La Terra Morente: dietro la narrativa fantasy di Jack Vance

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“La Terra… un mondo di mezze luci, antico al di là di ogni conoscenza. Una volta era un grande mondo, dalle montagne incappucciate di nuvole; i fiumi erano limpidi e il sole una bianca sfera abbagliante… al posto degli antichi popoli vivono adesso poche migliaia di anime strane. C’è il male, sulla Terra, male distillato dai secoli. La Terra sta morendo…”

Così Jack Vance, acclamato autore di romanzi e racconti fantasy e di fantascienza, descrive la Terra del ventunesimo eone nella sua saga La Terra Morente, composta da quattro libri: La Terra Morente, Le Avventure di Cugel l’Astuto, La Saga di Cugel e Rhialto il Meraviglioso. Il Sole è diventato una gigantesca palla rossa, in procinto di morire e la Terra è diventata un mondo popolato da principi, streghe, maghi, criminali e strane creature demoniache.

Sense of Wonder: il mondo della Terra Morente, tra sogno e decadentismo

Sense of Wonder è il termine utilizzato per indicare quella sensazione di meraviglia che il lettore prova durante la lettura di determinate opere di fantascienza. Tecnologie avanzate, pianeti lontani, astronavi gigantesche e futuri lontanissimi sono tematiche ricorrenti della letteratura fantastica e sono proprio queste trovate così bizzarre e imprevedibili che suscitano e stimolano l’immaginazione e l’immersione del lettore. In questo senso l’opera di Vance è una delle più suggestive che siano mai state scritte. Il lettore si trova davanti ad una Terra ormai alla fine dei suoi giorni, decadente e avvolta da un alone di mistero e magia. Numerose civiltà sono nate e decadute nel corso dei secoli e questa successione sembra trovare la sua stabilità solo nell’incontro con la morte, come una trottola che smette di girare quando viene urtata da un altro oggetto, perché solo la morte può veramente porre fine all’esistenza delle cose, che per loro natura sono destinate a cambiare.

Vance è come se decidesse di fermare il tempo, per permetterci di vedere e analizzare la Terra per l’ultima volta. Sceglie quindi di entrare nella psiche dei personaggi che la abitano e di descrivere un mondo ormai in rovina, ma che non rinuncia a ostentare una bellezza ormai sfiorita. Le città, i popoli e le culture descritte da Vance sono tutti tasselli di quell’intricato mosaico che è la Terra Morente. Troviamo così la grande città carovaniera di Erze Damath, la decadente Kaiin dalle bianche mura, regnata dall’enigmatico Kandive il Dorato, la città perduta di Ampridatvir, i cui ormai pochi abitanti sono vittime di una strana maledizione, tutti luoghi con le loro tradizioni e le loro credenze. Perché la bellezza del mondo di Vance risiede proprio nel gusto della scoperta, nella descrizione di luoghi esotici e completamente diversi dal nostro e nella rappresentazione di posti magici, quasi nati da un sogno.

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Nel descrivere le usanze di tutti questi popoli Vance vuole dimostrare una cosa: ormai sulla Terra non c’è più nulla di certo e forse non c’è mai stato. Le religioni che vengono e sono state praticate sono così diverse tra loro che ormai nessuno sembra avere il diritto di imporre il proprio credo agli altri, poiché non possono avere tutti ragione, ed è impossibile dire chi sia nel giusto e chi nel torto. Nella Terra Morente sembra quasi che i personaggi vivano in armonia tra di loro, tollerando e rispettando le bizzarre credenze di ognuno.

Altra grande capacità dell’autore è quella di riuscire, con poche frasi, a far viaggiare la mente del lettore, descrivendo oggetti o luoghi lontani quel poco che basta per alimentare la curiosità di chi legge. Non visiteremo mai la Valle di Ariventa e non conosceremo mai di persona il grande Phandaal, ma ciò non è necessario perché questi semplici nomi sembrano prendere vita nella nostra mente, andando ad arricchire di dettagli il mondo della Terra Morente.

Figura centrale dell’intera opera pero è l’ormai irriconoscibile Sole, costretto dal tempo a raffreddarsi e a diventare una gigante rossa. Presenza costante nella vita degli abitanti della Terra, questi lo vedono come un malato, coperto di macchie solari come di pustole un appestato. Quella che sembra però dipingere Vance è quasi una figura eroica, per certi versi romantica, che ogni giorno si sforza di donare la sua poca luce a quel pianeta che tanto fedelmente gli è stato accanto per miliardi di anni, rimandando il più possibile la sua dipartita e con la sua anche quella di tutte le creature che lo abitano. Nel vedere questo mondo così in rovina sembra quasi che la nostra stella abbia proiettato la sua rovina su tutta la Terra Morente, in una sorta di rapporto simbiotico che esiste tra i due corpi celesti sin dall’alba dei tempi.

