Il cane, un angelo a quattro zampe

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È proprio vero che l’amore per gli animali ed, in particolare per i cani, unisce persone di epoche differenti. La letteratura classica, a cominciare da Argo, il celebre cane di Ulisse, è piena di citazioni che in maniera diretta o indiretta, indicano il cane come il migliore amico dell’uomo e compagno in molte peripezie della vita. Ed è innegabile che il cane è “nu signore”, come saggiamente lo definì il principe Antonio de Curtis, in arte Totò, che attribuì al nobile animale anche l’altissima dignità di essere “a metà strada tra gli angeli e i bambini”.

Ma chi sono i cani, tanto amati o tanto maltrattati, da assurgere a paradigma di esistenza magra e miserevole, con le infelici espressioni di “vita da cane” o “solo come un cane”?

Cosa rende i cani degli animali speciali

Come è ben noto, il cane è un mammifero carnivoro della specie dei canidi, considerato una sottospecie del lupo, dal quale si sarebbe distinto a causa dell’addomesticamento ad opera dell’uomo iniziato, si pensa, circa 12.000 anni fa. La maggior parte degli etologi ritiene che il cane sia una forma “neotenica” del lupo, cioè nelle varie razze di cani, con alcune differenze fra loro, si riscontrerebbe uno sviluppo psichico dei vari stadi del cucciolo di lupo, senza poter conseguire la maturità dell’esemplare adulto. Tale regressione sarebbe stata originata proprio dall’adattamento alla partecipazione alla vita umana, anticamente concepita soprattutto come ausilio nelle attività di caccia. Alcuni studiosi, dopo il ritrovamento di alcuni fossili di proto-canidi presso insediamenti umani in Siberia, retrodatano il rapporto dell’uomo con il cane addirittura a circa 35.000 anni fa. Sull’evoluzione delle diverse specie, è considerata più attendibile la tesi che sostiene  che esse derivino da differenti processi di addomesticazione e non da progenitori unici.

Le caratteristiche del cane, dunque, sono estremamente variabili, a causa dell’intervento diretto dell’uomo e della concomitante selezione naturale: si può passare dal chilo scarso di peso dei chihuahua ai 140 chili del San Bernardo. A differenza dei lupi, che hanno l’estro solo una volta all’anno, i cani, tranne pochissime eccezioni, ne hanno due, elemento favorito dall’uomo per rendere più numerosi i propri allevamenti. Il cane è un animale delicatissimo, a cominciare dai primi giorni di vita, in cui necessita di ricevere molte cure. I cuccioli nascono con gli occhi chiusi e, soltanto dopo dieci giorni di vita, le palpebre si aprono e permettono ai piccoli di osservare. Anche l’udito si sviluppa generalmente dopo dieci giorni di vita. La cosiddetta infanzia del cane, quando i piccoli possono essere definiti propriamente “cuccioli” , varia dai quattro ai sei mesi, anche se non c’è un limite preciso. In effetti, per le ragioni cui abbiamo fatto riferimento in apertura, i cani sono “eterni bambini”, in quanto rappresentano un’evoluzione neotenica, ovvero infantile, del lupo. Il periodo, invece, chiamato di “adolescenze canina” può protrarsi fino ai diciotto mesi circa. Il comportamento può essere addestrato o modificato, a seconda delle varie esigenze, soprattutto nel primo anno di vita. Gli esemplari che subiscono gravi maltrattamenti o che non abbiano ricevuto il necessario supporto della madre, mediante lo svezzamento, difficilmente matureranno un atteggiamento socievole e compatibile con le attività umane, anche se le eccezioni che smentiscono questo assioma non sono affatto infrequenti. L’amore e la capacità empatica di comunicare da parte della persona che si prende cura dei cani maltrattati possono fare miracoli.

