Il nuovo Musée de la Romanité a Nîmes

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Il 2 giugno un nuovo museo ha preso vita a Nîmes, ridente cittadina situata al sud est della Francia che vanta con fierezza le sue origini romane. Nîmes fu un importante colonia dell’impero romano, collegata con la Caput Mundi tramite la Via Domitia.

Diversi i monumenti che testimoniano il periodo: Les Arènes (le arene), un piccolo colosseo in miniatura,  La Maison Carrée  (la casa quadrata), un tempio dedicato a Lucio e Caio, La Tour Magne (la Torre Magna). Grazie a  questi monumenti gli è valso  il nome di Rome française. Ora, per una messa a fuoco più marcata della  loro storia hanno anche realizzato un museo,  il Musée de la Romanité.

Di fronte alle Arenes si trova questo nuovo gioiello dell’arte contemporanea realizzato dall’archietto Elizabeth de Portzampart. La location scelta non è certo casuale: vi sono circa 20 secoli di storia che separano i due edifici, da una parte queste immense e spettacolari masse di pietre con archi magnifici dell arte romana e dall’altra un edificio moderno. Come la creatrice dell’opera ha affermato: “Ho voluto creare un dialogo basato sulla loro complementarità”.

Visite du Musée de la Romanité

Andando più nel dettaglio: la facciata assembla 7000 lame di vetro serigrafato, con onde i cui riflessi cambiano col passare delle differenti ore del giorno e delle stagioni. Il tetto-terrazzo, accessibile a tutti, offre il suo belvedere e le sue viste panoramiche sulla città. L’edificio gira intorno a una strada interna che segue le traccie di un antico bastione augusteo. Questo passaggio pubblico crea un’apertura visuale e collega il sagrato dall’arena ad un giardino archeologico. Al centro del pianterreno, interamente trasparente, un atrium alto di 17 metri rivela un frammento del propylée del santuario della Fontana.

Insomma fieri del loro passato, con quel poco che hanno valorizzano tutto e  ora anche questo bel museo moderno. In Italia, ricchi (o meglio straricchi) di storia, di pietre antiche, di monumenti eccezionali non li vediamo più. Siamo così abituati a vedere il bello che non ne apprezziamo più il valore. Dovremmo forse vivere una condizione di deficenza per rivalutare il nostro immenso patrimonio e le nostre origini.

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