L’Isola delle Rose: la folle esperienza nel nuovo film di Netflix

Paradiso fiscale, isola anarcoide, luogo per hippy, mitica esperienza irripetibile. Se ne sono dette tante del particolare esperimento che l’imprenditore bolognese Giorgio Rosa decise di attuare nel 1968 nelle acque internazionali tra Italia e Paesi slavi. Una semplice piattaforma montata su dei pilastri fissati sul fondo marino. Quel che di sicuro non si discute in questa vicenda è il coraggio, accompagnato da una certa visionarietà, dietro a un progetto del genere. Ed è proprio attorno a questo che ruota il secondo film di Sydney Sibilia, prodotto da Groenlandia e distribuito da Netflix.

Il contesto è un’Italia molto ingessata, ancora di forte matrice democristiana, fatta di politici a diretto contatto con cardinali che ammoniscono il Presidente del Consiglio per “un culo su un giornale perché poi ognuno può fare quello che vuole”. Sono atmosfere che richiamano la doppia morale de Il Divo di Paolo Sorrentino, seppur raccontata in maniera diversa. Un contesto, dunque, dove un sognatore pragmatico come Giorgio Rosa non può essere capito, figurarsi vivere a proprio agio.

Sydney Sibilia lo spoglia da eroismi che facilmente gli si potrebbero cucire addosso ed Elio Germano lo rappresenta in tutto il suo essere uomo; non sarebbe strano se lo studio attoriale fosse lo stesso fatto per la fiction su Nino Manfredi.

Sarebbe infatti troppo semplice raccontare Rosa come un granitico e spregiudicato personaggio che nulla teme e nulla sbaglia. Ciò che coinvolge è proprio l’inserimento della componente umana, che mostra l’essere con la testa tra le nuvole, i maldestri tentativi di aggiustare la televisione dell’ex suocero, la sfiducia davanti alle oggettive difficoltà di organizzare e sviluppare il progetto dell’isola, e la paura davanti ai ricatti e alle minacce a desistere dell’allora ministro Franco Restivo, giunte fino alla famiglia con il padre di Giorgio Rosa che viene messo in “ferie forzate” dall’azienda.

L'Incredibile storia dell'Isola Delle Rose | Trailer ufficiale | Netflix

L’Isola delle Rose nasce dunque per un colpo di testa, ma poi trascina con sé numerosi eventi che si susseguono a catena. I primi due “naufraghi” costituiscono la base organizzativa dell’isola, assieme a Rosa e al ricco socio Orlandini.

Segue la crescente attenzione mediatica che porta alle prime risposte della gente che vuole vivere l’isola, per poi arrivare alle fasi che realizzano l’indipendenza: la scelta dell’esperanto come lingua ufficiale, i primi francobolli, le richieste di cittadinanza… la paura del governo italiano e il viaggio disperato a Strasburgo per tentare il salvataggio della propria creatura.

Alla fine cos’è l’isola? Tecnicamente abbiamo detto una piattaforma su dei pilastri; altrimenti, più che uno Stato indipendente, è uno stato mentale di Giorgio Rosa. È la mente di Giorgio Rosa, una esasperata voglia di fuga, la concretizzazione di quella voglia di evadere che alberga in ognuno di noi.
La corsa a Strasburgo incarna, così, l’estremo tentativo di salvare non tanto gli sforzi fisici ed economici per la costruzione, quanto il valore ideale che questi rappresentano.

Tutto distrutto dopo appena un anno dalle ciniche flotte navali dell’esercito italiano che  si vedono costrette a far sgomberare l’isola e a distruggerla con dell’esplosivo alle fondamenta.

L’interpretazione del Ministro degli Interni, Franco Restivo, da parte di Fabrizio Bentivoglio (una certezza per il nostro cinema) ci mostra tutta la cattiveria corrosiva, ma anche tutta l’impotenza di quel sistema incapace di rispondere a situazioni del genere. Germano e Bentivoglio interpretano infatti due personaggi agli antipodi: timido e idealista il primo, arrogante e autoritario il secondo.

Sydney Sibilia passa dunque dalla disperazione dei plurilaureati incompresi di Smetto quando voglio a raccontare di un sistema cattivo in un senso più carnale e diretto, che alla propria cecità reagisce con una violenza più efferata ma non per questo più dannosa di quella del film precedente.
E chissà se oggi Giorgio Rosa avrebbe fatto parte della banda dei ricercatori.

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