È risaputo che alcuni sensi del cane sono enormemente sviluppati, in particolare l’olfatto. Quella che viene denominata “corteccia olfattiva” gioca un ruolo straordinario nel cervello del cane e, di conseguenza, nel suo modo di comportarsi e di relazionarsi con il mondo circostante, con gli altri animali e con l’essere umano. Alcuni etologi ritengono che l’olfatto canino sia mille volte più sviluppato rispetto a quello dell’uomo. Dal punto di vista scientifico, ciò è reso possibile dalla presenza del “tartufo”, l’estremità del naso del cane e dalla considerevole potenza della mucosa interna, al punto che il nostro amico a quattro zampe riesce a riconoscere la molecola di una sostanza rispetto ad un milione di altre. Alcuni esemplari, infatti, sono addestrati per la ricerca di persone o cose in importanti indagini giudiziarie, assumendo il nome appunto di “cani molecolari”. Il “tartufo” del cane è così importante, che le circonvoluzioni che lo caratterizzano, possono essere adoperate per individuare ciascun animale, quasi si trattasse delle impronti digitali umane.

Le funzioni del naso per il cane non si limitano alle eccezionali capacità olfattive, ma comprendono numerose facoltà aggiuntive, come la regolazione termica grazie alla presenza delle ghiandole sudoripare, o la precisione nell’individuare la provenienza degli odori, grazie a sensibili ricettori in grado di percepire l’evaporazione e l’umidità. Anche queste straordinarie capacità sono servite all’uomo per l’organizzazione di addestramenti, al fine di cercare generi alimentari, come il tartufo, o per combattere la criminalità, nei casi in cui si debbano ricercare stupefacenti od esplosivi. Anche l’udito è un senso molto sviluppato nei nostri amici quadrupedi, tanto è vero che si parla di “iperacusia del cane”. Il suo udito, infatti, secondo alcuni studi, è quattro volte più forte di quello umano e riesce a percepire le onde sonore fino a 40mila Hertz, mentre l’orecchio di un essere umano non arriva neanche alla metà, cioè a 20mila Hertz. Il grado di acutezza dell’udito del cane è messo in relazione soprattutto alla sua capacità di percepire gli ultrasuoni, che sono delle vibrazioni sonore che hanno una frequenza superiore ai 20 kHz non udibili dall’orecchio umano. La variabilità delle vibrazioni, che i cani riescono a percepire, dipende molto dalla forma delle loro orecchie: più sono ampie ed alte, maggiormente i padiglioni auricolari sono in grado di udire i suoni più impercettibili. In realtà, ad un attento osservatore, non sfugge che il movimento delle orecchie del cane è molto simile a quello dei radar destinati a captare i suoni. Come quest’ultimi, anche le orecchie del cane si muovono a seconda della provenienza del suono, riuscendo a capire il punto esatto da dove arriva. Ma non è tutto. L’udito del cane riesce a selezionare, fra centinaia di suoni diversi, soltanto quello che lo stimola o lo incuriosisce di più. Perciò è necessario fare attenzione al movimento delle orecchie dei nostri amici, in quanto potrebbero preannunciare l’arrivo di un animale o di una persona indesiderata. Si capisce, quindi, come un cane con un udito debole si possa sentire a disagio. Molto spesso il calo dell’udito dipende dalla vecchiaia, dai più elementari tappi di cerume oppure da otiti o da disturbi neuro-vegetativi.

