Laterale Film Festival: un luogo sognante dove perdersi nel cinema

Anche quest’anno, a Cosenza, si è svolto il Laterale Film Festival – giunto alla sua seconda edizione – un evento ormai capace di catturare l’attenzione degli appassionati, con un obiettivo ben preciso: chiamare in causa lo spettatore e il suo sguardo, che deve essere sempre attento e vigile per riuscire a cogliere i significati dietro i 29 cortometraggi proposti in rassegna.

Il Due – simbolo di questa edizione – è: “non solo, ma anche, considerare possibili altre cose, altri sguardi, altri cinema, altri modi di dire ‘cinema’: ricerca, poesia, sperimentazione, arte. Altri modi di usarlo, mostrarne il di più a tutti coloro che l’hanno erroneamente creduto morto”. Questo di più è dato dallo sguardo del mondo che si apre su schermo, con lavori da tutto da tutto il globo che consentono allo spettatore – ormai abituato alla fruizione convenzionale del prodotto multimediale – di aprirsi e poter così usufruire in modo ambivalente, con sguardo e mente, a culture e modi differenti di concepire il cinema: il Laterale riesce nel suo obiettivo di annullare le distanze, tanto geografiche quanto culturali, restituendo al pubblico un’esperienza di cinema a trecentosessanta gradi.

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L’aforismario laterale

Entrando al cinema San Nicola – che ospita la rassegna – ci si sente subito a casa. Lo spettatore si lascia avvolgere dal un senso di familiarità che i grandi eventi replicano con difficoltà. Ci capita di sentire un aforisma laterale: “Siamo fatti della stessa pasta abrasiva”, un ottimo modo per sedersi in sala e sentirsi completamente avvolti dall’atmosfera “cinestetica” che pervade il tutto. Le tre serate hanno avuto un unico protagonista, il cinema, e il mondo del cortometraggio che – spesso e volentieri – passa in secondo piano ma che in realtà ha tanto da dare alla settima arte.

Il festival è a tutti gli effetti una totale full immersion che ha coinvolto i cinque sensi degli spettatori. L’atmosfera creatasi era quasi magica e sognante, il cinema era la metafora di un’oasi concerne un rapporto a due tra chi guarda e chi viene guardato, lo schermo acquista una sorta di invisibilità consentendoci di andare oltre. Tra i partecipanti ci sono stati anche alcuni degli autori italiani più promettenti del panorama cinematografico, tra cui Giorgiomaria Cornelio e Lucamatteo Rossi, Salvatore Insana, Alessandro Sedda, Giorgia Ruggiano e Chiara Rigione, che oltre ad aver presentato i rispettivi lavori e la gestazione dietro ad essi, hanno dato vita ad interessanti dibattiti sul loro modo di interpretare e di fare cinema. Sempre in modo laterale.

Auralcrave era presente durante tutta la durata del festival, presentando anche il libro Stanley Kubrick sulla Luna e altre storie stupefacenti intorno al cinema che ami. Tutti i cortometraggi proiettati avevano qualcosa di particolare, e meriterebbero un commento dedicato. Sette in particolare ci hanno colpito, sono quelli che trovate qui sotto. La lista completa dei cortometraggi di quest’edizione la trovate in fondo all’articolo.


The invention of cinematography
di Stefano Virgilio Cipressi

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Partendo dall’utilizzo dell’immagine che scandisce i tempi, è la parola che delicatamente evoca la storia – i ruoli e l’identità – dei personaggi, le immagini la forza del linguaggio raccontano un paese immaginario denominato Kirsch, luogo universale posto fuori dallo spazio e dal tempo, che mostra come con la semplicità degli elementi si riescano a modellare – in un perverso gioco di incastri – gli stereotipi e le rappresentazioni, in questo caso nei confronti del migrante sofferente che vediamo all’inizio del corto.


Laura
di Tania Dinis

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Il cortometraggio portoghese è un lavoro coinvolgente nella sua fissità. Forte ed evocativo, statico e allo stesso tempo frenetico. In Laura il cinema non viene mostrato, viene evocato, narrato: il cinema è nella mente dello spettatore. Un’inquadratura fissa mostra una lente di ingrandimento dove viene fatta scorrere una sequenza di fotografie provenienti un tempo lontano (che lentamente si fa sempre più vicino a noi), la voce narrante inventa la storia di Laura, il linguaggio è il veicolo con la quale noi possiamo interiorizzare la vicenda, che – a seconda del fruitore – ha un’infinità di inizi – di intermezzi – di finali. Lo spettatore è completamente assorto e vorrebbe che questo magnifico viaggio dell’immaginazione non finisca più.


Ogni roveto un Dio che arde 
di Giorgiomaria Cornelio e Lucamatteo Rossi

Questo film – primo di una trilogia che a breve verrà a compimento – presenta inquadrature fisse di luoghi abbandonati e decadenti in forte contrasto con le opere d’arte mostrate a corredo della composizione geometrica e scenografica, perfetta e maniacale, la poesia recitata da Lucamatteo stringe un rapporto ambivalente con l’immagine, quest’ultima quando attuale quando antica, viene mostrata in un continuo capovolgersi del tempo. Il cortometraggio deve molto a Tarkovskij (che viene anche citato) e al suo Lo Specchioe fidatevi: non tutti sarebbero in grado di riuscire a omaggiare il maestro russo con così tanta mestizia, loro ci sono riusciti. 


