Luis Sepùlveda: racconto di una vita di lotte e calamaio

Il Coronavirus ha portato via all’umanità lo scrittore Luis Sepùlveda, ma considerando la qualità dei contenuti delle sue opere possiamo affermare che queste abbiano consegnato lo scrittore cileno all’immortalità.

Quando si parla di questa personalità non si può non pensare a un sentimento come la solidarietà, solidarietà che diventa presa di coscienza e che, a sua volta, diventa lotta politica. Ed è stata proprio l’attività politica che ha permesso a Luis di vivere una vita avventurosa degna di un racconto di Salgari. Questa, la motivazione per cui racconteremo Luis Sepùlveda come se fosse il protagonista di un racconto d’avventura, una favola o una fiaba. Il racconto di una vita, una vita tra le lotte e il calamaio

All’inizio di questa storia però non troviamo nessun regno incantato, e nemmeno fate, orchi e animali parlanti. C’è la Spagna franchista, dittatura militare ispirata al fascismo salita al potere dopo la guerra civile, e c’è Gerardo Sepùlveda, un anarchico costretto a fuggire dalla sua nazione per via della condanna a morte che cade sulla sua testa a causa delle ideologie politiche.

Qualche anno più tardi anche suo figlio, insieme all’amata in attesa, è costretto a fuggire sempre per cause politiche, così, accade che durante la fuga lei partorisce un bambino di nome Luis.

Quel bambino cresce insieme al nonno in esilio e suo zio, anche lui anarchico, e sono proprio queste due figure che gli fanno conoscere autori come Conrad, il Salgari di cui parlavamo prima e Melville.

A 15 anni si iscrive al partito Comunista e inizia a scrivere racconti grazie al quale vince una borsa di studio per andare a studiare all’università di Mosca.

Il soggiorno in Russia dura cinque anni e al suo ritorno invece di tornare in patria decide di aderire all’Esercito di Liberazione Nazionale, organizzazione guerrigliera fondata nel 1966 da Ernesto “che” Guevara per rovesciare la sanguinaria dittatura di Renè Barrientos Ortuno.

Tornato in Cile continua a scrivere racconti e a lavorare nei teatri e nelle radio. Ma oltre a queste attività non abbandona la vita politica, infatti si iscrive al partito Socialista ed entra a far parte delle guardie personali di Salvador Allende. Quando Pinochet attua il colpo di stato Luis è nel palazzo presidenziale, e mentre Allende viene ucciso lui viene fatto prigioniero per sette mesi in una cella così piccola nella quale risultava impossibile anche sdraiarsi. Durante questi mesi il futuro scrittore subisce anche torture.

Dopo essere stato liberato, grazie alle continue pressioni dell’Amnesty International, riprende le attività artistiche interrotte, ma a causa della notorietà non sfugge alla corte militare che giudica desaparecidos chiunque sia reputato un corpo “anti-governativo”. La sentenza disse ergastolo, ma anche in quel frangente grazie all’Amnesty International dopo due anni fu liberato.

Sono ancora lontane le pubblicazioni come romanziere e nel 1977 il governo di Falldil gli concede asilo politico in Svezia, paese in cui avrebbe dovuto insegnare la lingua spagnola. Luis prende l’aereo ma al primo scalo devia per dirigersi in Uruguay: infatti molti suoi amici in quel territorio sono prigionieri politici e lui vuole fare qualcosa. Anche questa volta entra in combutta con gli organi politici territoriali ed è costretto a spostarsi.

Negli anni a venire, prima insieme all’UNESCO, va nei luoghi più remoti della terra per studiare l’impatto della civiltà sugli Indios. E poi, si stabilisce in Nicaragua per appoggiare la rivoluzione e per svolgere l’attività giornalistica.

Seguono anni più tranquilli, sempre svolgendo l’attività giornalistica vive tra Amburgo e la Francia, ed è a fine anni 80 che pubblica una delle sue opere più famose: il romanzo breve Il vecchio che leggeva romanzi d’amore. Il libro narra le vicende di Antonìo Jose Bolìvar, ex colono bianco che vive in solitudine nella foresta amazzonica. Attraverso quest’ultimo Sepùlveda affronta temi come l’amore, la solitudine e il dolore, e lo fa con estrema leggerezza e semplicità.

Tra racconti, romanzi e reportage lo scrittore cileno vanta più di trenta pubblicazioni e tra queste ricordiamo: Storia della gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, che ebbe subito risonanza mondiale, Diario di un Killer sentimentale, Patagonia express, e Appunti dal Sud del mondo.

Luis Sepùlveda ha affrontato temi come la nostalgia, la gentilezza, l’amore, la solidarietà e soprattutto la lotta contro le ingiustizie e la violenza del potere costituito.

Certo, qualcuno dirà che questi non siano temi originali, nulla di nuovo, argomenti già affrontati in precedenza da altri e illustri colleghi, però forse, ciò che ha reso speciale le opere di Luis è stata la semplicità con cui ha descritto le tematiche citate poc’anzi.

A primo impatto i racconti dello scrittore cileno, per semplicità e stile narrativo, potrebbero sembrare indirizzati ad un pubblico di bambini, però con un po’ di attenzione potremmo renderci conto che i destinatari delle sue parole sono anche e soprattutto gli adulti. Forse perchè ogni età potrebbe essere quella giusta per osare, scoprire e scoprirci e lui aveva intuito che la semplicità fosse uno dei maggiori mezzi per incoraggiare ciò, un po’ come fece il gatto Zerba in “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” con la stessa gabbianella.

«Sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante» miagolò Zorba. «Ah sì? E cosa ha capito?» chiese l’umano. «Che vola solo chi osa farlo» miagolò Zorba.

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