Il ritorno del vinile: i dati ufficiali e alcune riflessioni

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Non so voi, ma io, a vedere centinaia di ragazzi che riempiono un centro sociale per parlare di vinili, mi sono posta due domande. E pensare che sono stati miei coetanei a organizzare decine di stand riempiti con materiale che per loro è-quanto meno- anacronistico, mi è venuta voglia di indagare.

E quanto emerge da scene come quelle che ho vissuto al Venyl, la fiera del disco a Venezia, ci dice che il mito del vinile non riguarda più solamente i vecchi nostalgici o i cultori del suono perfetto, ma anche le nuove generazioni.

Nel 2015, Music Watch ha riportato che i consumatori sotto i 25 anni acquistavano la metà delle vendite di vinili negli Stati Uniti. Si parlerebbe di 6 milioni di dischi acquistati dai giovani.

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Adolescenti che hanno sempre convissuto con una realtà semi virtuale rimangono affascinati dalla possibilità di interagire con la musica. Come se, essendo cresciuti in un’epoca dove la musica è virtuale e accessibile dietro uno schermo, la possibilità di interfacciarsi con la fisicità del suono rappresentasse una novità.

Ancora più sorprendente, sono più interessati ad investire in vecchi dischi e set in edizione limitata piuttosto che negli attuali successi da classifica.

Per aiutarvi a visualizzare di cosa stiamo parlando: se nel 2015 i vinili avevano totalizzato un +43% rispetto all’anno precedente, nel 2016 il dato della vendita di vinili è salito al 53%: significa che quell’anno la vendita globale di vinili ha generato un giro d’affari superiore a quello dei download digitali. Era dal 1991 che i dischi non vendevano così tanto.

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Fonte: Wall Street Journal

“Una crescita folle” ha dichiarato Keith Caulfield, associate director per le classifiche del sito Billboard.com, “che trova il suo fondamento in un mercato dal potenziale non ancora pienamente sfruttato”.

Il vinile raggiunge due tipi di consumatori: quelli più anziani che lo ricordano con affetto e magari posseggono ancora un giradischi, e quelli più giovani a cui piace avere in mano una copia fisica del disco e ammirarne la copertina.

E ancora, dichiarò Paolo Maiorino, responsabile del catalogo e dei progetti speciali di Sony all’ANSA:

Ormai il vinile non è più una nicchia, comincia a diventare una parte sensibile del mercato e potrebbe rallentare la decrescita del fisico. Rimasterizzare in questo modo è quel valore aggiunto che fa la differenza: non si tratta solo di prodotti destinati a un pubblico adulto che era cresciuto con gli LP, in generale si cerca una qualità si era persa inevitabilmente con mp3 e streaming

Non è mancata naturalmente la risposta delle case discografiche: Sony Music ha stampato nel 2017 undici milioni di dischi, un numero doppio rispetto a quello del 2014: il 60% saranno ristampe di vecchi album. L’azienda ha inoltre annunciato l’apertura a marzo di quest’anno di una fabbrica dove stampare gli album dei propri artisti.

Abbiamo visto i dati delle vendite, ma di che musica esattamente si sta parlando?

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Scorrendo i titoli dei 20 album più venduti nei primi sei mesi del 2017  in Italia : 9 di questi 20 titoli sono opere storiche del rock o del jazz come ‘The Dark Side of The Moon’ o ‘Kind of Blue’, raccolte come ‘Bowie Legacy’ o attese riedizioni rimasterizzate e celebrative come ‘Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band’, di fronte a una classifica generale che ospita solo l’antologia ‘Vascononstop’. Seguono album di musica classica, jazz, blues e rock.

Ed è uno scenario simile a quello di altri Paesi.

La rivista Business Insider UK si è preoccupata di stilare la classifica dei vinili più venduti dell’anno 2017. Se in testa svettano i sempiterni Beatles, seguiti da Roger Waters, già in 12ma posizione troviamo il super attuale Divide di Ed Sheeran e poco dopo Rag’n’Bone Man con Human.

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Uno dei vinili più venduti di sempre

E pensate: persino confrontando la classifica dei vinili più venduti di tutti i tempi, nonostante ci si aspetti che il vantaggio di decadi di vendite avvantaggi i titoli più vecchi, si trovano titoli degli ultimi anni già nelle prime trenta posizioni.

Nuovo e vecchio si fondono senza rispettare scale di età o classifiche, come se fossero album che arrivano tutti dallo stesso periodo, cancellando logiche di tempo e gusti.

Ma chissà che cos’ha, che prende così, che cattura e affascina. Scriveva Simone Stefanini:

Posando la puntina sui solchi, il vinile ti obbliga ad un rispetto per la musica. Te ne devi prendere cura. È l’equivalente audio del cinema in pellicola. In una parola, è magico.

E le aziende si sono mosse subito. Sono nate politiche commerciali (Loudness war) che tendono a sottoutilizzare enormemente le possibilità del supporto digitale, comprimendo in un range dinamico di 20 dB un supporto che può tranquillamente raggiungere i 90 dB , in modo da sopperire alle scarse prestazioni degli apparecchi riproduttori più diffusi.

Forse per questo ci affascina procurarci copie fisiche di quell’album che ci ha colpiti e che ascolteremmo di continuo: perché ha una resa migliore e perché ci piace averlo lì.

Che poi è esattamente quello che ho provato io. Non è stata un’esigenza culturale a spingermi a comprare la copia in vinile di un album che avevo già: ma invece un’esigenza quasi ancestrale di poter toccare e accarezzare qualcosa di bello, che in quel momento sentivo più mio. Sentire che tenevo tra le mani un pezzo di storia, che diventava più mio.

Non si investe solo in musica di qualità, ma in qualche modo anche in un’opera d’arte.

E forse per questo Andrea Silenzi scriveva: E se alla fine fosse proprio il vecchio vinile a salvare l’industria discografica?

Forse per questo anche chi, come me, non ha conosciuto il vinile all’epoca del vinile riempie fiere del disco come quella di Venezia.

Perché quando ci siamo proiettati verso il futuro, verso lo streaming e le canzoni in tasca abbiamo realizzato che, in fondo, quella musica senza corpo e senza peso ci privava di qualcosa.

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