La cognizione del calore
di Salvatore Insana

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Sicuramentre uno dei cortometraggi italiani più sperimentali (e sperimentati) per la dovizia di particolari con la quale viene narrato il rapporto dell’immagine col tempo. La cognizione del Calore è un viaggio continuo – tra passato e presente – dove i corpi diventano fantasmi sospesi; nel luogo in cui sorgeva l’ospedale psichiatrico di Collegno l’unico modo per vedere le presenze che lo abitano è affidarsi al calore emanato dai corpi. Dove siamo noi, dove sono i fantasmi e dove sono gli esseri umani? Insana gioca sul tempo, sui colori, sulle sfumature, sui ronzii, immergendoci in un infinito loop temporale.


Ida
di Giorgia Ruggiano

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Ida è la storia di un’anziana signora e del suo mondo, la telecamera ci fa entrare nella sua intimità per farci scoprire come passa le giornate in solitudine insieme ai suoi unici amici: i piccioni che gli entrano in caso e che lei reputa al pari di qualsiasi animale domestico. Ida però deve fare i conti con il mondo esterno – specialmente da sua cugina – che vuole a tutti i costi separarla dai suoi amici pennuti, portatori di malattie per gli altri, portatori di gioia per lei. L’ossessione non è parte integrante di Ida, l’ossessione è del mondo esterno, troppo razionale per l’irrazionalità di Ida. Una storia agrodolce con un finale tragico che ricorda i migliori lavori umanisti (Vivere su tutti) di un certo Kurosawa.


Pareti bianche 
di Alessandro Sedda e Annalisa Ciacco

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Inizialmente sembra di trovarci davanti quasi un esperimento che rimarrà privato, invece Pareti bianche è un viaggio grottesco e allucinato dentro la psiche del regista – qui anche attore – che freneticamente filma la sua quotidianetà mentre una scanzonata vocina in testa ripete un canto tragicomico e innaturale, ecco un estratto, per farvi capire: “il mio migliore amico è il mio medico di base che non è un medico di base”. L’obiettivo di Sedda è quello di ironizzare sulla paranoia, renderla più umana e meno asfissiante, interiorizzandola così a fondo da farla uscire fuori con la potenza del cinema.


I Bambini Terribili 
del Labus in Fabula dell’associazione Kinetta.

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Questo progetto dell’associazione Kinetta di Benevento – che da anni ormai promuove una visione matura di cinema anche per i più piccoli –  è fin dal titolo – che si rifà a Les Enfants Terribles di Jean Pierre Melville e Jean Cocteau – un omaggio giocherellone a cent’anni di storia del cinema; gli occhi dei bambini diventano la cinepresa: inventare e reinventare, senza legarsi alle costrizioni del mezzo, ed è proprio lo sguardo dei più piccoli partecipanti del laboratorio Labus in Fabula (splendidamente diretti da Chiara Rigione) a compiere questo movimento di (re)invenzione, diventando così i veri e propri registi, sceneggiatori e protagonisti del cortrometraggio, cortometraggio che riesce perfettamente nell’idea che porta avanti: quella di rivolgersi ai più grandi cercando di farli tornare fanciulli, (ri)trovando lo sguardo laterale che solo un bambino può avere, per far sì che il cinema – liberato da ostruse convenzioni – torni profondo nella sua leggerezza.

Di seguito la lista completa dei cortometraggi presentati nel’edizione 2018 del festival:

  • Ab ovo – 2017 – Luca Ferri (Italia)
  • Alkaid – 2017 – Mauro Santini (Italia)
  • Art 35.5 Hours a Week – 2017 – Mariken Kramer e Eli Eines (Norvegia)
  • La Cognizione del Calore – 2017 – Salvatore Insana (Italia)
  • Cut to the Chase – 2016 – Dean Kavanagh (Irlanda)
  • Dagadòl – 2017 – Morgan Menegazzo e Mariachiara Pernisa (Italia)
  • Divided by blue – 2017 – Eric Ko (Stati Uniti)
  • Flowing (for Naruse) – 2018 – Ross Meckfessel (Stati Uniti)
  • Frightening Woods – 2017 – Alvaro De La Hoz (Spagna)
  • Fuori Programma – 2016 – Carla Oppo (Italia)
  • The Girl – 2017 – Hans Op de Beeck (Belgio)
  • Glacies – 2017 – Pierre Villemin (Francia)
  • Gold diggers – 2017 – Lucie Pagès (Francia)
  • Ho Visto Morandi – 2016 – Katia Viscogliosi e Francis Magnenot (Italia)
  • Ida – 2017 – Giorgia Ruggiano (Italia)
  • Inês Marches – Tiago Rosa-Rosso (Portogallo)
  • The invention of cinematography – 2017 – Stefano Virgilio Cipressi (Italia)
  • Laura – 2017 – Tânia Dinis (Portogallo)
  • May devotions to the Blessed Virgin Mary – 2016 – Piotr Piasta (Polonia)
  • The night in all things – 2017 – Alexander Girav (Stati Uniti)
  • O Meu Pijama – 2017 – Maria Inês Gonçalves (Portogallo)
  • Ogni roveto un dio che arde – 2016 – Giorgiomaria Cornelio e Lucamatteo Rossi (Italia)
  • Pareti Bianche – 2017 – Alessandro Sedda e Annalisa Ciacco (Italia)
  • Turtles Are Always Home – 2016 – Rawane Nassif (Libano)
  • The secret sharer – 2017 – Filippo Ticozzi (Italia)
  • Stella 50.4N1.5E – 2016 – Elsa Brès (Francia)
  • Terrain Vague – 2017 – Latifa Said (Francia)
  • Vigils – 2017 – Peter Treherne (Regno Unito)
  • Visit – 2017 – Yannis Zafiris (Grecia)

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Testo: Ennio Cretella

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