“Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo”: l’ultima lettera di Aldo Moro alla moglie

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La morte dell’ On. Aldo Moro è sicuramente una delle pagine più inquietanti e più buie della storia italiana. Era il 16 marzo 1978, giorno in cui sarebbe stato presentato in Parlamento il IV Governo Andreotti, la cui vitalità fu incerta fino alla notte prima. La Fiat 130 che trasportava Moro dalla sua abitazione nel quartiere Trionfale zona Monte Mario di Roma alla Camera dei deputati, fu intercettata da un commando delle Brigate Rosse all’incrocio tra via Mario  Fani e via Stresa. Gli uomini delle Brigate Rosse uccisero, in pochi secondi, i cinque uomini della scorta e sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana. Il triste epilogo di quei 55 giorni, condizionerà per sempre la storia del nostro Paese: Aldo Moro fu ucciso il 9 maggio dello stesso anno. Una data che quest’anno è stata ricordata con particolare emozione, a quarant’anni dalla sua scomparsa.

Quarant’anni dopo, la vicenda Moro rimane ancora una delle vicende più intricate e oscure della storia repubblicana. Un evento non solo politico ma di rilevanza soprattutto sociale, che ha toccato le corde emotive di molti italiani. E legato a tale evento c’è una lettera, divenuta tristemente famosa per la sua intensità: quella scritta da Aldo moro a sua moglie Eleonora durante i giorni del sequestro, poco prima di morire.

“Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell’incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione. Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l’indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli.

Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. Essa va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. È poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall’idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare.

E questo è tutto per il passato. Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in una unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani.

Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo.

Amore mio, sentimi sempre con te e tienimi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto tanto Luca), Anna, Mario, il piccolo non nato, Agnese, Giovanni. Sono tanto grato per quello che hanno fatto.

Tutto è inutile, quando non si vuole aprire la porta.
Il Papa ha fatto pochino: forse ne avrà scrupolo.”

La lettera si interrompe così, senza firma. Successivamente, fu consegnato alla famiglia questo breve frammento:

“Ora, improvvisamente, quando si profilava qualche esile speranza, giunge incomprensibilmente l’ordine di esecuzione. Noretta dolcissima, sono nelle mani di Dio e tue. Prega per me, ricordami soavemente. Carezza i piccoli dolcissimi, tutti. Che Iddio vi aiuti tutti. Un bacio di amore a tutti. Aldo”.

A volte le parole sono un macigno che pesa sulle responsabilità e sulle generazioni future. Queste però rappresentano soprattutto l’intimità di un uomo che ha raggiunto la fine del suo percorso, vittima di una situazione estrema, che prova a ricongiungersi a distanza ai suoi cari.

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