Forme Complesse: l’abbraccio intimista dei Fine Before You Came

Posted by

In questi mesi di vuoto esistenziale, dove le nostre vite sono cambiate all’improvviso lasciandosi alle spalle praticamente tutto, per chi con la musica e di musica vive, non è stato facile. Da quando è iniziato questo isolamento, ciò di cui ho sentito più la mancanza è il brivido da live e come me probabilmente tutti quelli che non si limitano ad “ascoltare” un brano, ma a “viverlo” sulla propria pelle, sudando e ondeggiando su quella melodia che ti ha consumato le orecchie.

Quando a febbraio è uscito a sorpresa Forme complesse dei Fine Before You Came, sono riuscita a intravedere quel barlume di speranza che fino ad allora mi era stato completamente tolto. Un lavoro anticipato ai fan prima dell’uscita ufficiale con un’unica traccia condivisa attraverso la newsletter della band. Nessuna possibilità di skippare, di scegliere che pezzo ascoltare. Il primo tuffo nelle sette tracce di Forme Complesse è stato come un regalo inatteso, un ascolto tutto d’un fiato.

A quattro anni di distanza da Il numero sette, la band milanese ci regala un gioiello figlio dei nostri tempi, un disco profondamente intimo registrato tra settembre e febbraio al Bleach Studio Recording di Gittana. Un lavoro che sembra lontano da ciò che siamo abituati a sentire da loro, ma capace di esprimere il presente con la consapevolezza lacerante della maturità.

Fine Before You Came - Forme Complesse HQ

L’album si apre con Gittana, una linea melodica che culla, facendo luce sulle crepe di un inverno ostinato, troppo lungo e ancora troppo vicino. Le promesse lasciano il posto all’instabilità dei sentimenti e delle situazioni, alla consapevolezza che nonostante tu voglia bastare a te stesso la solitudine apre un vuoto che ti fa sentire ancora più freddo. Così come il distacco di Acquaghiaccia dove è la delusione e la perdita a scandire un brano che si sviluppa lentamente per poi aprirsi come in una catarsi. Nelle sonorità acustiche di Piano Impreciso lo scroscio della pioggia e la delicatezza fa da sfondo a un testo profondamente intimo, che si domanda quel che in fondo ciascuno di noi si è chiesto almeno una volta nella vita: “Ma tutto questo agitarsi, alla fine, a che pro?”.

Adattamento, rapporti, sentimenti: se il testo della title track ti entra dentro quasi come un mantra “Capire se è facile quando calza a pennello oppure adattarsi alle forme complesse”, la voce spezzata di Jacopo Lietti in “Interludio con vento” sembra chiudere l’album con la tenerezza di un abbraccio.

Forme complesse”è l’anestetico per le ore più buie. La rabbia c’è ma si è trasformata in qualcosa che non viene urlato, ma sussurrato quasi sottovoce. L’angoscia di una quotidianità che si rivela nelle mancanze e nella precarietà dell’esistenza, alla ricerca di “vuoti da non dover colmare mai” (Gittana) , punti di riferimento persi, immagini nostalgiche sbiadite dal tempo. Ancora una volta la poetica dei Fine Before You Came è lo specchio di una vita vissuta visceralmente, lontano dalla superficialità e dall’hype del momento. Un viaggio sofferto, dalle tinte cupe che con sonorità slowcore ritrae la fragilità, l’errore e l’incertezza, facendo sentire meno solo chi a questi tempi sembra non appartenere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.