Sogno di una notte di mezza estate: analisi e significato dell’opera

L’impressione è questa: come se William Shakespeare, secoli fa, avesse passato una serata a bere tè corretti in una bettola di Londra con David Lynch. Alla fine Puck & Co. non sono altro che la rappresentazione di una teoria freudiana dell’inconscio ante-litteram sulla scena, largamente condivisa dal mitico regista di Velluto blu. Con la differenza che Lynch opera quando le teorie freudiane fanno parte della conoscenza diffusa, mentre il genio inglese operava diversi secoli prima.

Il titolo della commedia ci dice già molto. Il “sogno” è una realtà onirica, fertile occasione per l’inconscio che manda messaggi cifrati all’io nello stato di veglia per fare in modo che possa realizzarsi la consapevolezza dell’”io sono”. “Di mezza estate” ricorda tanto quel dantesco “nel mezzo del cammin di nostra vita”… e infatti Shakespeare nel 1595 – data orientativa della prima stesura dell’opera – doveva avere intorno ai 30 anni, la mezza estate della sua vita. Il “sogno” è stato quindi uno strumento per fare il “punto della situazione”, per scoprire quanto cammino ci fosse ancora da percorrere. La parte “attiva” della sua condizione mentale, Teseo (l’eroe mitico uscito dal labirinto delle sue passioni), vuole unirsi in matrimonio con Ippolita (la regina delle Amazzoni, colei che ha domato i cavalli delle sensazioni). In realtà Teseo non ha fatto altro che “vincerla con la spada”, per questo spesso la futura regina viene rappresentata contrariata (com’è interpretata, ad esempio, nella versione cinematografica di Hoffman).

Potremmo dunque vedere la fatica del drammaturgo inglese come la rappresentazione di un albero cabalistico in cui la parte ricettiva della condizione psicologica di Ippolita “sa di essere stata violentata” e nei quattro giorni che mancano al matrimonio procurerà a diversi livelli ribellioni, opposizioni, contrasti; questi resi drammaturgicamente dalla disobbedienza di Ermia e dai pasticci combinati da Puck, folletto a servizio di Oberon, re del mondo astrale, anche lui al momento squilibrato, perché in lite con Titania, sua controparte femminile, regina delle fate. Anche qui notiamo il contrasto e la contrapposizione tra le due colonne dell’albero: la parte femminile è ribelle, non vuole cedere il “paggio” (che nel film viene raffigurato simile al Krisna fanciullo della tradizione indiana e Krisna, tradizionalmente, rappresenta la coscienza). Titania evita il congiungimento amoroso con Oberon, che la punisce costringendola per mezzo di un sortilegio a unirsi con il centro più basso della coscienza, cioè Bottom (che vuol dire anche “fondo”, in un certo senso il “didietro dell’anima”). Titania innamorata per castigo di Bottom rappresenta l’io che scende negli abissi dell’inconscio e ne resta prigioniero… fino a che, passata la notte delle illusioni e degli incantesimi, Oberon si commuove, scioglie la malìa e ristabilisce l’equilibrio.

Ma qual è stata la causa di questa “caduta”? L’origine va ricercata in Egeo; nella mitologia padre di Teseo e nella commedia padre di Ermia: padre senza cuore, Egeo – che metaforicamente rappresenta l’Ego – crede di possedere fisicamente Ermia e non vuole riconoscere che sua figlia invece appartenga a se stessa, alla sua stessa vita. Bottom, il guitto, attraverso la metamorfosi in asino (come ne L’Asino d’oro di Apuleio) riesce ad avviare dunque un processo di catarsi rigenerativa per mezzo della morte drammatico-grottesca di “Piramo e Tisbe”. Il sacrificio dei due amanti permetterà il recupero dell’energia di cui necessitano Teseo e Ippolita per unirsi e perdonarsi. La commedia termina con quattro matrimoni e un’illuminazione: Shakespeare, attraverso Bottom, sa di aver sognato la “verità” che il suo inconscio ha cercato per tutto il tempo di comunicargli; questo gli basta per continuare a vivere la sua vita di guitto. E attraverso Puck capisce che la vita è “sogno” e che il sogno è “realtà”, dentro gli occhi stessi del pubblico che si addormenta e sveglia al ritmo delle giravolte frenetiche degli attori in scena: non ha fatto altro che dormire, assistendo alla rappresentazione teatrale dei processi comunicativi del suo stesso inconscio.

Cover image: Joseph Noel Paton, La lite di Oberon e Titania

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