Titanic: la storia del capolavoro di James Cameron

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Sono passati più di vent’anni da quel film gigantesco che si trasformò in un quasi inaspettato fenomeno di costume, rimanendo nelle sale per oltre sei mesi (oggi sembra impossibile) e macinando numeri da record che ai nostri giorni, considerando l’inflazione, fanno rabbrividire. Cosa si può dire di nuovo su questo film, ora che il quantitativo di inchiostro reale e digitale versato per parlarne ha raggiunto cifre incalcolabili?

Innanzitutto, per capire la vera portata e il significato di questo bellissimo film bisogna conoscere il suo autore, James Cameron, l’uomo dei record, il “Re del mondo”, il Cecil B. DeMille e Georges Meliès del XXI secolo e tutti gli altri aggettivi che sono stati usati per definire questo autore/pioniere del cinema di intrattenimento, che porta avanti la propria idea di spettacolo con grande serietà ed un approccio più unico che raro.

Oggi c’è una certa tendenza a sottostimarne l’importanza, come avviene sempre quando un regista rimane sulla cresta dell’onda per tanti anni, ma il contributo di Cameron allo sviluppo del cinema popolare hollywoodiano è e resterà inestimabile: partendo dalle scuderie del cinema di serie b di produttori come Roger Corman e Ovidio G. Assonitis, Cameron ha avuto modo di farsi le ossa in quella grande palestra che era il cinema a basso costo prima di lanciare nelle sale, nel 1984, quel “piccolo” film di nome Terminator che con l’ausilio di effetti speciali artigianali ma dalla resa estetica stratosferica avrebbe marchiato a fuoco l’immaginario degli anni ottanta. Da quel momento in avanti ogni suo film successivo è stato una sfida continua alle limitazioni tecniche di cui soffriva il cinema nel momento della realizzazione: gli splendidi Aliens – Scontro Finale (1986), The Abyss (1989), Terminator 2 (1991) e True Lies (1994, primo film della storia a superare i 100 milioni di dollari di budget) contenevano tutti idee visive, effetti speciali e particolari tecniche di ripresa che fino a quel momento erano considerati irrealizzabili o che, semplicemente, non erano stati ancora pensati.

Questa è una premessa fondamentale per capire che quando a metà degli anni novanta Cameron decide di realizzare il suo vecchio sogno di un film basato sulla tragedia del transatlantico RMS Titanic (che deve mescolare alcuni personaggi fittizi ed altri realmente esistiti) non intende limitarsi a girare un grande melodramma su una tragedia storica realmente accaduta, con una notevole virata di toni rispetto al cinema action e di fantascienza fatto fino a quel momento, ma pretende di realizzare il film definitivo su quella tragedia: un’esperienza di cinema talmente realistica e coinvolgente da rendere impossibile anche solo il pensiero di portare nuovamente quella storia al cinema o in televisione. L’obiettivo non troppo nascosto del regista canadese è infatti quello di realizzare un film che possa essere a tutti gli effetti il nuovo Via col vento, impossibile da dimenticare. Non solo: assecondando un’altra attività della sua vita, quella di esploratore subacqueo, Cameron riesce ad immergersi fino al vero relitto del Titanic, con una speciale macchina da presa in grado di sopportare la pressione in profondità, per ottenere le sequenze d’apertura del film e assicurarsi il maggior grado di realismo ottenibile.

A distanza di più di vent’anni possiamo affermare senza ombra di dubbio che il suo obiettivo si è realizzato in pieno, perché oltre ad essere un eccellente innovatore sul piano visivo, Cameron è anche un perfetto conoscitore a 360 gradi dei meccanismi del cinema: sa dosare perfettamente tutti gli elementi per ottenere una grande storia, sa scrivere battute memorabili e sa portare a compimento tutti i temi lanciati dai suoi film.

