Beethoven, il dolore e il coraggio

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Alla prima della Nona sinfonia, la sera del 7 maggio 1824, presso il Theater am Kärntnertor di Vienna, le cronache dell’epoca raccontano che il pubblico acclamò Beethoven con un’interminabile applauso. Un notevole successo, di cui Beethoven, ormai completamento sordo, si rese conto soltanto grazie al soprano che gli si avvicinò invitandolo a voltarsi verso la folla acclamante: “C’erano fazzoletti in aria, cappelli, mani alzate, in modo che Beethoven, che non riusciva a sentire gli applausi data la sua quasi completa sordità, potesse almeno vedere i gesti di ovazione e di consenso verso questa composizione”.

Il pubblico lo acclamò con ben cinque standing ovation. Qualcosa di eccezionale, per quel tempo. Era consuetudine, infatti, che solo la coppia reale, quando faceva il suo ingresso nella sala da concerto, potesse ricevere ovazioni, e peraltro solo tre. Il fatto che cinque ovazioni fossero indirizzate a una persona privata fu considerato un atto contro legge e, visto che la persona in particolare era un musicista, indecente. Testimoni raccontano che la polizia intervenne per riportare l’ordine. Beethoven venne prelevato di forza e allontanato dal teatro. Chissà… magari l’applauso e le standing ovation, senza questo loro intervento violento, sarebbero state anche più di cinque.

Beethoven: Symphony 9, Op. 125 (Clockwork Orange)

È bello comunque pensare che riuscì a vedere almeno con i suoi occhi l’affetto e la stima delle persone dopo una vita piena di dolori. Molti furono i traumi sofferti da bambino. Sensibile alla nevrosi materna, ma ancor più sopraffatto dalla figura paterna, era terrorizzato dalle percosse, dal pericolo di essere colto in errore o svegliato improvvisamente in piena notte. Beethoven manifestò, per tutta la vita, insieme a un carattere scontroso e stravolto, un grande bisogno d’amore e l’ansia pungente di costruirsi un nido di affetti domestici. I tumulti, il dolore, gli incubi, l’abbattimento, la rivolta… sono gli stessi scuotimenti tellurici che ritroviamo nel suo inconfondibile stile romantico e rivoluzionario per il tempo. Le sue composizioni sono il segno della lotta di Beethoven contro i demoni della sua infanzia e della sua vita in genere.

Superando con una ferrea volontà le prove di una vita segnata dal dramma della sordità, attraverso la sua musica, Beethoven celebrò il trionfo dell’eroismo, della fratellanza tra i popoli e della gioia, nonostante il destino gli avesse riservato un drammatico isolamento. Mai vennero meno la sua forza spirituale e il suo ottimismo, e anche nei momenti più drammatici conservò sempre la fiducia nella bontà della vita e nel suo Creatore. Quando si accorse che la sua sordità cresceva ogni giorno preferì isolarsi dagli altri rinchiudendosi sempre più in se stesso, pur di non rendere pubblica questa sua menomazione; fu considerato così un asociale e un misantropo, e questo gli provocava molto dispiacere. Pensò anche al gesto estremo di togliersi la vita, ma coraggiosamente continuò il suo lavoro, immergendosi completamente nella composizione. Questa sua decisione mette in risalto una componente importante del carattere di Beethoven: il coraggio, perché ci vuole molto coraggio per riuscire a continuare a vivere nella sordità totale, soprattutto per un musicista e compositore come lui.

Ludwig Van Beethoven's Ninth Symphony

Dagli scritti emerge un immenso amore per la natura, quasi in essa trovasse conforto e potesse lenire nella sua contemplazione i suoi rovelli. Scrisse alla sua amica Therese Malfatti nel maggio del 1810: “Quanto è fortunata Lei, che è potuta andare in campagna già così presto. Io non potrò godere tale beatitudine fino al giorno 8. Non c’è nessuno che possa amare la campagna quanto me. Dai boschi, dagli alberi, dalle rocce sorge l’eco che l’uomo desidera udire.”

Ma il suo più recondito sentire lo esprime nel Testamento di Heiligenstadt, una lettera indirizzata ai suoi fratelli Karl e Johann: “O voi che pensate che io sia… misantropo, quale ingiustizia mi fate! Da sei anni sono vittima di una terribile sventura, aggravata da medici incompetenti. Ah, come può essere possibile rivelare la debolezza di un senso che dovrebbe essere più acuto in me che negli altri uomini? La musica è una rivelazione più profonda di ogni saggezza e filosofia. Chi penetra il senso della mia musica potrà liberarsi dalle miserie in cui si trascinano gli altri uomini.”

Beethoven, Symphony 9, 3rd movement (complete), Adagio molto e cantabile, Philharmonia Baroque

Un racconto che ci avvicina ancor di più a Beethoven, ce lo fa amare nella sua sofferenza, nella sua disperazione. Lo sentiamo vicino come uomo prima che come compositore. Riusciamo a percepire le pene che deve aver sofferto. E tutta questa sofferenza, tutta la speranza che, a dispetto di tutto, risuona in questa Sinfonia, lo rende ancor più caro.

Un mondo intimo, quello di Beethoven, perfettamente sintetizzato dalle immagini del film Amata Immortale, diretto da Bernard Rose. Vediamo Beethoven insicuro, sofferente e timoroso della reazione del pubblico. Mentre l’orchestra suona, lui si rifugia nei ricordi, ripercorre i dolori dell’infanzia, le percosse del padre e la sua continua fuga nella natura, suo unico rifugio insieme alla musica. C’è tutto Beethoven in queste immagini indimenticabili.

La Nona sinfonia e il mondo di Beethoven

 

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