Una fiaba al termine dell’esistenza

I personaggi della Terra Morente sono figli del loro tempo e per questo motivo sono completamente diversi da noi, a causa del loro modo di percepire la realtà, allo stesso modo in cui noi siamo diversi da un romano dell’epoca di Cesare, se non di più. In particolar modo è interessante analizzare il modo in cui si approcciano alla fine del mondo. Nel primo racconto del primo libro leggiamo la seguente frase:

“Era allegra la gente della Terra in agonia, eccitata e febbricitante perché ormai la notte infinita era vicina, la notte in cui il Sole rosso avrebbe brillato un’ultima volta, e si sarebbe spento”

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La gente della Terra Morente, conscia dell’imminente fine, non si dispera, ma decide di vivere la giornata, vivendo in tranquillità le ultime ore della sua vita, prima che tutto svanisca e attendendo quindi con uno stoicismo quasi eroico la morte del suo mondo. Troviamo di conseguenza città in festa, gente in allegria, che ride e scherza non curandosi di ciò che verrà dopo. Vance in questo senso si rifà al carpe diem oraziano, quel consiglio tanto prezioso che il poeta romano aveva deciso di gridare a tutte quelle persone che si ostentavano a vivere una vita piena di affanni.

L’autore sapeva benissimo che in letteratura la creazione di un nuovo mondo va di pari passo anche alla creazione della psiche dei personaggi che dovranno abitarlo. Gli abitanti della Terra Morente sono caratterizzati anche da un forte egocentrismo. Nulla viene regalato ma tutto si basa su una strana legge non scritta chiamata “Legge dell’Equità”. In questo senso ad un favore ne corrisponde un’altro della stessa caratura. In una Terra ormai in procinto di morire essere altruisti costituisce solo una debolezza e tutto viene fatto in cambio di qualcosa. Quella che Vance descrive, anche se non è subito chiaro, è un’umanità crudele, che non ha più nulla da perdere e sono pochi i casi in cui gli uomini si mostrano solidali. Gli stessi protagonisti delle sue storie non sono esattamente eroi senza macchia e molto spesso non sono classificabili neanche come antieroi.

Nonostante la diversità delle avventure in cui si troveranno catapultati, i protagonisti della Terra Morente sono accomunati dal forte senso di ricerca nei confronti di qualcosa. La maggior parte delle volte questi oggetti del desiderio non sono altro che le emozioni umane nella loro forma più assoluta: l’amore, il desiderio di conoscenza, la vendetta e così via. Tutto ciò rende i personaggi protagonisti di una fiaba, di cui il lettore segue le vicende da osservatore. Questo perché è praticamente impossibile immedesimarsi con i protagonisti, poiché sarebbe l’equivalente di immedesimarsi nella figura di Re Artù o Lancillotto. Quello che Vance crea è un mondo fatto per essere osservato, storie create per essere narrate.

Ci sono però delle eccezioni. Prendendo sempre le basi dei miti e delle leggende, Vance ne ribalta le basi, creando storie fortemente ironiche, ma comunque credibili e non per questo meno profonde. Un esempio è il racconto che vede protagonista Liane il Viaggiatore. Liane si definisce un uomo che “ama l’oro e la seta, lo scintillio dei pugnali e i gemiti delle fanciulle durante l’amore”. Ci è subito chiaro come Liane, un criminale, sia totalmente l’opposto di quello che un eroe delle fiabe dovrebbe essere. Non è un modello da prendere a esempio. Liane incontra una donna bellissima, una strega, e in cambio del suo amore (inteso come amore carnale) decide di recuperare per lei un pezzo di arazzo che le era stato rubato, continuamente controllato da Chun L’Inevitabile.

L’ironia di Vance è dominante in questo racconto, poiché riesce a rivisitare, in chiave decisamente macabra, il mito del cavaliere e del drago. La base del racconto è la stessa del mito, ma al posto del cavaliere abbiamo un criminale, al posto della bella principessa abbiamo una strega e al posto del drago abbiamo un grosso omone che ama privare le sue vittime dei loro occhi (è chiaro anche il riferimento al mito di Giasone e del vello d’oro, qui rappresentato dal pezzo di arazzo da recuperare). I due libri in cui l’ironia Vanciana si fa più aggressiva però sono sicuramente quelli de Le Avventure di Cugel l’Astuto e de La Saga di Cugel. Il protagonista di questi due romanzi, Cugel l’Astuto, è una canaglia, uno sporadico omicida e soprattutto un uomo disposto a sacrificare gli altri per il raggiungimento di uno scopo. Jack Vance crea forse il personaggio più controverso dell’intero ciclo, dovuto soprattutto al fatto che Cugel sembra mancare di empietà nei confronti delle persone, le stesse persone che in alcuni casi hanno offerto a lui il loro aiuto. Autosoprannominatosi “L’Astuto”, in realtà Cugel è semplicemente un ingenuo capace però di adattarsi alle situazioni.

