Quando Kafka aveva il blocco dello scrittore

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Chi come me ingaggia quotidianamente la sua personalissima battaglia con la scrittura sa benissimo cosa rappresenti il tormento di non avere nulla con cui riempire la pagina. Tipico per chi con le parole è alle prime armi, è però una lotta che ingaggiano anche scrittori affermati, anche i maestri che tanto ammiriamo.

Tutti noi apprezziamo il talento e la creatività con cui Franz Kafka racconta le sue storie. Leggendo l’incipit de La metamorfosi è difficile controllare lo stupore per il genio di questo triste scrittore praghese:

“Quando Gregor Samsa una mattina nel suo letto si svegliò da sogni inquieti, si ritrovò trasformato in un immane insetto.”

Leggendo questa semplice frase, ogni scrittore o aspirante tale non può fare a meno di sgranare gli occhi e chiedere al cielo che gli sia donata anche una sola briciola dell’ispirazione di questo grandioso scrittore.

Lascerà un po’ stupefatti, ma sarà anche consolatorio sapere che anche Kafka ha avuto i suoi tormenti.

In tempi moderni le fibrose pagine di un quaderno privato sono state soppiantate dal freddo foglio elettronico e dal “diario” messo a disposizione da Facebook. I nostri tormenti sono condivisi con i nostri “amici” e, se usati creativamente, servono a costruire la nostra storia, la nostra identità sociale. Ma Kafka è figlio di altri tempi e i suoi tormenti amava vergarli nelle pagine private del suo diario.

È proprio in queste pagine che scopriamo quanto la scrittura lo tormentasse.

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Spesso, quando malediciamo quelle dannate parole che proprio non vogliono saperne di venir fuori, siamo facile preda della malinconia, della tristezza di non essere prolifici e fantasiosi come gli scrittori che ammiriamo. Svegliandomi la mattina, sogno tutti i giorni di essere Saramago, Dostoevskij o Calvino, mentre mi ritrovo a essere sempre lo stesso, magari fortunato a non essere un “immane insetto”, ma pur sempre il triste sognatore che non riesce a essere all’altezza dei propri miti. Chiunque abbia letto la celebre poesia di Charles Bukowski, Don’t try, ogni qual volta si trovi paralizzato e incapace di scrivere si domanda se dentro sé abbia lo stesso fuoco che brucia in Bukowski o Kafka.

Chi come me affronta questi demoni, chi si mette in gioco tutti i giorni sfidando la creatività nei campi più disparati, troverà forse consolazione nel sapere che Kafka nei suoi diari privati scrive cose del genere:

20 gennaio 1915: Fine della scrittura. Quando tornerà da me?

29 gennaio 1915: Ancora una volta ho provato a scrivere, praticamente inutile.

7 febbraio 1915: Blocco completo. Tormento senza fine.

11 marzo 1915: Come vola il tempo; altri dieci giorni e non ho scritto niente. Non esce fuori nulla. Scrivo una pagina e sembra che abbia vinto, ma non posso controllarlo, il giorno dopo non ho più questo potere

Franz Kafka soffriva come tutti noi. Il suo diario racconta il tormento e la fatica che la pratica della scrittura richiede sempre. Sarà di conforto per noi comuni mortali sapere che anche Kafka era umano, proprio come noi. Anche lui era soggetto ai capricci della musa e consumava le proprie energie chiedendosi perché le parole l’avessero abbandonato.

Eppure, dopo ognuna di queste sofferenze Kafka ha saputo scrivere pagine memorabili, diventando uno degli scrittori più amati e studiati nel mondo. Ogni sosta ha trasformato Kafka in uno scrittore migliore.

Se una mattina doveste sentirvi strani e malinconia e tristezza vi assalissero; se pensate di non essere all’altezza delle vostre stesse aspettative, di quello che sognate di fare, beh non rassegnatevi. È possibile che stiate semplicemente completando la vostra metamorfosi.

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