Amico Fragile: il brano più amaro e personale di Fabrizio De André

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Durante la calda estate del 1974, Fabrizio de André partecipò ad una festa a Portobello di Gallura, in Sardegna. Un party di ricconi, con alcool, droga e altri mille modi per resistere a quel fardello chiamato “vita”. Un modo di vivere superficiale, estetico, basato appunto sull’apparenza.

Quando ti trovi ad una festa del genere e sei un musicista, e soprattutto ti chiami Fabrizio De André, sai che da un momento all’altro arriverà la domanda: “perché non suoni qualcosa per noi?”. Quell’anno è stato un anno molto intenso per l’Italia, con le prime azioni da parte delle Brigate Rosse, nacque la strategia della tensione, e Papa Paolo VI tirò fuori delle questioni interessanti sugli esorcismi. Faber era ubriaco (che novità) e di certo, anche se non lo fosse stato, il suo carattere gli avrebbe fatto formulare la stessa risposta: “perché piuttosto non parliamo dell’attuale situazione italiana?” A loro bastava soltanto intrattenersi, ubriacarsi, divertirsi, e Fabrizio quindi molto arrabbiato decise di andarsene, di chiudersi in una “delle molte feritoie della notte” e sfogarsi su un foglio. Il pezzo di carta in cui incise quella che definì la canzone più importante che abbia mai scritto, una delle poche autobiografie musicali del cantautore: Amico Fragile.

Fabrizio de André - Amico fragile

“La canzone più importante che abbia mai scritto è forse “Amico fragile”, sicuramente quella che più mi appartiene. È un pezzo della mia vita: ho raccontato un artista che sa di essere utile agli altri, eppure fallisce il suo compito quando la gente non si rende più conto di avere bisogno degli artisti.”

Il brano fa parte di Volume 8, l’ottavo album in studio di De André, e insieme a Giugno ‘73 è l’unico pezzo che vede Faber come autore unico di musica e testo. Raramente il cantautore crea testi autobiografici, e ancora più eccezionalmente dei testi in prima persona. Amico Fragile è un caso a parte, una voglia e una necessità da parte del cantautore di criticare questa società superficiale, con un testo apparentemente privo di senso – a causa delle condizioni dell’autore durante la stesura – che implica la conoscenza della storia iniziale per essere capito. Una chitarra folk che rimanda allo stile di Leonard Cohen, quattro accordi a giro e un ritornello divenuto celebre, hanno dato vita ad una delle canzoni più intense del repertorio di De André.

Offuscato dall’alcool, evaporato in una nuvola rossa, scriveva questo testo in uno stanzino, in una delle molte feritoie della notte. A causa di borghesi a cui bastava intrattenersi con droghe, alcool e musica. Costringendo Fabrizio ad osservarli affittare un chilo d’erba ai contadini in pensione e alle loro donne, a testimonianza del fatto che in quelle feste girava molta droga. Famiglie che lasciavano i propri figli in balia del destino, persi nella droga. Signora, lei è una donna piuttosto distratta. Per loro esisteva soltanto un uomo, una sorta di burattino per intrattenersi, ignorando il suo interesse verso un dialogo, la sua enorme cultura, il suo essere artista. È bello che dove finiscano le dita debba in qualche modo incominciare una chitarra. Sotto i loro occhi lui non era nient’altro che un giullare. Ma nonostante le sue condizioni, l’alcool e la rabbia, lui restava più curioso di loro, meno stanco, e mai più ubriaco di quei borghesi. Si distingueva, aveva appena preso le distanze da quell’ambiente…

E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci,
mi sentivo meno stanco di voi
ero molto meno stanco di voi.

Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta
fino a vederle spalancarsi la bocca.
Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli
di parlare ancora male e ad alta voce di me.
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo
con una scatola di legno che dicesse perderemo.
Potevo chiedervi come si chiama il vostro cane
Il mio è un po’ di tempo che si chiama Libero.
Potevo assumere un cannibale al giorno
per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle.
Potevo attraversare litri e litri di corallo
per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci.

E mai che mi sia venuto in mente,
di essere più ubriaco di voi
di essere molto più ubriaco di voi.

 

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