Le caratteristiche sociali dei cani

Ma quali sono le principali qualità etologiche del cane? A differenza di quanto alcuni affermano, il cane, pur essendo un animale sociale, non si adatta a vivere in un gruppo organizzato in maniera gerarchica. Il cane non è più un lupo e, pertanto, anche gruppi di esemplari randagi, non formano veri e propri “branchi”, ma soltanto modesti sistemi di mutuo soccorso occasionale, orientati per la maggior parte dei casi alla ricerca del cibo o alla difesa comune. Il lupo, uno dei pochi animali monogamici, vive in branchi familiari, dove i due capostipiti guidano cucciolate nate anche in anni diversi. L’intervento dell’uomo ha privato il cane, derivato dal lupo, di sviluppare lo stesso senso di appartenenza al nucleo familiare. In genere, dopo che la madre si è occupata dei cuccioli, la guida dei piccoli passa all’essere umano, con il quale si instaura una sorta di collaborazione sociale chiamata “impregnazione”. I cuccioli, con i quali l’uomo interagisce già nei primi giorni di vita, credono che questo faccia parte del suo stesso “gruppo sociale”, anche se appartenente a diversa specie. Sulle modalità di sviluppo della relazione uomo/cane vi sono principalmente due diverse scuole di pensiero. Quella più tradizionale si basa sull’ “obbedienza” che sarebbe l’unico concetto che il cane comprende, sentendo la necessità di una guida che lo affianchi nel cammino di crescita all’interno del gruppo sociale. Il secondo orientamento ritiene superati gli strumenti coercitivi, sostenendo che sia più proficuo, in termini di risultati, l’invito alla cooperazione con metodi di persuasione nella relazione uomo/cane,  Entrambe le scuole di pensiero, ovviamente, condannano qualsiasi comportamento umano che infligga sofferenza al cane, perseguendo l’obiettivo di creare un rapporto di fiducia armonico e bilanciato con il padrone. Nel linguaggio scientifico ciò viene solitamente definito come “omeostasi psichica”, quando cioè si ottiene che l’animale possa coesistere in un ambiente formato da esseri umani senza patire traumi o situazioni di forte stress emotivo.

Molto si è discusso sulle capacità di comprensione e di interazione del cane, cioè su quel complesso di facoltà che tendiamo a riassumere con il termine “intelligenza”.  Dai progenitori lupi, i cani hanno generalmente ereditato la tendenza a distinguere le strutture sociali con i relativi obblighi, nonché a leggere i segnali del corpo umano, in particolare il tono della voce ed i gesti, per interpretarne pericoli o comandi.  Alcuni etologi si sono cimentati nello studio di metodi per misurare l’intelligenza canina, ricavando diversi protocolli ermeneutici e formulando ipotesi sul numero di parole che determinati esemplari, addestrati da loro stessi, potessero arrivare a conoscere. Si tratta, indubbiamente, di esperimenti utili che, tuttavia, non sono in grado di fornire dati certi ed incontrovertibili. Sta di fatto che le osservazioni hanno dimostrato come i cani arrivino a comprendere diverse centinaia di parole, associandole ad immagini e perfino alla modulazione verbale della frase in cui i medesimi termini sono inseriti. Una ricerca condotta nel 2008 presso la University of Lincoln ha evidenziato come i cani siano gli unici non-primati a “guardare” l’essere umano allo stesso modo di un altro essere umano, ossia orientando lo sguardo verso il lato destro altrui, per carpire elementi circa le sue emozioni. L’aspetto forse più importante di questa ricerca è che i cani riservano questo comportamento, soltanto nei confronti dell’uomo, non quando incrociano i propri simili od altre specie animali.

Altri studi hanno messo in luce come la struttura psichica del cane sia capace di provare emozioni strutturate, come la gelosia, l’ansia, l’affetto e, soprattutto, il dolore e non parliamo soltanto di quello fisico. In particolare, lo psicologo canadese Stanley Coren, uno dei più grandi luminari mondiali sulla biologia canina, ha più volte sostenuto che l’intelligenza del cane è molto più sviluppata di quanto si possa percepire. Lo studioso paragona le capacità di comprensione dei cani a quella dei bambini di tre anni, distinguendo quattro tipi di intelligenza: istintiva, adattativa, funzionale  e spaziale.

I cani hanno un’anima?

Il cane è, senza alcun dubbio, l’animale più capace di donare amore ed il suo legame con il padrone può diventare un sodalizio indistruttibile. Il nostro amico a quattro zampe ci insegna la pazienza, l’abnegazione, la lealtà e l’assoluta fedeltà, non conoscendo neanche alla lontana i sentimenti prettamente umani della falsità, dell’egoismo e dell’invidia. Non porta mai rancore, neanche quando viene maltrattato o abbandonato, come hanno dimostrato alcune vicende non fantasiose, ma ben documentate. La forte alchimia che si crea tra cane e padrone è stata spiegata anche scientificamente, grazie all’importante ruolo giocato dall’ossitocina. Uno studio condotto presso l’Azabu University del Giappone avrebbe dimostrato che l’interazione sana ed affettuosa tra cane e padrone innalzerebbe il livello di tale ormone in entrambi i soggetti.

