Per chi non se ne fosse accorto il cambio di secolo ha sancito in modo inequivocabile che la musica è diventata il regno dei topi da biblioteca, anzi dei topi da studio. Ragionamento ad ampio respiro, certo.
Ma chi ha perso la bussola restando intrappolato nelle maglie del 900, nella sua idea di “band” e di musica dal vivo, perde il senno in polverose e sterili riflessioni sulla legittimità di appartenenza dei Dj al mondo musicale e si è perso l’avvento, dal quel campale orizzonte che sono le dance floor, di artisti del calibro di Armin Van Buuren, Skrillex, Tiesto, la star Calvin Harris, il celeberrimo David Guetta o proprio quel Joel Thomas Zimmerman, in arte Deadmau5 di cui parlerò qui per primo. Per passione personale soprattutto.
Premessa
Attenzione, il grosso del fenomeno è scoppiato intorno al 2013: pochi anni prima l’EDM “tradì” l’underground e si impossessò del Pop e i nomi qui sopra sembravano davvero i nuovi dèi. In questi anni si sta osservando se non un declino, quanto meno una separazione: da una parte il prepotente ritorno all’underground e alla house “verace”, dopo le sbornie commerciali di metà decennio, e dall’altra il progressivo ritirarsi dei protagonisti dietro le quinte del music business, in veste di produttori certo, ma sempre più defilati, complice anche l’anagrafe, deus ex machina degli artisti di punta.
Resta valida però la tesi iniziale. La figura del musicista è radicalmente cambiata assieme alla cifra dei millenni davanti agli anni. Dagli stadi agli studi, definitivamente. Figure ormai mitologiche imperversano ovunque, uomini dalla testa di topo protagonisti dell’olimpo musicale, pronipoti della primigenia musa, incrocio evolutivo tra le diverse entità che da sempre hanno riempito la scena: sia musicisti che tecnici, sia compositori che uomini di spettacolo. Vengono chiamati seccamente “Produttori” e sono i nuovi alchimisti del suono, capaci di creare dal nulla delle fredde cablature, fenomeni sonori dalla diffusione internazionale.
Fu la splendida intuizione di Madonna nel 2009 quando arruolò Benny Benassi per remixare Celebration, ed ancora oggi per rinverdire il sound e trovare nuova linfa vitale, questi talentuosi nerd sono i nuovi oracoli da invocare direttamente nelle loro anguste mura stipate di attrezzature pilotate da un fedelissimo software, estensione digitale della loro volontà: una visione alla Cronenberg, connazionale del nostro Deadmau5, che alle soglie del nuovo millennio mise in scena il profetico eXistenZ (1999).
Deadmau5
Alcuni di questi hanno un’importante seguito e a mio parere un interessante patrimonio: credo Deadmau5 sia virtuoso esempio di una poliedricità compositiva che ancora oggi fa più di 3 milioni di ascoltatori al mese su Spotify (neanche tantissimo rispetto ad Armin Van Buuren o Skrillex o ai 32 milioni di Calvin Harris). Il suo ultimo singolo COASTED uscito il 22 novembre conferma uno stile inconfondibile, dinamicamente in bilico tra elettronica classica e moderna.
Evoluzione compositiva
La EDM non è certamente il luogo di elezione ove il nostro immaginario vada spontaneamente a collocare i talenti compositivi. Vista dai più (e per lo più a ragione) come devastata da operazioni modaiole con produzioni musicalmente povere, il lavoro dei “Producers” riesce a ribaltare questa percezione nobilitando il genere e confermando che il nostro palato sonoro non fa distinzioni di provenienza, semplicemente appetendo ciò che stimola le papille auricolari.
Non solo. L’attività del nostro Zimmerman (e in questo caso non “parlo sempre di Bob Dylan” come mi accusa Simonetta Collini DJ della storica Radio Parma) ha sempre giocato con i generi, diventando di difficile catalogazione ma di sorprendente riconoscibilità e personalità.
Si può parlare della electro house degli inizi, della prog house evolutiva degli album della maturità (2009-2012) o perfino successivamente di una techno al servizio di composizioni ariose, ambientali e dalla spiccata vocazione lirica. Il marchio di fabbrica, la mano, resta sempre quella di un inconfondibile faccia da topo tra luci strobo e folle che si agitano sulla pista.
