Umberto Maria Giardini racconta “Senza eredità”, l’ultimo capitolo di Moltheni

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A undici anni di distanza dalla raccolta finale Ingrediente novus, Umberto Maria Giardini pubblica un nuovo album stavolta con la firma di Moltheni. Il disco, intitolato Senza eredità, è uscito l’11 dicembre a cura dell’etichetta discografica La Tempesta Dischi ed è disponibile in LP, CD e in digitale.

Autore dalla scrittura trasversale e sempre riconoscibile, Moltheni è ritenuto uno dei punti di riferimento del movimento alternativo degli ultimi vent’anni. “Senza eredità” è costituito da undici canzoni, piccole pietre preziose concepite nel 1998 e recuperate poi per questo speciale progetto dal musicista marchigiano. Le atmosfere racchiuse nei brani raccontano alcune sfere emotive dell’animo umano colorate da sfumature dal pop al rock, dal folk alla psichedelia che caratterizzarono la cifra stilistica di Moltheni. Dopo un anno di lavoro UMG pubblica il capitolo finale di Moltheni proponendo al suo pubblico componimenti pacati e incantevoli, autentici e intimi che indurranno sorrisi e anche un pizzico di nostalgia ai tanti estimatori che lo hanno seguito nel corso della sua lunga e prolifica carriera artistica.

Credits: Avida Dollars

L’album Senza eredità è uscito nel mese finale di un anno molto complicato per l’umanità intera in cui ancora è difficile scorgere barlumi di normalità. La musica può essere essere per chi l’ascolta un’ancora di salvezza o semplicemente un rifugio. Come dice lui stesso, da noi contattato per raccontarci quest’ultimo lavoro: “Usciamo da un anno nefasto che ha portato l’umanità verso qualcosa, un medioevo nero. Tutto questo ovviamente ha toccato anche a me, ma non per questo mi ha scalfito. Mi considero una persona serena e concentrata, guardo ciò che mi circonda e cerco di trovare sempre la strada più onesta e sincera per aiutarmi e per aiutare la mia famiglia a sopravvivere in tutto questo caos. Dubito fortemente che la mia musica abbia in se quel potere di aiutare gli altri; non lo dico per falsa ipocrisia, ma per un sentimento pragmatico che vede oggi il musicista troppo sopravvalutato, se non altro rispetto alla realtà oggettiva che viviamo”.

Molti anni fa chi assisteva ai concerti di Moltheni era circondato da un pubblico adulto. I giovani fuggono da un certo tipo di sensibilità e maturità necessarie per apprezzare un certo tipo di canzoni. “Diciamo che qualsiasi mia produzione, soprattutto dal punto di vista letterale, strizza l’occhio ad un pubblico meno superficiale e più esigente. Questo inevitabilmente coincide con una sorta di maturità, tuttavia ho molti affezionati anche di giovane età, che nel tempo si rinnovano come in un ciclo naturale e benevolo. Ognuno di noi è stato giovane e giustamente più scazzato e superficiale, l’unica differenza sta nel fatto che oggi esiste la rete e la tv spazzatura, di conseguenza i più giovani assomigliano a ciò che mangiano, per questo tutto diventa scadente”.

Senza eredità è un vero e proprio balsamo per l’anima con brani efficaci seppur di breve durata. “Tutto si è sviluppato con la precisa volontà di fare le cose così come erano, così come furono scritte, senza secondi fini. I brani ripescati che compongono l’album erano così, e così sono rimasti. Non ho voluto stravolgere le cose, ma definirle, completarle e migliorarle nelle operazioni di registrazione, tentando di far riemergere le emozioni originali, a costo di rendere tutto il disco fuori moda, ma se non altro sincero, autentico”.

