Animal House: la scalmanata irriverenza di un cult inaspettato

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Uno dei film più volgari, comici e ribaldi della storia del cinema, capace di strappare applausi e risate a un’alzata di sopracciglio: ecco, questa sarebbe la risposta da dare a chi vi chiedesse cosa rappresenta Animal House. Il film di John Landis, uscito nelle sale negli ultimi giorni del luglio 1978 e distribuito da noi nell’ottobre dello stesso anno, era stato scritto e concepito dal gruppo del National Lampoon, una delle riviste di controcultura più anarchiche e dissacranti degli anni ’70.

Ridere di fronte alle disavventure della sgangherata confraternita Delta, ricettacolo dei peggiori elementi del Faber College e nemica giurata della ben più prestigiosa e selettiva Omega, fu vissuto all’epoca con imbarazzo da certi intellettuali, che non capivano perché si sentissero così attratti da quelle scene semplici ed esilaranti allo stesso tempo. Animal House non ha pretese particolari, anzi: si limita a farsi guardare, inanellando una dopo l’altra situazioni paradossali e capaci di strappare risate su risate, raccontando una storia di rivalsa nei favolosi anni ’60 (il 1962, per la precisione). L’elite bianca della Omega House rappresenta l’arrogante e destrorsa America di quel periodo, aggressiva nei confronti delle minoranze e repressa sessualmente, in continuo contrasto con la ben poco ortodossa Delta, combriccola di elementi dagli appetiti voraci e dagli istinti tutt’altro che controllabili. A spalleggiare gli Omega abbiamo l’autorità rappresentata da Dean Wormer, che desidera più di ogni altra cosa espellere il pessimo gruppo di Bluto: dietro la figura meschina e tirannica interpretata da John Vernon, molti critici hanno visto la rappresentazione dell’ex Presidente Nixon, schiacciato solo pochi anni prima dalla scandalo Watergate.

L’idea iniziale di Ivan Reitman (che svolge la funzione di produttore per il film) è quella di includere più artisti possibili del Saturday’s Night Live, trasmissione simbolo di quel fine decennio ’70 e in grado di lanciare, oltre a Belushi, anche altri grandi nomi come il suo sodale Dan Aykroyd, Chevy Chase e Bill Murray. I personaggi della Delta sono costruiti attorno ai più banali e comuni archetipi dei frequentatori delle congregazioni dei college statunitensi ed erano stati scritti per essere interpretati proprio dal cast al completo del programma della NBC: purtroppo i limiti di budget portarono soltanto Belushi (che fece la fortuna della pellicola) a trovare un accordo con la produzione, che dovette rivolgersi altrove per il cast.

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Il futuro senatore John Blutarsky

Il copione (scritto tra gli altri da Harold Ramis) si basava su una forte componente d’improvvisazione, permettendo al genio di John Belushi di affacciarsi con tutta la sua potenza immaginifica di fronte alla camera da presa e di surclassare gli altri membri della Delta House (Tom Hulce, Peter Riegert, Stephen “Sogliola” Furst e Bruce McGill): Bluto è una forza della natura e libera senza nessuna preclusione ogni grammo della verve comica dell’attore di Chicago, inondando il film in ogni parte. Ogni inquadratura, ogni bevuta, ogni mangiata, non sono altro che un’incredibile occasione per rimanere allibiti di fronte al suo talento debordante.

Se non ci fosse stato Belushi, probabilmente non staremmo oggi ancora a parlare di Animal House. La sua presenza demenziale e capace di cambiare marcia a ogni scena rendendola speciale, lo lanciò nell’Olimpo dei comici più richiesti da Hollywood: il Toga Party, la Food Fight alla mensa, lo spogliarello con lui sulla scala, non sono altro che esempi di una bravura sconfinata.

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appunto

Il successo del film portò anche alla realizzazione di una sit-com (Delta House) che riprendeva la storia da dove si era interrotta e aveva molti dei personaggi interpretati dagli stessi attori di Animal House. Ovviamente John Belushi non si prestò a tornare nei panni di Bluto nella serie televisiva (che tra l’altro vedeva il debutto di una giovane Michelle Pfeiffer) e venne sostituito da John Mostel, che diede vita a Blotto, il fratello minore del signor Blutarsky. La Universal studiò un paio di seguiti, che però non vennero mai messi in produzione e furono definitivamente archiviati alla morte di Belushi nel 1982. Animal House conquistò al botteghino 142 milioni di dollari, surclassando ogni commedia precedente e cambiando il modo di realizzare gran parte delle successive pellicole di genere (Scuola di Polizia e Porky’s su tutti): andò ben oltre le aspettative, nonostante fosse solo un piccolo film su studenti ubriaconi e dagli ormoni in fibrillazione. A volte basta davvero poco per diventare un cult.

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Luca Divelti scrive storie di musica, cinema e tv su Rock’n’Blog e Auralcrave. Seguilo su Facebook e Twitter.

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