Il nostro caro amico è, inoltre, capace di provare empatia: riesce ad avvertire quando il suo partner umano è triste, cambiando il proprio comportamento in funzione della situazione contingente. Non a caso i cani vengono adoperati per la cosiddetta “pet therapy”, in quanto la loro presenza si rivela estremamente benefica per le persone che soffrano di disabilità fisiche o mentali. Numerosi casi accertati hanno evidenziato come il cane perda interesse per i giochi o per il cibo, se il suo padrone è particolarmente triste. Anche la paura è un sentimento fortemente percepito dal cane che, quando incrocerà i suoi simili, abbaierà soprattutto per difendere o rassicurare il suo partner umano,  Allo stesso tempo, è necessario dosare bene i rimproveri e ricorrere ad essi soltanto a scopo educativo e con raziocinio. Il cane avverte la nostra rabbia ed il nostro nervosismo, anche quando non è affatto la causa di tali sentimenti. Ciò avviene perché di solito sviluppa un fortissimo legame empatico con il padrone, al punto da sentirsi frustrato se non può compiacergli e donargli gioia. Nel linguaggio canino la felicità si esprime in tanti modi: quando scodinzola, abbaia, si butta a pancia a terra, o corre incontro al suo amico umano che non vede da tempo. Le manifestazioni di accoglienza si verificano anche dopo pochi minuti di assenza. In particolare, quando il cane si mette pancia all’aria vuole esprimere totale fiducia al padrone. Al contrario, quando prova tristezza, assume un’espressione contrita, soprattutto quando viene sgridato con veemenza o viene lasciato da solo per molto tempo, in alcuni casi arrivando a piangere di dolore con lamenti e guaiti.

Lasciamo ai sedicenti teologi le speculazioni sulla possibilità o meno che gli animali abbiano un’anima. Invero non è neanche sicuro che la possieda l’essere umano che, dal punto di vista scientifico, racchiude i propri sentimenti nella sfera psichica guidata dal cervello. Tralascerò anche di parlare del recente brutto gesto del papa che, al momento della sua proclamazione, scelse proprio il nome di un santo che amava profondamente gli animali e l’intera natura, come espressione della grandezza dell’Onnipotente: un brutto gesto non tanto nei confronti del cagnolino, che ha rifiutato di benedire, quanto verso la signora così entusiasta che gli si era avvicinata. Non credo che i problemi della fame del mondo e del patologico egoismo umano si risolvano negando l’amore ai propri animali domestici. Mi piace, invece, citare una frase del grande romanziere francese Victor Hugo: “fissa il tuo cane negli occhi e prova ancora ad affermare che gli animali non hanno un’anima”. In fondo ognuno che abbia interagito con un cane ne è consapevole, ma ora è la stessa scienza ad evidenziare certi aspetti “spirituali” della vita del cane. Tra gli studi più interessanti degli ultimi anni, menziono quello condotto dal neuro-scienziato Gregory Berns della Emory University di Atlanta, Stati Uniti. Lo studioso, con l’autorizzazione dei padroni dei cani coinvolti, ha organizzato una serie di esperimenti per provare come i nostri amici a quattro zampe provino veri e propri sentimenti. Preciso che gli esperimenti sono stati portati a termine, senza che gli animali fossero sedati, legati o costretti in alcun modo. Diversamente lo studio non avrebbe conseguito dati attendibili. Per rendere possibile gli esperimenti, i cani sono stati addestrati ad entrare in un tunnel adattato alla risonanza magnetica e a restare fermi per trenta secondi, provvisti di casco e di cuffie anti-rumore. E grazie ad un costante addestramento e all’indole intelligente ed ubbidiente dei partecipanti, è stato possibile osservare la mappa dei loro cervelli sottoposti a diverse stimolazioni ed interazioni con i padroni. E’ stato rilevato che nel cane succede la stessa cosa che accade all’uomo quando, rispondendo a determinati stimoli di piacere, di cibo o di felicità, si illuminano specifiche parti del cervello. L’equipe di Berns ha potuto concludere che questa particolare similitudine di reazione tra il cervello umano e quello canino può essere annoverata tra i casi di “omologia funzionale”. Non sembra, invece, che i cani provino un vero e proprio “senso di colpa”, come si potrebbe pensare quando assumono un atteggiamento contrito, dopo esser stati sgridati. Tale tipo di comportamento dovrebbe essere ascritto al fatto che il cane teme di essere punito o di provocare una reazione più violenta da parte del padrone. Altri studiosi dell’Università di Budapest, sottoponendo essere umano e cane a risonanza magnetica contemporaneamente, hanno rilevato che gli animali riescono a comprendere quando siamo felici o tristi, cercando di adeguarsi al nostro stato d’animo. Ed ancora altri esperimenti condotti a Londra hanno dimostrato che i cani si avvicinano consapevolmente a chi piange oppure a chi assume un tono disperato. In tal modo è facile comprendere come essi vogliano dare il proprio sostegno e l’amore incondizionato ai padroni che sono in difficoltà. Risulta chiaro, a questo punto, come i cani abbiano la capacità di capirci molto più di quanto possano fare gli esseri umani fra loro. Tuttavia, se ragioniamo al contrario, dobbiamo dire che non sempre i cani vengono correttamente capiti dai loro padroni. Se al cane manca la complessità del cosiddetto “pensiero razionale” umano, a noi manca il suo infallibile fiuto e, di conseguenza, quello che in maniera generica siamo soliti chiamare “sesto senso”. Il cane non sa fingere ed esterna sempre le sue emozioni in maniera spontanea e genuina.

