Breve storia del fumetto italiano

Il 27 dicembre 1908 arriva nelle edicole italiane il primo numero de“Il “Corriere dei piccoli”, settimanale destinato ad un pubblico infantile.

Quella data di fine dicembre non rappresenta solo l’esordio di una rivista storica che ha accompagnato diverse generazioni verso la crescita, ma anche l’inizio del fumetto italiano. Infatti, in Italia, le vignette fecero il loro esordio all’interno della rivista.

Inizialmente molte di queste erano di importazione anglosassone e statunitense, e le uniche nostrane erano Bilbolbul (Attilio Mussino) e Quadratino (Antonio Rubino).

I protagonisti di entrambe le storie erano bambini; l’uno era africano e viveva nel suo villaggio, e il secondo, apparso un anno dopo, con la testa a forma di quadrato, da qui il nome Quadratino.

Con l’avvento del fascismo, i fumetti, così come gli altri mezzi di comunicazione, furono utilizzati per scopi propagandistici: nel 1923 esordì “Il Balilla”, settimanale ispirato al Corriere dei piccoli.

Nel 1931, a Torino, fu proiettato per la prima volta il cortometraggio di Topolino, Giuseppe Nerdini, edicolante e editore, accorgendosi del potenziale del personaggio decise di pubblicare alcuni numeri incentrati sulle avventure del topo.

Intanto Mondadori, intenzionato a pubblicare storie Disney, chiese a Nerdini di cedergli i diritti, e quando quest’ultimo rifiutò Mondadori si rivolse a Walt Disney.

Intrapresero una battaglia legale che portò i due editori dinanzi al governo fascista. Le voci dell’epoca affermano che a porre fine alla diatriba fu proprio il governo, che convinse Nerdini a cedere i diritti e Mondadori a pagare una cifra esosa.

Negli anni della seconda guerra mondiale la crisi della carta costrinse molti editori ad interrompere le pubblicazioni. Ma come spesso accade, ogni crisi porta novità, e gli editori, per risparmiare la carta, iniziarono a dare alle stampe fumetti di piccole dimensioni chiamati “strisce”, il nome fu suggerito dalla forma orizzontale che conteneva massimo tre vignette per pagina.

Questa nuova forma non rappresentò un vera novità poiché in America, già dai primi anni del 900, all’interno dei quotidiani erano allegate delle vignette contenute nelle strisce.

Nel dopoguerra, complice il fascino che il far West iniziò a esercitare sugli italiani, furono pubblicate sempre più spesso storie ispirate all’America estrema del secolo precedente.

Nel 1948, la Bonelli editore diede alle stampe la prima striscia di Tex Willer, “Il totem misterioso”, ideata da Luigi Bonelli e dal disegnatore Aurelio Galeppini.

Quest’ultimo, per le caratteristiche facciali si ispirò a Gary Cooper, ma successivamente Sergio Bonelli fece notare quanto i tratti del Ranger ricordassero il volto di Charlton Heston.

Poco meno di dieci anni dopo l’esordio di Tex, arrivò nelle edicole un altro eroe le cui avventure si svolgevano nell’onnipresente selvaggio West.

Stiamo parlando del cowboy che beve solo camomilla, Cocco Bill, disegnato da Benito Jacovitti.

A Differenza del west di Tex Willer, il mondo di Cocco Bill risulta essere più ironico e surreale. I due elementi rappresentarono il punto di forza della serie.

Siamo negli anni in cui il boom economico ha raggiunto il suo apice, e Angela Giussani, abitando nei paraggi della stazione, quando vede i pendolari partire decide che Diabolik, creato insieme alla sorella Luciana e uscito per Astorina, debba uscire in piccole dimensioni, così da essere tascabile e di conseguenza fruibile ai viaggiatori.

Diabolik, ladro ancorato a principi che considera sacri (rapina solo ricchi e uomini la cui ricchezza proviene da intrighi politici e malavitosi), fu ispirato ai romanzi d’appendice noir che in quel periodo stavano riscuotendo un copioso successo, soprattutto in Francia. Inoltre, Diabolik fu l’apripista del fumetto nero a cui si aggiunsero Satanik e Criminal.

Per via delle ambiguità tra bene e male e delle tematiche trattate, questo nuovo genere, negli anni 60 fu soggetto ad una vera e propria inquisizione. Molti giornali e personaggi pubblici dell’epoca affermarono che turbassero l’opinione pubblica.

Ma nonostante critiche e processi, grazie ai film che da queste opere furono tratti e ai dibattiti che attorno ad essi si crearono, il pubblico del fumetto nero aumentò, e infatti, Diabolik rappresenta tuttora uno dei punti fermi del fumetto italiano.

Pochi anni dopo Hugo Pratt creò Corto Maltese, viaggiatore cosmopolita le cui storie sono di grande valore poetico e filosofico.

Nelle avventure del marinaio, a volte, possiamo imbatterci in personaggi realmente esistiti: per esempio Rasputin.

Negli anni 80 Tiziano Sclavi e Claudio Villa, per Bonelli editore, idearono un indagatore dell’incubo le cui fattezze fisiche furono ispirate a Rupert Everett; Dylan Dog.

Nonostante il suo esordio non fu tra i migliori, negli anni 90 le vendite di Dylan Dog superarono addirittura quelle di Tex Willer.

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