Lucio Dalla, Disperato Erotico Stomp: analisi e significato del testo

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Perché “Disperato erotico stomp”?

Perché il nostro erotismo è sempre “disperato”. Perché affonda le radici nella nostra immaginazione, nella nostra ultima meta, nel nostro divenire. Ed il divenire è sempre “disperato”.

Ma è “stomp” la chiave di tutto. L’ironia, l’accettazione finale, la coscienza, la risata che libera, che indulge alla compassione.

L’arte di Lucio Dalla, affonda fin dentro il nostro inconscio, e come un subacqueo riemerge vittorioso e ridente. Con questo brano Lucio Dalla ha creato un capolavoro di lirica moderna.

Lucio Dalla - Disperato erotico stomp

Il brano pare sia autobiografico: veramente Lucio Dalla aveva avuto una breve relazione con una filosofa, che lo lasciò per andare a vivere con un’altra donna.

Il ritmo è vagamente jazz, la sua passione, e si inserisce divertente e rilassante, i cui arrangiamenti curò personalmente, da bravo jazzista.

Si tratta di una analisi solitaria del mondo, e quindi di una libertà lirica eccezionale. Il testo del brano inizia :

Ti hanno visto bere a una fontana
Che non ero io
Ti hanno visto spogliata la mattina
Biricchina biriccò
Mentre con me non ti spogliavi
Neanche la notte
Ed eran botte, Dio, che botte “

È un passaggio divertente, autoironico, volutamente ambiguo, ma trasferisce un senso di compassione verso la sua condizione. Con l’intelligenza della sua battuta, Lucio Dalla, dimostra come rendere alta ogni condizione umana. Lui si dipinge come un uomo “ferito”, lasciato da una donna strana. Ma nasce in noi subito la tenerezza e la compassione verso colui che è stato deluso dai suoi punti di riferimento, forse per sfortuna o semplicemente per caso.

Attraverso questa solitudine. però, arriverà alla sua essenza.

Il secondo passaggio poi sostanzia il primo, racconta definitivamente l’antefatto, la storia precedente.

Ti hanno visto alzare la sottana
La sottana fino al pelo, che nero
Poi m’hai detto “Poveretto
Il tuo sesso dallo al gabinetto”
Te ne sei andata via con la tua amica
Quella alta, grande fica
Tutte e due a far qualcosa di importante
Di unico e di grande

Da questa premessa nasce quella analisi solitaria, nuda della realtà, quasi chapliniana.

Io sto sempre in casa, esco poco
Penso solo e sto in mutande
Penso a delusioni, a grandi imprese,
A una thailandese

La solitudine giganteggia attraverso la fantasia, in una scena dechirichiana, le delusioni del passato e di contrasto le “grandi imprese” lontane ed impossibili, lo spingono ad una lenta destrutturazione di un sé, che si dimostra finto, a cui finalmente e fortunatamente fa capolino la “thailandese”, la sua ultima barricata, l’eroticità, il grande mistero, che vive della nostra immaginazione da sempre ed e’ l’aspetto più solitario ed intimo in assoluto.

Ma l’impresa eccezionale, dammi retta
È essere normale”

Con questa frase, diventata luogo comune, Lucio Dalla dà il meglio di sé. Essere soli è la sola grande occasione per riconoscerci inadatti ad ogni formalismo sociale, comunemente accettato, ad ogni normalità.

Un aspetto, che poi preferiamo dimenticare e lasciarci andare al “si fa” o al “si dice”, nascondendo le nostre contraddizioni tra desideri e realtà.

Quindi, normalmente
Sono uscito dopo una settimana
Non era tanto freddo, e normalmente
Ho incontrato una puttana
A parte i capelli, il vestito
La pelliccia e lo stivale
Aveva dei problemi anche seri
E non ragionava male

Non so se hai presente
Una puttana ottimista e di sinistra
Non abbiamo fatto niente
Ma son rimasto solo
Solo come un deficiente

Finalmente il nostro protagonista esce di casa per affrontare la vita vera: l’umanità, non si misura più con sé stesso ed i suoi pensieri, ma fragorosamente nel rapporto con gli altri.

Questa immagine mostra un dialogo vero, un incontro tra due figure ai margini. Lucio Dalla supera gli stereotipi umani, indipendentemente dalla condizione sociale, mostrandoci l’umanità ovunque ed il disagio come un abisso a cui tutti giriamo intorno e ci accomuna senza poter essere risolto.

Alla fine del dialogo si trova di nuovo solo.

Girando ancora un poco ho incontrato
Uno che si era perduto
Gli ho detto che nel centro di Bologna
Non si perde neanche un bambino
Mi guarda con la faccia un po’ stravolta
E mi dice “Sono di Berlino”
Berlino, ci son stato con Bonetti
Era un po’ triste e molto grande

Una nota divertente, ciò che a noi sembra chiaro a qualcun altro invece risulta difficile, anche qui la diversità della condizione personale diventa invalicabile, non trova nessuna forma d’incontro.

Ma stavolta è l’interlocutore a restare solo.

Un’altra nota bibliografica: Bonetti è una persona veramente esistita, ed ha accompagnato Lucio Dalla in un festival in Polonia, perdendosi continuamente.

Però mi sono rotto
Torno a casa
e mi rimetterò in mutande
Prima di salir le scale mi son fermato
A guardare una stella
Sono molto preoccupato
Il silenzio m’ingrossava la cappella
Ho fatto le mie scale tre alla volta
Mi son steso sul divano
Ho chiuso un poco gli occhi
E con dolcezza è partita la mia mano

Quando la solitudine diventa assoluta, nel silenzio ci soccorre la nostra sessualità. Che ha fatto capolino sin dall’inizio della canzone, che rappresenta il paradigma essenziale in ogni vissuto: anelito, desiderio, scoperta, creatività, fantasia, rapporto con la fisicità, bellezza, energia, piacere.

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