L’istinto dei cani

Riguardo alla presunta pericolosità del cane, vi è da precisare che, discendendo direttamente dal lupo, esso tende a reagire agli stimoli esterni seguendo l’istinto naturale appunto ereditato dal suo antico antenato. Al contrario del lupo, però, il cane ha quasi del tutto perso la paura ancestrale nei confronti dell’uomo e, per questo, quando la fonte del suo stato di profondo stress deriva dall’essere umano, può arrivare ad aggredire. Gli etologi ritengono che nessun cane può definirsi “cattivo”, come nessuna razza è da definirsi pericolosa in maniera aprioristica, anche se alcune sono innegabilmente può rischiose, in relazione alle caratteristiche, alla stazza ed ai geni ereditari. Pertanto, è necessaria impartire una corretta educazione e socializzazione all’animale fin da cucciolo, con particolare riferimento allo scopo che vuole perseguire il suo futuro padrone: una cane di grossa taglia, ad esempio, mal si adatterà alla vita d’appartamento ed agli stimoli riservati agli esemplari da compagnia.

Sono davvero molto numerose le storie di cani che hanno commosso la sensibilità collettiva e che hanno ispirato tante pellicole cinematografiche, a cominciare dai classici come Lassie, Rin Tin Tin o Zanna Bianca. Alcune  vicende reali hanno testimoniato l’assoluta fedeltà di alcuni cani che hanno seguito i loro partner umani fino alla morte o di altri che si sono sacrificati senza esitare per salvare la vita di qualcuno che era in grave pericolo. Ci sono storie che ci raccontano di cani, così innamorati dei  padroni, da scegliere di trasferirsi nei luoghi della loro sepoltura, per rimanere accanto anche oltre la vita. E’ la storia di Bobby, un cane scozzese, che morì 14 anni dopo il suo amico John Gray, celebrato dallo scultore William Brodie che realizzò una riproduzione a grandezza naturale di questo straordinario animale.  A partire dall’anno 2000,  la tomba di Bobby è diventata un vero e proprio santuario e tante persone possono leggere l’emozionante lapide che vi è collocata, un monito per tutti noi:

“Che la tua lealtà e devozione sia un esempio per tutti noi”.