Edward Hopper: analisi delle sue opere e dei loro significati

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Le linee orizzontali, a differenza di quelle verticali, distendono l’animo umano. Come l’orizzonte, lo pongono in una condizione di calma e di contemplazione.

La chiave estetica dei dipinti di Hopper è “l’orizzontalità” delle linee, in connubio tra scenari scelti e luce.

La luce, protagonista dei dipinti Hopper, avvolge gli edifici, le persone, rendendo le scene assolute e trasmettendone quei momenti silenziosi pieni di vita. Lui stesso diceva:

“Mi interessa più la luce del colore… io sono un realista e reagisco ai fenomeni naturali. Come un bambino io percepisco che la luce sulla parte più alta di una casa è differente da quella più bassa.. La luce è per me una forza espressiva importante, ma non ne sono mai del tutto consapevole.”

L’aspetto rivoluzionario della pittura di Hopper è questo connubio tra la luce e come le scene sono riprese.

Edward Hopper, The Barber Shop, 1927

Nei suoi dipinti tutti i protagonisti sono assorti, sembrano osservati senza esserne consapevoli, quasi di nascosto. Ripresi in un momento secondario della loro vita.

Edward Hopper, Lighthouse and Buildings, Portland Head, 1927

Anche i paesaggi, le case, sono viste di traverso, in immagini laterali o al più incomplete, quindi intime. Sono scorci poi utilizzati dall’arte cinematografica, la nuova arte contemporanea ad Hopper. Una visione rivoluzionaria; in teatro è tutto sempre in scena.

Nei suoi dipinti la luce indirizza lo sguardo e permea di intimità il momento ritratto, rivelando contemporaneamente anche l’intimità dei protagonisti della scena osservata.

Sono ripresi momenti di intimità del pittore-osservatore che coincidono con quelli dell’osservato: intimità chiama intimità, pur senza conoscersi.

Ecco perché si può dire che in Hopper la luce è intimità.

Edward Hopper, Rooms By The Sea, 1951

“Il mio obiettivo nella pittura è sempre di usare la natura come mezzo per provare a fissare sulla tela le mie reazioni più intime all’oggetto, così come esso appare nel momento in cui lo amo di più; […] perché io poi scelga determinati oggetti piuttosto che altri, non lo so neanche io con precisione, ma credo che sia perché rappresentano il miglior mezzo per arrivare a una sintesi della mia esperienza interiore.”

In queste scene secondarie di vissuto, la vita si svolge e si mostra tenera ed assoluta, al di là dello scopo dei singoli, i loro pensieri, le emozioni che trainano i protagonisti, e che Hopper non tratteggia mai.

Ciò che interessa è la vita in sè.

“Io non voglio dipingere la gente che gesticola e che esprime emozioni. Quello che voglio fare è dipingere la luce su di un lato di una casa.”

Edward Hopper, Gas, 1940

Gli uomini di qualsiasi estrazione sociale, l’inserviente, il cantante, l’impiegato, il benzinaio, trovano uno spazio universale e sono ripresi nell’assoluto in cui la vita si svolge.

Queste scene sembrano voler richiamare un senso di solitudine e di estraniazione, ma Hopper non amava che nelle sue opere il tema della solitudine fosse considerato la sua specialità̀, l’asse portante della sua arte. “Questa storia della solitudine è esagerata”, disse all’amico Brian O’Doherty

In una delle poche interviste da lui concesse e nel documentario Hopper’s Silence, alla domanda di O’Doherty “i tuoi quadri riflettono l’isolamento della vita moderna?”, Hopper, dopo una pausa, rispose laconicamente: “Forse sì. O forse no.”

Ed ancora ebbe a dire: “Il tema della solitudine è esagerato. Definisce qualche cosa che non vuole essere definito”.

Nel suo sentirsi impressionista, un po’ metafisico, Hopper non voleva comunicare null’altro che il suo sentire la sua esperienza intima stessa. Lui stesso disse: “Renoir diceva che il più importante elemento in pittura non può essere definito… e forse è meglio.”

L’unica protagonista dei dipinti di Hopper è la luce, che ci consente di sentirci al mondo.

Centrale è il vissuto mostrato dal poeta pittore, in immagini in cui si ringrazia la luce di averceli fornite.

Cover image: Edward Hopper, Room in New York, 1932

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