Visioni techno
Brani come Faxing Berlin (“At Play” 2009) parte del primo contratto con “Play Digital”, come Brazil – 2nd Edit (“Random Album title” 2009) dalle forti tinte techno che segnarono il debutto con la sua Mau5trap (distribuzione Ultra Music) o la micidiale Strobe (“For Lack of a Better Name” 2009), colpiscono il nostro immaginario e contengono visioni sintetiche di grande impatto estetico in un contesto “progressivo” e al contempo raffinato. Se dovessi nominare un campione di eleganza questo disco sarebbe “>Album Title Goes Here<” (2012 Ultra, Parlophone) con autentiche delizie quali “There might be Coffe” o “Sleepless”. Deadmau5 vive di analogie: commerciale ma profondo, melodico ma non immediato, semplicità come sintesi di lavorazione.
La cura ossessiva del suono
Fin dagli inizi, passando per l’indipendenza produttiva e arrivando alle distribuzioni importanti, appare evidente un aspetto assolutamente fondamentale: Deadmau5, come tanti della sua genìa, è un maniaco del suono.
L’ossessiva ricerca dell’impatto e delle sfumature sonore attraverso i mezzi e le procedure elaborate è di sicuro suo marchio di fabbrica, oggetto di numerosi seminari, masterclass on line e video didattici dettagliati in modo molto tecnico. Analogico ed elettronico diventano un tutt’uno nelle lunghe sessioni produttive in cui uno stesso segnale passa attraverso valvole, circuiti, effetti e quant’altro serva ad ottenere la consistenza e le tinte desiderate. Mi vengono in mente Some Chords (“4×4=12”) del 2010, Orca (“Vexillology” 2006) agli inizi o Turning Point nella raccolta “At Play”, per arrivare a Snowcone che riprende senza falsi pudori le atmosfere dei Boards of Canada o alla estatica 4ware di “W:/2016ALBUM/”, lavoro del 2016 da lui platealmente ripudiato, realizzato tramite il glorioso Prophet 10, un synth unico, ideale per riprodurre atmosfere “sci-fi” come nell’intenzione originale dell’autore.
Un universo sonoro che sembra inesauribile, passando per la raffinatissima colonna sonora ambient della produzione Netflix “Polar” o dagli innumerevoli EP e remix, tra cui da segnalare è il recente “Here’s the Drop!” del 2019 a firma di nomi molto interessanti, in cui il suo “While 1<2” del 2014, lavoro particolarmente complesso e difficilmente decifrabile, viene rivisto spesso in chiave sinfonica ed è oggetto di radicali rivisitazioni.
Lavori ibridi la cui direzione sembra meno chiara nelle intenzioni ultimamente, ogni due o tre anni si ragiona infatti sulla possibile crisi del mercato EDM in generale e di quello Pop oriented. Come un fiume in piena dal 2010 innumerevoli sono stati i torrenti ad irrigare i generi e gli artisti più disparati. Difficile dire se sia stato il Pop ad andare a cercare l’elettronica o la stessa ad andare a sconfinare nelle charts tradendo gli ambienti nativi e originari, i club e i raduni techno ad esempio, che stanno tornando prepotentemente in auge. Sta di fatto che tale ibridazione diventa sempre più stretta e difficile da districare.
La voce umana
Nonostante tutto le innumerevoli fatiche del produttore canadese sembrano trovare una sintesi perfetta nelle hit in cui lo “human touch” vocale la fa da padrone. Con tanto di featuring e co-produttori, Deadmau5 ama giocare con mondi paralleli o trasversali, rivelando una predilezione per la canzone in forma classica, rivista dalla sua angolatura.
Un grandangolo che non teme il patinato e che ha portato negli anni il nostro topo morto a compilare una playlist di canzoni di tutto rispetto.
Forse è sbrigativo finire un articolo con un elenco di canzoni, ma chi l’ha detto che non si può chiudere un dialogo con un catalogo? E sicuramente avrei sofferto ad ometterne qualcuna. Buon ascolto.
- I Remember feat Kaskade, da “Random Album Title” del 2009;
- Ghosts’n’Stuff feat Rob Swire, da “For Lack of a Better Name” del 2009;
- Raise your Weapon, da “4×4=12” del 2010;
- The Veldt feat Chris James, da “>Album title Goes Here<” del 2012, nello stesso lavoro collaborazioni con Cypress Hill e Imogen Heap;
- Seeya feat Colleen D’Agostino, da “while (1<2)” del 2014;
- Let Go feat Grabbitz, da “W:/2016ALBUM/” del 2016;
- Monophobia feat Rob Swire, da “mau5ville: Level 1” anno 2018.