Emilio Salgari, l’invisibile padre di Sandokan

Joseph Conrad, Herman Melville, Robert Luis Stevenson. Questi nomi appartengono ad alcuni degli scrittori più famosi del mondo che dopo aver viaggiato in lungo e in largo e visto una moltitudine di popoli e culture, hanno scritto romanzi d’avventura che hanno fatto divertire, e lo fanno tuttora, diverse generazioni. A questo gruppo di persone, in parte, appartiene anche il veronese Emilio Salgari. Diciamo in parte perchè a differenza degli scrittori sopra citati, Salgari, sebbene sognasse di fare il capitano e solcare i mari, non ha mai viaggiato (se non per pochi mesi) lungo l’Adriatico.

Forse, se molti di noi hanno conosciuto, amato e forse da piccoli emulato, le gesta di Sandokan, Yanez e del Corsaro nero lo devono al sogno di Salgari mai avverato. Probabilmente scrivere di avventure piratesche era un modo di colmare quel desiderio che aveva sin da bambino.

Emilio Salgari, dicevamo, non ha mai viaggiato. Ma nonostante ciò grazie all’aiuto di cartine geografiche e racconti di marinai riuscì sempre a descrivere luoghi remoti ed esotici, usi e odori in modo impeccabile.

E probabilmente questa caratteristica fu uno dei punti vincenti del successo immediato de La Tigre di Mompracem, pubblicato tra la fine del 1883 e l’inizio del nuovo anno, in quattro puntate, su La nuova Arena, giornale veronese.

Il protagonista di quelle puntate che più tardi divennero un romanzo unico era Sandokan: pirata Malese dalle nobili origini che combatteva contro il colonialismo repressivo britannico di James Broke. Salgari, offre al lettore una precisa descrizione de La Tigre di Mompracem, soprannome del pirata:

“In quella stanza così stranamente arredata, un uomo sta seduto su una poltrona zoppicante: è di statura alta, slanciata, dalla muscolatura potente, dai lineamenti energici, maschi, fieri e d’una bellezza strana. Lunghi capelli gli cadono sugli omeri: una barba nerissima gli incornicia il volto leggermente abbronzato. Ha la fronte ampia, ombreggiata da due stupende sopracciglia dall’ardita arcata, una bocca piccola che mostra dei denti acuminati come quelli delle fiere e scintillanti come perle; due occhi nerissimi, d’un fulgore che affascina, che brucia, che fa chinare qualsiasi altro sguardo.”

I romanzi che hanno come protagonista Sandokan vengono pubblicati nell’arco di trent’anni: come abbiamo detto, la prima pubblicazione è datata 1883 e invece l’ultima 1913 e si dividono in tre cicli:

  • I Ciclo
    • La tigre di Mompracem
    • I misteri della Jungla
    • I pirati della Malesia
    • Le due tigri.
  • II Ciclo
    • Il re del mare
    • Alla conquista di un impero
    • Sandokan alla riscossa
  • III ciclo
    • La riconquista di Mompracem
    • Il bramino dell’Assam
    • La caduta di un Impero
    • La rivincita di Yanez (postumo)

Questo personaggio, che più di un secolo dopo fu anche protagonista di film e cartoni animati, fu anche oggetto di studio.

La ricercatrice dell’università di Amburgo, Bianca Gehrlich, attraverso ricerche storiche, geopolitiche e geneologiche affermò che alle basi delle avventure del pirata ci fossero solidi fatti storici.

Infatti, riuscì a risalire ad un comandante navale cui nome era Sandokong, braccio destro del principe Syarif Osman. Il capitano, in comune con il personaggio letterario, aveva il simbolo, la bandiera rossa con la tigre, e soprattutto gli anni degli avvenimenti narrati, i luoghi e ciò che i due combattevano: il colonialismo britannico di Broke.

Inoltre, il nome proprio di Sandokan è l’unione tra Sandokong e Sandakan, piccolo territorio Malese.

Come avesse fatto l’autore, mai uscito dai confini italiani, a risalire a questi fatti in un periodo in cui non esistevano motori di ricerca è ancora un mistero, l’unica ipotesi è che ascoltasse attentamente le narrazioni dei marinai.

Nonostante i romanzi di Emilio Salgari riscuotessero sempre più successo, soprattutto tra gli studenti, gli ambienti letterari trattarono sempre con snobismo e indifferenza lo scrittore . Per i canoni dell’epoca la scrittura di Salgari, pregna di avvenimenti, dialoghi e morti violente, risultava stonata. Solo il futuro sentenziò che quello stile narrativo fosse estremamente moderno e “cinematografico”.

Se la vita dei personaggi era avventurosa e si svolgeva in luoghi esotici e lussureggianti quella di Salgari, nonostante fu nominato dalla regina Margherita di Savoia, Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, era pregna di monotonia e tristezza. Suo padre si suicidò gettandosi da una finestra e a causa degli scarsi compensi che le case editrici gli concedevano era sempre immerso nei debiti.

Intanto a fine 800 si trasferì a Genova, sotto consiglio dell’editore dell’epoca, e fu proprio in Liguria che scrisse ciò che tuttora è considerato il suo capolavoro: Il Corsaro Nero.

Siamo ai primi del 900 e dopo nemmeno dieci anni di matrimonio sua moglie in preda ad una malattia mentale viene ricoverata in manicomio, è in questo periodo che, per via delle cure costose, la situazione finanziaria si aggrava ulteriormente.

Emilio per gli editori è una gallina dalle uova d’oro e i contratti, tutti a suo sfavore, che gli sottopongono lo obbligano a scrivere tre libri l’anno. Passa le giornate a scrivere, bere vino e fumare più di cento sigarette giornaliere. A causa del forte stress a cui è sottoposto, ai debiti e alla frustrazione di non essere considerato un vero scrittore da colleghi e critici inizia il suo declino psicologico. Nel 1909, in una lettera indirizzata ad un amico, scrisse:

“La professione dello scrittore dovrebbe essere piena di soddisfazioni morali e materiali. Io invece sono inchiodato al mio tavolo per molte ore al giorno e alcune della notte, e quando riposo sono in biblioteca per documentarmi. Debbo scrivere a tutto vapore cartelle su cartelle, e subito spedire agli editori, senza aver avuto il tempo di rileggere e correggere.”

Così il mattino del 25 aprile 1911 lascia tre biglietti sul tavolo, scritti tre giorni prima, poi con un rasoio in tasca prende il solito tram per dirigersi verso i boschi di Val San Martino, luogo in cui la famiglia Salgari soleva fare pic nic. Da quel mattino più nessuno vide lo scrittore che grazie alla fantasia viaggiò e fece viaggiare.

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