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In particolar modo Vance sottolinea la sua capacità di sfruttare a suo vantaggio le credenze di un popolo, prendendo le sembianze ora di un oracolo e risvegliando antichi demoni sepolti, che costituiranno un ottimo diversivo per le sue numerose fughe, abbattendo in questi casi anche i dogmatismi che costituiscono le basi di una determinata comunità. L’autore crea quindi un protagonista che, per certi versi, non ha nulla da invidiare al suo antagonista, Iucounu il Mago Beffardo, potente stregone colpevole delle peripezie che tormenteranno Cugel. Interessante notare come Vance abbia strutturato i due libri nella maniera di un romanzo picaresco, con il protagonista che viene proiettato da un contesto all’altro in maniera quasi frenetica, perché alla fin fine Cugel non è altro che una versione macabra del Lazarillo de Tormes.

Echi del passato

Nell’opera di Vance il passato costituisce una presenza costante, una sorta di fantasma che si aggira tra i paesaggi della Terra ricordando a tutti della sua esistenza ora perduta. Il passato è qualcosa che può essere enciclopedicamente conosciuto, ma mai del tutto compreso da chi non l’ha vissuto. Da una parte troviamo un passato concreto, simboleggiato dalle rovine di antiche città che attraversano in lungo e in largo la terra Morente.

“[Liane] La mattina seguente lasciò la locanda e si avviò verso la Città Vecchia, un grigio e selvaggio ammasso di pilastri crollati, di blocchi di arenaria corrosi dal tempo, di capitelli abbattuti dalle incisioni semicancellate, di grandi terrazze coperte di spesso muschio. Lucertole, serpi e insetti erano signori incontrastati di quelle rovine. Non c’era null’altro di vivo”

È un passato alla portata di tutti e non è raro trovare abitanti che lo ricordano in maniera quasi nostalgica, senza però averlo vissuto. Dall’altra parte invece troviamo un passato invece più radicato nella mente degli uomini. Si tratta delle tradizioni, dei costumi e delle usanze dei popoli, che sono state trasmesse di generazione in generazione superando man mano la sfida del tempo. In un brano tratto da “La Saga di Cugel”, il protagonista arriva nella città di Gundar e, affascinato dalle case degli abitanti, chiede maggiori informazioni al locandiere. Questo risponde:

“L’architettura, almeno, è presto spiegata. Gli antichi Gundariani vivevano in zucche enormi. Quando una parte delle pareti si indeboliva, veniva sostituita con degli assi, così che in seguito la gente si trovò a vivere dentro delle vere e proprie case di legno, e lo stile è stato, poi, mantenuto”

Nella Terra Morente però nulla dura in eterno, ma tutto è in continuo cambiamento e la maggior parte delle volte è destinato a morire. Il tempo è qualcosa con cui Vance ama giocare, dove due o tre miliardi di anni costituiscono un lasso di tempo davvero ristretto e gli uomini ormai lo misurano semplicemente in eoni. Ancor più interessante nei libri della Terra Morente è il fatto che i suoi abitanti sembrano non conoscere quello che è il nostro passato. Eccezion fatta per un solo riferimento, Vance decide di non menzionare il nostro tempo, per aumentare la condizione di straniamento del lettore e farlo completamente immergere in un mondo talmente alieno in cui è impossibile trovare appigli.

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Magia

La magia è una delle componenti fondamentali dei romanzi. Il mondo della Terra Morente è popolato da strane creature, demoni e maghi. Sembrerebbe quasi un’ambientazione fantasy, se non fosse per il fatto che c’è una spiegazione “scientifica” a tutto ciò. Infatti la magia di Vance è più ad una scienza molto avanzata, che alla magia vera e propria. Arthur C. Clarke, autore di 2001: Odissea nello Spazio (da cui è stato tratto l’omonimo film di Kubrick) e di Incontro con Rama, era solito dire:

“Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”

Ed è proprio di ciò che si tratta. L’epoca dei grandi maghi (o scienziati) della Terra Morente è ormai finita da tempo e ciò che rimane dei loro potenti “incantesimi” non sono altro che semplici formule e qualche sortilegio, eccezion fatta per pochi casi. I grandi maghi ormai sono pochi e neanche loro riescono a capire pienamente i meccanismi della loro magia, frutto dei lavori dei loro predecessori. Vance fa riferimento a una scienza in particolare, la matematica, che come sostiene il mago Pandelume:

“In essa risiede l’universo intero. Inerte in sé stessa, non è una stregoneria, ma fa luce su ogni problema, su ogni fase dell’esistenza, e su tutti i segreti del tempo e dello spazio. I vostri incantesimi e i vostri simboli si fondano tutti su di essa sono codificati secondo un grande mosaico di magia”

La matematica però è una scienza ormai sconosciuta ed è per questo che gli abitanti della Terra Morente non comprendono appieno i meccanismi della magia. Lo stesso ragionamento va applicato a oggetti come i talismani, che possono semplicemente essere considerati come reliquie tecnologiche di un tempo passato.

P.S.: Il mondo della Terra Morente di Jack Vance risultò talmente vasto e intrigante che George R.R, Martin e Gardner Dozois pubblicarono un’antologia di racconti scritti da vari autori di fantasy e fantascienza (tra cui Neil Gaiman, lo stesso George R.R. Martin, Dan Simmons e altri) che ne condividevano l’ambientazione ed alcuni dei personaggi.

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Cover image: Marc Simonetti

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