Al di là dei gusti personali e della simpatia/antipatia che il fenomeno di massa Titanic ha generato in questi anni, è impossibile negare che il risultato finale sia un film perfetto in ogni suo elemento. La ricostruzione d’epoca lascia a bocca aperta, non solo per gli ambienti e per il grandioso modello in scala 1:1 della nave, che Cameron ha preteso e ottenuto nonostante i timori degli altri produttori, ma anche per la perizia con cui è stato curato anche il minimo dettaglio dei costumi e degli oggetti di scena: non doveva sembrare il 1912, doveva essere il 1912. Della tanto decantata storia d’amore tra Jack (un già ottimo Leonardo Di Caprio che dovrà comunque lottare con tutte le sue forze per i successivi dieci anni per dimostrare il proprio valore) e Rose (una splendida Kate Winslet, scoperta da poco da Peter Jackson per il bellissimo Creature del Cielo) è già stato detto tutto e il suo contrario: c’è chi la trova “troppo lunga” e stucchevole e chi invece la trova meravigliosa, ma quello che è certo è che funziona alla perfezione nell’economia della pellicola, perché avendo da sola la durata di un normale film e seguendo alla lettera e con un’ottima scrittura tutti gli schemi più classici del melodramma d’epoca (lei di buona famiglia e lui povero, il fidanzato odioso di lei, la madre classista, eccetera) crea il clima giusto per preparare lo spettatore a quello che succederà nell’ultima ora della pellicola, quando la magia del cinema prende il sopravvento e il tono del film cambia completamente per trasformarsi e passare da dramma romantico al più grande disaster movie mai realizzato.

Il passaggio chiave del film è questa breve sequenza in cui la vedetta avvista il gigantesco iceberg che affonderà tragicamente la nave: il ritmo, il montaggio, la tensione e la disperazione crescente sono qualcosa di molto difficile da spiegare a parole dopo aver visto questo frammento. Da quel momento in avanti Titanic diventa la cronaca dettagliata e spietata di una tragedia: tutte le dinamiche dell’affondamento sono state ricostruite passo dopo passo da Cameron, che con l’ausilio di un team di esperti è riuscito a replicarne perfettamente ogni passaggio in studio, a volte rischiando anche di mettere in serio pericolo la salute degli attori (Kate Winslet si ammalò di polmonite dopo numerose ore passate in acqua). A colpire maggiormente non è tanto il dispiego di mezzi o la resa estetica tecnicamente perfetta di quelle scene (chi già conosceva il regista non aveva dubbi riguardo quell’aspetto) ma il modo in cui Cameron non abbia la minima intenzione di risparmiare qualcosa agli occhi dello spettatore: i cadaveri sono tantissimi, i momenti strazianti non si contano e la cattiveria completamente disumana dei passeggeri delle classi agiate nei confronti di chi sta morendo annegato o assiderato sotto i loro occhi lascia senza parole.

L’idea vincente di Cameron è stata quella di combinare alla perfezione le due anime del film, la parte romantica (che funziona da quando esiste il cinema e continuerà a funzionare per sempre) e il film catastrofico (che in quel decennio funzionava particolarmente bene, tra i vari Independence Day, Deep Impact, Twister, Armageddon…) e il risultato gli ha dato ragione oltre ogni aspettativa: le code al cinema erano interminabili, la DiCaprio mania divenne travolgente, spingendo numerosi spettatori (o meglio, in buona parte spettatrici) ad andare a rivedere il film in certi casi anche un numero di volte decisamente fuori dall’ordinario, trasformando nel giro di un mese Titanic in un film evento di cui tutti, volenti o nolenti, sentirono parlare. La pioggia di Oscar fu inevitabile: il solo Cameron ne vinse tre, per il miglior film, la regia ed il montaggio (eccellente), mentre le altre otto statuette andarono alle categorie tecniche, alla colonna sonora di James Horner e alla miglior canzone.

James Cameron Wins Best Director: 70th Oscars (1998)

Oggi Titanic rimane ancora uno dei film più visti, amati, citati e anche parodiati. Battute come “Sono il Re del mondo!” e “Signori, è stato un onore suonare con voi stasera” o frammenti di dialogo come “Dove vuole che la porti signorina?”, “Su una stella” sono diventati ormai di uso comune (a dimostrazione del fatto che James Cameron è anche uno sceneggiatore che sa centrare l’obiettivo), mentre il brano My heart will go on, cantato da Celine Dion e realizzato in gran segreto da Horner perché Cameron non voleva canzoni nel film, è talmente riconoscibile fin dalle prime note che ha generato una lunga serie di parodie, talvolta con effetti davvero esilaranti. Da quando internet ha smesso appannaggio di pochi, inoltre, sono innumerevoli i siti, i meme e le infografiche che spiegano dettagliamente come fosse possibile salvare la vita anche al personaggio di Jack Dawson, ma se le cose fossero andate in quel modo è chiaro che il film avrebbe perso parte della propria potenza espressiva.

Oggi, il tanto amato (e odiato) Titanic si appresta a tornare in sala per qualche giorno, confermando quello che per alcuni era già chiaro al momento della prima uscita: ben al di là di una moda passeggera o di un film “per ragazzine”, l’opera più famosa di Cameron è una pietra miliare della grande vecchia Hollywood, un vero classico del cinema moderno. Il Via col vento delle nuove generazioni.

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