Magnus: l’evoluzione del fumetto italiano nel pennello di un vero artista

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Magnus (nome d’arte di Roberto Raviola) è stato per decenni uno dei migliori rappresentanti del fumetto italiano, tratteggiando con la sensibilità della sua arte tutti i generi disponibili.

Ha iniziato nel campo delle pubblicità, ma il richiamo del fumetto è stato troppo forte per non essere ascoltato. Il suo sodalizio con Max Bunker inizia nel 1964 con Kriminal e Satanik, che gli permettono d’imporsi all’attenzione generale.

I due lavori, che si rifacevano al “nero” Diabolik, accentuandone la carica horror ed erotica, vengono seguiti da Dennis Cobb (in cui il genere di riferimento erano le spy story) e da Gesebel (che aveva ambientazioni fantascientifiche). Questi sono anni di lavoro forsennato e senza sosta, con Magnus costretto a ridurre al minimo gli sfondi nelle tavole, riempiendole spesso di primi piani per accelerare i tempi.

Nel 1968 approda al grottesco con Maxmagnus, una serie d’ambientazione medievale irriverente e graffiante. La coppia di protagonisti composta dal Re e dal suo Amministratore (ricalcati sulle fattezze dei due autori) è concentrata a intascare mazzette e a tentare di fregarsi l’uno con l’altro, completamente disinteressata delle sorti del popolo. La serie, cinicamente concentrata a distruggere ogni luogo comune sulle storie d’ambientazione fiabesca e colma di aspre critiche alla società occidentale, fa da laboratorio per il successivo lavoro della coppia.

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Alan Ford, il primo numero

Lo scalcinato Gruppo T.N.T., che debutta sulle pagine di Alan Ford l’anno successivo, è il capolavoro di Magnus & Bunker: in esso convergono molte delle intuizioni dei due autori, come lo sfondo avventuroso/spionistico, la grottesca critica sociale e l’umorismo acido e senza ritegno verso gli “ultimi”. Intanto il tratto di Magnus, che nel percorso con Alan Ford si arrotonda e accentua contrasti e inquadrature in primo piano, evolve ulteriormente, coprendo per 75 numeri (probabilmente i migliori della serie) la storia dello sgangherato gruppo del Numero 1.

Nel 1975 il sodalizio con Max Bunker si rompe e Magnus inizia a dedicarsi a progetti diversi: Lo Sconosciuto (uno dei suoi capolavori) e La Compagnia della forca sono le sue opere principali nell’ultimo scorcio di decennio. Le vicende de Lo Sconosciuto si sviluppano nel corso di molti anni, interrompendosi solo con la morte dell’autore, il quale sceglie di concentrarsi su un personaggio invischiato nella politica internazionale e costretto a muoversi spesso in scenari di guerra e terrorismo. La Compagnia della forca è invece il ritorno del disegnatore nel fantasy grottesco limitrofo a Maxmagnus.

Con una sempre maggiore cura del dettaglio e del tratto (dovuta anche a un calendario meno ossessivo) Magnus dà alle stampe I Briganti, Milady nel 3000 e Necron. Se i primi due sono basati sul genere fantascientifico-avventuroso, Necron è un vero e proprio fumetto per adulti, con scene esplicite condite di forti venature horror. Magnus rischiò con questo progetto di scadere nel pornografico e di rovinare per tanti versi la sua carriera, ma grazie alla sua classe riuscì a convertire un progetto a cui aveva aderito solo per necessità di cassa in qualcosa di più leggero e ironico.

Gli anni ’80 furono anche contrassegnati da Le centodieci pillole, in cui l’erotismo spinto delle situazioni riprodotte andava a raccontare una storia tratta dal romanzo cinese “Chin P’ing Mei”, in cui il farmacista Hsi-Men Ching si trova  ad abusare di un portentoso afrodisiaco, finendo per morire in una spirale di sesso e trasgressione. Il culmine della carriera del disegnatore si ha probabilmente con quest’opera, che mostra il declino fisico e morale di un uomo abbandonato a una desolante depravazione, tratteggiata con un segno sempre più barocco e sottile, molto lontano da quello che lo aveva reso celebre con Alan Ford.

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Nel frattempo gli viene offerta la possibilità di cimentarsi con uno dei capisaldi del fumetto italiano: Tex. Magnus accettò di disegnare il “Texone”, che tutti gli anni la Bonelli pubblicava come supplemento estivo. La cura che l’autore mise nel disegnare “La valle del terrore” fu totalizzante e impiegò i successivi anni con studi e bozzetti che si susseguirono negli anni. Ormai la ricerca stilistica era diventata ossessiva, costringendolo a dilatare oltremodo lo studio sulle tavole (quasi un paradosso per uno che per gran parte della sua carriera era stato costretto a rincorrere i sempre più stretti tempi di consegna). Lo stesso Sergio Bonelli confessò di non credere che il progetto sul ranger potesse avere un approdo in edicola, a causa dei continui rimandi del meticoloso Magnus, che aveva preso fin troppo sul serio l’epopea western. L’opera uscì nell’estate del 1996 e fu il suo testamento artistico, poiché il grande talento del disegnatore fu portato via da una malattia incurabile  nei primi giorni di febbraio.

Magnus nella sua carriera ha attraversato con autorità vari generi fino all’approdo nel più ricercato mondo del fumetto d’autore. La sua arte, contraddistinta da un segno sempre più ricco e pieno di contrasti, la sua curiosità per i temi più disparati, la sua continua voglia di perfezionarsi, gli hanno permesso di insediarsi legittimamente tra i più grandi di sempre.

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