Dead Cross: la nuova, necessaria avventura musicale di Mike Patton

L’8 agosto del 1900, David Hilbert presenta una lista di 23 problemi nella sua conferenza del Congresso Internazionale dei matematici svolta a Parigi. Richieste di dimostrazioni e ipotesi a cui gli addetti ai lavori hanno parzialmente risposto con successo nell’arco del secolo successivo, in decenni e decenni, otto quesiti hanno avuto risoluzione perfetta, altre parziali, un paio di enigmi invece sono tutt’ora irrisolti. Se per divertimento volessimo porre la medesima sfida, portando però i quesiti in ambito puramente musicale, la prima delle domande da lasciare ai posteri la proporrei io: esiste un brano che Michael Allan Patton non riuscirebbe ad interpretare?

Perché, parlando meramente di generi sonori su cui mettersi in gioco, la risposta secca sarebbe no. Nel corso della sua carriera, Mike Patton ha dimostrato di potersi confrontare praticamente con ogni stile lo incuriosisse. Già partendo dai Mr. Bungle (formazione con cui è artisticamente nato) e Faith No More, il ventaglio di sonorità coperto è impressionante. Se ci aggiungete progetti come Tomahawk, Mondo Cane, Lovage e Peeping Tom, diventa un bagaglio dalle proporzioni mostruose.

dead_cross
Dead Cross, la copertina dell’album

Decidiamo infine di addizionare i Fantômas, senza metterli in fondo per una questione di mancanza di rispetto, tutt’altro. Il supergruppo fondato nel 1998 dal vocalist rappresenta la vera chiave per arrivare ai Dead Cross: è in occasione di quella esperienza che il batterista Dave Lombardo approfondisce il suo sodalizio artistico con Patton. I due assieme sono chirurgici, feroci e brillanti. Ruote e asfalto di un’autostrada delirante che confeziona scorie di Hardcore eseguito così al millimetro da apparire Prog. Il tutto in una nube densa di seducente amore per le soundtracks che Mike si porta dagli esordi. La band passa quasi un decennio intenso poi, complici i numerosi impegni incombenti (Melvins per Buzzo, Lombardo tornò brevemente con la sua band d’origine, reunion dei Faith No More e vari pellegrinaggi sonori per Mike), suonare diventa difficile. A Dave la cosa dispiace immensamente, terminata per la seconda volta la sua avventura con gli Slayer, fonda una band, calca importanti palchi con gente storica come Suicidal Tendencies, Misfits (in una occasione storica), ma i Fantômas gli rimangono nel cuore. Eppure le circostanze non mancano per dar loro un occasione per riavvicinarsi.

I Dead Cross nacquero nel 2015 dalla mente sua, oltre che di Mike Crain (Retox), Justin Pearson (anche nei the Locust) e Gabe Serbian. Insomma non esattamente la band che chiamereste alla festa di compleanno al Mc Donald del vostro nipotino. Tempo un anno e una sola canzone già registrata, Gabe molla la baracca. Il gruppo ha già le basi strumentali pronte, serve qualcuno che dia il ruggito a quella orchestra del chiasso che hanno in mente. Chi meglio di Patton? Uno che nei Faith No More, fece la medesima cosa per The Real Thing, fu il suo battesimo del fuoco verso il mainstream. Sono passati quasi trent’anni ma, se dovessimo usare la performance del cantante come unica unità di misura temporale, faremmo realmente molta fatica ad immaginarcelo. Le linee vocali scelte sono così aderenti ai musicisti che sembra abbiano registrato ogni cosa all’unisono nella stessa stanza alla medesima session. Il risultato è un Hardcore viscerale, cavernoso quanto i Discharge, folle come i Fantômas, stronzo come un disco Crossover Trash dei D.R.I.

Non mancano numerosi riferimenti al background degli addetti ai lavori, Seizure and Desist ha la fame schizoide dei Dillinger Escape Plan, Obedience School alterna la zampata Locustiana pur conservando un gusto della melodia che non è da molte band del settore. Perché, nonostante un tiro veramente fluido e roccioso, non suona affatto come un disco monocromatico di sola violenza. Ha un malsano mood tenebroso e lugubre che sa declinarsi a seconda delle occasioni. A questo proposito va ricordata la rischiosa quanto interessante cover di Bela Lugosi is Dead, una scelta molto intelligente, considerando l’attitudine grezza, sperimentale e oscura dei Bauhaus, il quartetto non decide tanto di puntare all’acceleratore in questo caso ma alza una coltre di fumo chitarristico che è come un enigmatico mantra.

A sentire la foga di Dave in momenti come Divine Faith ci si chiede se non è più Slayer lui dei reduci rimasti con l’attuale moniker, visto che in due minuti e mancia rendono quel piglio che nell’ultimo lavoro dei trashers proprio manca. È probabile merito di un progetto fresco e motivato, che non ha un copione dietro cui nascondersi. Quando il disco si chiude, non siamo arrivati nemmeno alla mezz’ora, in compenso non c’è un centesimo di secondo sprecato e la doppietta finale dona i brani un po’ poi dilatati della raccolta. Sotto i quali potrebbe nascondersi il songwriting della prossima evoluzione artistica di un supergruppo che, al momento, sembra realmente lanciatissimo come un proiettile. Se escludiamo gli “OFF!” viene difficile immaginarsi negli ultimi dieci anni un progetto sonoro improntato sul punk hardcore che sia riuscito altrettanto bene sin dalle prime battute.

Non sappiamo se piacerebbe ai matematici parigini di cui sopra, di sicuro i Dead Cross la loro formula perfetta sembrano proprio averla trovata.

Dead Cross è su Amazon.

One comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.