A poche ore dalla triste notizia della morte di Ennio Morricone, compositore italiano e autore di alcune delle colonne sonore che rimarranno per sempre indelebili nella storia del cinema mondiale, è doveroso ricordare la sua personalità straordinaria. Anche in modi fuori dall’ordinario. Ad esempio a partire dal necrologio che lui stesso ha scritto prima di morire.
“Io penso che, quando fra cento, duecento anni, vorranno capire com’eravamo, è proprio grazie alla musica da film che lo scopriranno.” – Recitava in uno dei suoi discorsi di premiazione più famosi. Nel suo necrologio Ennio Morricone evidenzia più volte la gratitudine nei confronti di chi lo ha sempre seguito e amato, come se alla fine di tutto fosse lui quello in debito con noi, e non il contrario.

Una serie di ringraziamenti sinceri che verso la conclusione del messaggio prendono le sembianze di una dichiarazione d’infinito amore per la compagna Maria. Ciò che ci sentiamo di fare oggi leggendo il suo necrologio, è di conservare per sempre le sue ultime frasi che, unite alle sue composizioni, suonano come una melodia unica e indescrivibile, simbolo di un uomo tanto celebre quanto umile. La sua interminabile carriera come direttore d’orchestra e compositore ha toccato moltissimi generi, dal teatro alla radio, raggiungendo il suo picco di notorietà nel settore del cinema, che ha permesso a Morricone di riempire la sua bacheca con trionfi di ogni tipo. Tra i premi più importanti si ricordano: il Leone d’oro e l’Oscar alla carriera, 8 Nastri D’argento, 5 BAFTA, 2 vittorie agli Oscar, 7 David Di Donatello, 3 Golden Globes, 1 Grammy e 1 European Film Award.
Se ne va quindi Ennio Morricone, forse il rappresentante più eletto della cultura e della musica italiana. Era un uomo dotato d’ironia e disarmante autocritica. Ha scritto canzoni pop, colonne sonore da film, musica da camera, componimenti sinfonici. Era allievo di Petrassi e cominciò fin da giovane a sperimentare i propri suoni. Per primo utilizzò della musica preregistrata, segnando una sorta di iniziazione verso la musica elettronica. Poi ha diretto l’orchestra della RCA italiana per molti anni, ma ha diretto anche l’orchestra di canzoni che sono entrate nell’immaginario collettivo, una su tutte Se telefonando di Mina.
Successivamente il riavvicinamento con Sergio Leone, suo caro e vecchio amico. Partendo con la realizzazione di Per Un pugno di dollari, i due hanno dato vita a un sodalizio artistico che non ha eguali: da allora la musica non è stata più la stessa. La capacità che più rimpiangeremo di Ennio Morricone risiede nell’aver saputo trasmettere significati mai banali attraverso le sue canzoni, il tutto accompagnato dall’infinita grazia di cui le sue melodie sono dotate. Ha scritto musica d’avanguardia, centinaia di componimenti e anche saggi sull’armonia, ma prima di tutto era un uomo del popolo. Tifava Roma ed era innamorato della città in cui è nato, e una delle cose che apprezzava di più era proprio uscire per le strade della città eterna e perdersi nel suo fascino. Un legame intenso con questa città di cui Morricone è riuscito ad estrapolarne la bellezza, trasmettendola a sua volta all’interno delle sue composizioni divenute anch’esse eterne, proprio come viene soprannominata la città che lo ha cresciuto.
Poco più di quattro anni fa – esattamente il 27 febbraio 2016 – Hollywood onorava il più grande compositore cinematografico italiano di tutti i tempi, Ennio Morricone, con uno dei riconoscimenti più ambiti al mondo: la stella sulla celebre Walk of Fame. In prima fila alla cerimonia, tra gli altri, vi era il regista Quentin Tarantino, per il quale il compositore sviluppò la colonna sonora candidata al premio Oscar nel film Hateful Eight.
Nessuno sa dire con esattezza quante siano state effettivamente le colonne sonore che hanno preso vita nei suoi variegati cinquant’anni di carriera, anche se il numero si aggira intorno a quattrocento. Una passione e una naturalezza che hanno permesso al compositore di entrare a testa alta nell’olimpo dei più grandi, portando con sé anche quel pizzico di italianità che fieramente ha mostrato durante il discorso di premiazione agli Oscar in mondovisione. Tuttavia, la stessa italianità – rappresentando lo specchio del patrimonio civile e culturale italiano – è anche quella che pochi mesi dopo la premiazione ha spinto il gruppo Rai a proporre un lavoro all’artista romano. Si tratta, questa, di un’italianità diversa da quella precedente, potremmo quasi definirla “ingrata”, caratterizzata da un atteggiamento che assume le sembianze della spilorceria, vista l’offerta di diecimila euro che era a malapena sufficiente per coprire le spese del compositore.