Exit, la canzone maledetta degli U2

Posted by

Tra le gemme contenute in The Joshua Tree c’è Exit, una delle canzoni più riuscite di sempre degli U2.

Fu composta sul finire delle sessioni dell’album, dopo una jam session come tante altre che non fu però fine a se stessa, ma che scaturì in qualcosa di più complesso, tanto da costringere Brian Eno e Daniel Lanois a cancellare i programmi di registrazione per far proseguire il processo di composizione del gruppo.

La trama musicale complessa che sosteneva il brano influenzò Bono nella stesura del testo, che si trovò ad abbandonare i temi a lui cari per concentrarsi su qualcosa di profondamente diverso e inedito nel canzoniere degli U2: la storia di un amore ormai lontano e che sembra aver segnato il protagonista in maniera ossessiva.

You know he got the cure
But then he went astray
He used to stay awake
To drive the dreams he had away

Lo sai, lui aveva la cura
Ma poi si è perduto
Passava le notti insonni
A guidare i sogni che aveva altrove

È un’escalation incessante e tirata che sembra precludere a qualcosa di profondamente oscuro: la mano dell’uomo stringe nella tasca una pistola, ne sente il freddo e pesante materiale che la compone, mentre un cane latra in lontananza e pare interpretare con il suo pianto la situazione pronta a esplodere.

L’allucinata e sconvolta descrizione dei momenti che precedono un omicidio, un suicidio o l’esecuzione di entrambi, è sostenuta dalla rabbiosa chitarra di Edge, mentre basso e batteria creano un’atmosfera cupa e claustrofobica, da cui sembra impossibile uscire se non con un atto estremo e definitivo.

Il risultato finale è una delle migliori prove degli U2, che riescono con musica e parole a rendere davvero palpabile l’ansia, la paranoia e l’impatto emotivo che un gesto come quello descritto comporta per il suo autore.

U2 - Exit - The Joshua Tree - Lyrics

He went deeper into black
Deeper into white.
He could see the stars shine
Like nails in the night

È sprofondato nel nero
È sprofondato nel bianco
Poteva vedere le stelle splendere
Come unghia nella notte

Ma la storia di Exit non finisce qui. Nel 1989 un tale Robert John Bardo, dopo aver passato anni a molestare e perseguitare l’attrice Rebecca Schaeffer, si presentò il 19 luglio a casa della donna e la uccise.

Bardo, che oltre a essere uno stalker era anche un vero e proprio pazzo, decise di uccidere l’attrice dopo averla vista in una scena un pò troppo scollacciata in un film e assunse un investigatore perché risalisse al suo indirizzo. Raggiunta la dimora, suonò all’uscio e dopo un battibecco con la Schaeffer si allontanò senza particolari conseguenze.

A hand in the pocket
Fingering the steel
The pistol weighed heavy
And his heart he could feel was beating

Una mano in tasca
Sfiorando l’acciaio
La pistola pesava
E lui sentiva il suo cuore battere

Passò un’ora e si ripresentò di nuovo. Stavolta non diede tempo alla donna di scacciarlo, sparandole un colpo di pistola a bruciapelo e fuggendo via. Lo presero quasi subito e l’uomo confessò il suo crimine sostenendo che Exit lo avesse influenzato e convinto a compiere il delitto. La canzone fu portata al processo come prova e ascoltata dalla corte, che condannò Bardo per omicidio di primo grado.

Exit divenne così non solo una dei capolavori del gruppo irlandese, ma anche la loro canzone maledetta, talmente riuscita e coinvolgente da diventare addirittura la causa scatenante di un omicidio e rendendo ancora più evidente quell’alone tragico che la sua atmosfera tenebrosa e livida lascia trasparire a ogni nota.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.