La copertina di Senza eredità è incredibile e sembra suggerire al pubblico che si tratta di un lavoro autobiografico. “È opera di Poison, un mio caro amico che ha il pallino dei collage. Me lo ha fatto scoprire la mia compagna che si occupa di editoria indipendente e appunto di questa sua curiosa applicazione. Il tamburino al centro mi rappresenta a pieno, come musicista e capo della banda che tiene il tempo, poi tutto il resto è il riassunto della mia vita e del contenuto dell’intero disco; un disco fatto di amori, di vicende, di dolore e di tanta tantissima acqua passata sotto il mio ponte con i suoi inevitabili cadaveri galleggianti”.

In La mia verità ad un certo si legge: Cammina piano/ non è altruista/e non proietta ombra/lo sciocco ride e intanto/ il ricco compra /cavalca l’onda per stare in piedi. Fa una certa impressione ascoltare la canzone e pensare alla società moderna consumistica di oggi. “Descrivo ciò che vedo, ciò che siamo e forse, come ho già fatto in passato, prevedo cosa diventeremo..”. C’è anche l’amore in Ester che ospita questi splendidi versi: La tua pelle come latte di perle/ dentro a un cielo con le stelle/ ed io povero come un dio/ a cui non restano nemmeno quelle/ tienimi forte/ chiudi le porte. “È mia madre mischiato a tutto ciò che nel bene e nel male sono io oggi. Il suo riflesso”.

UMG e Moltheni sono due percorsi distinti. “Moltheni, Pineda, UMG, e Stella Maris sono tutte miei figli/e, simili ma estremamente diversi fra di loro. Hanno il denominatore comune della scrittura, poiché derivano dalla mia testa e dalla mia penna, ma non per questo bisogna confonderli. Vivono di luce diversa e ne riflettono (di conseguenza) una diversa. Tutto si assomiglia, tutto è diverso, basta cogliere le sfumature poichè sono loro assieme ai dettagli che spiegano tutto in modo semplice”. Moltheni è una realtà legata al passato. “Se per un attimo mi fermo e ci penso, confesso che mi mancano quegli anni meravigliosi, oggi ancor più amplificati dallo schifo della nostra epoca più recente. È però anche vero che non ho nessuna nostalgia legata a Moltheni, ero così giovane e sciocco. Adoro l’idea di essere invecchiato, se oggi fossi giovane sarei come tutti i miei ipotetici coetanei in balia degli eventi, incapace di fare qualcosa e vittima del presente. Sono stato molto fortunato a vivere quel periodo spensierato e imparagonabile a oggi. Mi mancano i miei genitori, non Moltheni.”

Talvolta capita che la figura del cantautore venga equiparata a quella del poeta. “Condanno quando si affibbia questo paragone a coloro che non hanno assolutamente i meriti per una tale definizione. Oggi tutti si occupano di tutto, tutti danno un giudizio su tutto, e non esistono più materie specializzate in cui si riconosca l’autorevolezza dell’interlocutore. Fabrizio De Andrè era un poeta, Francesco Guccini, Sergio Endrigo, tanti personaggi che hanno fatto la storia della musica italiana lo erano non di certo quelli che sono attualmente nella classifica delle vendite”. Oggi emozionarsi per una poesia, una canzone o un opera d’arte è diventato quasi impossibile. L’artista stesso può a sua volta provare amore e dolore. “A me capita regolarmente, credo però che sia determinato, condizionato e aiutato dalla mia cultura e da ciò che sono. Tutto è diverso e tutto cambia nella vita di una persona in rapporto alla stessa vita che ha vissuto. Oggi le esperienze che hanno vissuto coloro che hanno più di trent’anni non sono (se pur momentaneamente) ripetibili, questo comporterà una nuova fisionomia delle generazioni più giovani, molto distante da tutti noi. Questo processo è sempre accaduto, ma quest’epoca lo ha ancor di più marcato; è la rete che ha distrutto tutto, liberando il mercato e aumentando assieme al caos generale la fame di soldi”.

Cover image, credits: Avida Dollars

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