Il Maccartismo a Hollywood: gli effetti della “Paura Rossa” negli anni ’50

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Nel 1957 moriva Joseph McCarthy, artefice di uno dei periodi più bui dell’appena nata Guerra Fredda, che, pur di individuare i nemici del way of life americano, non si fece problemi ad accusare e distruggere vite in nome dell’anticomunismo.

Il senatore repubblicano guidò tra il 1952 e il 1954 una Commissione senatoriale sulle attività anti-americane, che nacque sulla scia delle paure presenti all’interno della società americana, terrorizzata di trovarsi in casa il nemico e di esserne distrutta dall’interno. McCarthy ottenne visibilità attaccando dipendenti statali e politici, che accusò pubblicamente di far parte del Partito Comunista Americano e di essere fiancheggiatori e spie del nemico russo.

L’attenzione dei media, che proprio all’inizio degli anni ’50 stavano cavalcando in maniera sempre più ossessiva la paura della Guerra Fredda e dell’espansione comunista, diede modo al senatore di ottenere molta visibilità e di permettersi accuse anche pesanti e spesso infondate .

mccarthylista

La Paura Rossa, fondata spesso proprio su liste e nominativi pretenziosi, divenne così il tema su cui il senatore accentrò la sua politica, guidando la caccia alle streghe passata alla storia come “Maccartismo”, in cui la semplice accusa poteva sconvolgere la vita delle persone coinvolte, nonostante l’assenza di prove effettive. Non solo politici e privati cittadini si trovarono coinvolti in questa escalation repressiva, ma anche personaggi del mondo dello spettacolo, che in alcuni casi persero la possibilità di continuare il loro lavoro: Hollywood all’epoca era stata meta di salvezza per molti attori e registi europei in fuga dal Nazismo, che portarono le loro abilità in dono all’Industria cinematografica

Tutto era iniziato nel 1947, quando Walt Disney e Ronald Reagan (spalleggiati dal capo dell’FBI Hedgar Hoover) testimoniarono al Congresso contro la preoccupante infiltrazione comunista a Hollywood, mettendo in allarme la politica. Da lì s’iniziò a monitorare con sempre maggiore interesse le abitudini delle star, secondo una logica paranoica che fece molte vittime illustri, tra cui Dalton Trumbo. Lo sceneggiatore, dopo essere stato iscritto alle liste nere, passò più di dieci anni in Messico, dove continuò a lavorare sotto falso nome e a vincere premi Oscar.

Bastava aver scritto o partecipato a un film che aveva sollevato critiche sociali per essere sospettati e ricevere una lettera d’invito dagli uomini di McCarthy, che chiedevano allo sventurato se fosse mai stato iscritto o simpatizzante del Partito Comunista. Chi non rispondeva o non era sufficientemente convincente rischiava il carcere, ma più spesso la carriera.

Tra i più famosi artisti colpiti dal Maccartismo vi fu Charlie Chaplin, che, complice un viaggio nella natìa Europa del 1952, si vide costretto a non poter più rientrare sul suolo americano per il ritiro del passaporto: non c’erano prove certe della sua simpatia comunista, ma il solo sospetto bastò a renderlo persona non gradita nella Terra della LibertàOltre a Chaplin, anche Elia Kazan venne accusato di attività eversive: il regista era stato iscritto al Partito Comunista Americano negli anni precedenti e pur di salvarsi dal carcere fece nomi di amici e colleghi. In questo clima le convocazioni della Commissione si fecero sempre più assidue e nessuno poteva dirsi completamente al sicuro.

John Wayne e Gary Cooper (oltre al solito Reagan) furono tra coloro che si mostrarono maggiormente collaborativi e disponibili alla delazione, così come Cecil de Mille, che pretendeva addirittura giuramenti di fedeltà anticomunista da parte dei suoi collaboratori. Le critiche verso queste attività repressive e intimidatorie ottennero anche dure prese di posizione, come quelle di Humphrey Bogart, John Ford e John Huston, che si spesero per  combattere la Commissione di McCarthy.  Anche Edward Murrow, anchorman della CBS, portò avanti una lunga battaglia contro i metodi del maccartismo, venendo a sua volta accusato di essere comunista e anti-americano (come raccontato nel film Good Night And Good Luck di George Clooney).

Le sedute della Commissione vennero spesso trasmesse in televisione e nelle intenzioni del senatore dovevano essere un veicolo di propaganda della sua crociata presso i telespettatori. Ma la sua incapacità di fornire prove e l’atteggiamento spesso fin troppo arrogante non gli permisero di ottenere le simpatie del pubblico, che, anzi, iniziò a porsi qualche domanda sulla condotta di McCarthy.

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Poi le attenzioni della Commissione si spostarono negli ambienti militari (che poco gradirono il pensiero e le sue modalità investigative) e soprattutto causarono il suicidio del senatore Lester Hunt, che non sopportò le pressioni esercitate da McCarthy.

Alla fine del 1954, ormai inviso alla maggior parte della Politica e delle istituzioni (e al Presidente Eisenhower), McCarthy venne condannato per cattiva condotta e praticamente licenziato dal Senato. Quando morì nel 1957 per un’epatite, McCarthy era solo l’ombra del grande accusatore che imperversò e segnò letteralmente un’epoca: il politico, nativo di Appleton in Winsconsin, passò gli ultimi anni solo, reietto e in preda all’alcolismo.

Cover image estratta dal Great Wall di Los Angeles

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