia, Falcone e Borsellino, Gandhi e Martin Luther King sono un solo uomo. Uno per undici, anzi, per tutti.

È allora che “Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione” (Pier Paolo Pasolini).