La storia del vero Sully che ispirò il film di Clint Eastwood

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Il prendersi le proprie responsabilità è tema assai discusso nel tessuto sociale non soltanto italiano, ma europeo ed occidentale. L’epoca post-moderna, coi suoi tanti gadget ed ammennicoli vari, ci ha trasformato in esseri “leggeri” e privi di qualsivoglia serietà. Basta buttare un occhio sull’estro politico dei nostri tempi per capire in che razza di guai siamo: tutto viene sintetizzato in 280 caratteri e l’approfondimento è diventato per noiosi o – nel peggiore dei casi – “fessi”, proprio perché non considerato più una forma di sedimentazione del sapere. Chi è oggigiorno che si prende il lusso di andare a cercare un termine sull’enciclopedia o sul vocabolario cartaceo?

Questa velocità a tutti i costi ha contribuito in modo determinante nel farci perdere attenzione non soltanto per le piccole cose, ma anche a volte nel nostro lavoro. Innumerevoli sono i casi di licenziamento proprio per questa ragione: un ipotetico multitasking mentale che non è possibile sopportare con continui ed incessanti impulsi che vengono dai nostri apparecchi elettronici. Il disturbo da deficit di attenzione (in inglese ADHD), che prima si presentava solo nella pre-adolescenza, ora può rappresentare a qualsiasi età un problema che solo in seguito muta nel patologico.

Vi chiederete che cosa c’entrano le due cose in un arco più ampio. In realtà sono strettamente collegate. Perché è proprio dove scarseggia l’attenzione che nascono i problemi: prendete il nostro Belpaese, dove ad esempio mentre affonda una nave il capitano al posto di occuparsi dei passeggeri se la dà a gambe, o le miriadi di incidenti stradali, dove spesso e volentieri chi commette reato scappa senza impudenza.

In tutto questo oscurantismo morale però esistono sempre migliaia di eccezioni che ancora una volta ci fanno confidare in una umanità “positiva”. Uno di questi è un caso che ha talmente tanto dell’incredibile da non sembrare reale: una storia di cui Clint Eastwood, principe assoluto delle storie americane, si è occupato nel suo film del 2016, Sully. In una continua riflessione, l’opera attraversa le giornate del comandante Chesley Sullenberger detto “Sully”, interpretato magistralmente nel film da Tom Hanks, prima del processo tenuto dalla commissione d’inchiesta dell’ente areonautico per sospette omissioni nel seguire il protocollo durante un incidente di cui a quei tempi si parlò ampiamente: l’ammaraggio dell’aereo da lui pilotato sul fiume Hudson, a Manhattan, New York. Il primo caso in assoluto della storia dell’aviazione in cui, con una manovra così altamente rischiosa, il comandante e il co-pilota Jeffrey “Jeff” Skiles riuscirono a trarre in salvo tutti i 155 i passeggeri.

L’immagine dell’aereo sul fiume coi passeggeri salvi

Un disastro evitato, quel 15 Gennaio 2009, quando il volo US Airways 1549 parte in mattinata dall’aeroporto Fiorello LaGuardia di New York, destinazione Seattle. Appena decollato, l’Airbus A320 centra uno stormo di oche che danneggia seriamente entrambi i motori. La situazione si fa seria, l’aeromobile è ancora sopra la città di New York, e sembra chiaro quasi immediatamente che non ci sarà possibilità di virare su qualche altro aeroporto vicino. Così Sully ed il suo co-pilota si trovano nella complicatissima situazione di dover prendere una decisione complessa, valutando cosa è possibile e cosa no, per evitare il disastro e la perdita di vite umane. In neanche tre minuti determinano la manovra che li trarrà in salvo, con una temperatura dell’acqua proibitiva, ma che grazie al tempestivo intervento del personale di sicurezza della città non peserà più di tanto. Con l’aiuto anche dei traghetti per turisti che stazionano nelle acque, tutti i malcapitati vengono raccolti, in soli ventiquattro minuti.

Ma chi è veramente questo eroe mite che è riuscito in una impresa senza precedenti? Nato in Texas ma di origini svizzere, Sully è da sempre appassionato di aviazione e già dall’adolescenza impara a volare su dei piccoli aerei Aeronca. Dotato di un quoziente intellettivo sopra la media, riesce a conseguire una laurea triennale alla United States Air Force Academy ed in più riesce a raggiungere il traguardo di due Master in altrettante università in Pubblica amministrazione e Psicologia industriale. Entrato nell’aviazione americana, presta servizio sia in patria che all’estero, dove ottiene il grado di capitano ed in seguito viene assunto dalla Pacific Southwest Airlines, poi divenuta US Airways ed ora confluita nella American Airlines. La sua militanza nella compagnia durerà trent’anni, dal 1980 al 2010.

In una New York post-11 Settembre, l’impresa risulterà assai sentita dalla popolazione, che incoronerà subito Sully come eroe cittadino. Ma nonostante tutto, il capitano dovrà passare sotto le forche caudine di una commissione d’inchiesta poco incline ai facili entusiasmi, sostenendo che, secondo le simulazioni di volo effettuate, dopo il malfunzionamento si sarebbe potuto addirittura rientrare all’aeroporto di partenza. Tutto ciò gli causerà seccature di vario genere, tra cui insonnia, brevi stati di assenza dove ripercorre attraverso i flashback l’incidente, ma soprattutto un disturbo da stress post-traumatico.

Quel che Sullemberger e Skiles dovranno far presente con forza, però, è che le cosiddette simulazioni non hanno calcolato il tempo indispensabile per arrivare a delle decisioni utili ed efficaci in una situazione di estrema emergenza. Così, durante il processo, i due spingeranno per aggiungere alle simulazioni un lasso di tempo di trentacinque secondi, indispensabili ad un essere umano per ragionare lucidamente e definire la strategia di salvezza in una situazione ad alto stress emotivo come quella. Da qui tutte le simulazioni danno ragione ai due, che vengono immediatamente scagionati dalle possibili accuse.

È sempre sorprendente come a volte ci si accanisca sulle persone sbagliate solo per mera cupidigia, spinti da un sentore di imbroglio a qualunque costo. Sullemberger e Skiles riceveranno tutti gli onori del caso dalla città ed il capitano verrà ricevuto sia da George W. Bush che da Barack Obama, che lo inviterà addirittura al suo insediamento alla Casa bianca. L’ultimo volo che Sully effettuerà sarà dalla assolata ed umida Florida alla Carolina del Nord, dove lo accoglieranno alcuni passeggeri dell’atterraggio nell’Hudson ed il suo oramai amico Jeff Skiles.

Chesley Sullenberger, Clint Eastwood e Tom Hanks

Una vita così piena ed avventurosa convince il capitano a scrivere un libro, dove oltre all’incidente parla della sua vita, compreso l’amore per le sue due figlie e la moglie Lorraine, affrontando anche un tema scottante come il suicidio del padre, che spingerà l’aviatore a diventare un militante per la prevenzione dei suicidi. Una esistenza straordinaria di un uomo retto ed altruista, edificatore di una storia personale che richiama quella massima di un assoluto genio del teatro nostrano: quel Carmelo Bene che insistette con ferocia nel cercare di far diventare ognuno di noi dei capolavori.  

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