Album: Bon Iver – 22, A Million

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Il terzo lavoro in studio del progetto solista di Justin Vernon alias Bon Iver, 22, A Million, arriva a cinque anni di distanza da Bon Iver, Bon Iver del 2011). Dopo il successo attenuto nel 2007 con il suo album di debutto, For Emma, Forever Ago e poi con il suo omonimo secondo disco – che nel 2012 ottenne il premio come Best Alternative Music Album – l’artista del Wisconsin ha saputo giocare abilmente sulla scena musicale grazie a una serie di fortunate collaborazioni  – come nel caso del brano Heavenly Father, inserito nella colonna sonora di Wish I Was Here, del regista Zach Braff, o quella con James Blake in The Colour in Anything – che gli hanno permesso di porsi in brevissimo tempo all’attenzione della critica internazionale.

In occasione del recente Eaux Claires Music Festival, il cantautore ha annunciato la pubblicazione del suo nuovo 22, A Million, registrato in totale autonomia e solitudine (almeno dal punto di vista compositivo – consuetudine questa che rende davvero particolari tutti i lavori di Bon Iver). Sì, perché per quanto possa sembrare strano, le 10 tracce contenute in questo album sono state scritte dal cantante seguendo un filone tematico fortemente introspettivo: nascono dall’intima paura dell’artista di fronte a un foglio bianco, di fronte alla domanda “e adesso, cosa si aspettano da me?“. La cosiddetta “paura di sbagliare il terzo album” ha portato Vernon a prendersi del tempo per creare qualcosa di nuovo e di curato nei minimi dettagli, qualcosa che non rinnegasse il vecchio stile indie/folk degli album precedenti, ma che allo stesso tempo guardasse a più ardite sperimentazioni musicali. A ciò si aggiungono anche influenze tratte dalle esperienze fatte con altri artisti e tratte dalla musica moderna.

Ecco quindi nascere brani in cui la vera protagonista è la voce, acuta e in falsetto oppure in autotune o ancora unita al suono del synth, insomma resa una componente essenziale in ogni sua forma. In brani come 22 (OVER S∞∞N) – pezzo in cui le prime parole sono già enigmatiche e dal tono pessimistico, “it might be over soon” infatti sembrano riferirsi a un possibile abbandono della scena da parte del cantante – i suoni distorti ed elettronici si fondono con le note della tastiera e con quelle appena accennate della chitarra. Altri invece, come d E A T h b R E a s T ⚄ ⚄  e 715 – CRΣΣKS, contengono una particolare sovrapposizione di voci che sottolineano quella vena romantica – eco dell’album d’esordio – che porta dritta a un lirismo quasi soul; 29 #Strafford APTS  è un evidente ritorna alle radici del folk rock che si caratterizza per un dolce accompagnamento di chitarra. Non manca poi un pezzo tendente al dark-rock, 666 ʇ, in cui però l’atmosfera cupa è alleggerita da un sound movimentato e delle note della chitarra acustica che fa da base alla voce acutissima di Vernon. La penultima traccia, ____45_____, a un primo ascolto, forse anche un po’ distratto, può apparire tranquilla, invece è interrotta nel mezzo da suoni glitchati che  disturbano l’udito e distorcono le tonalità del brano. A concludere il tutto troviamo 00000 Million, che si apre con una dolce intro suonata al piano e distende la tensione delle tracce precedenti. Da notare è anche l’enigmaticità non solo della copertina, ma anche della stessa scrittura dei brani, che si basa su versi, simboli e numerologie di un linguaggio misterioso e indecifrabile.

Concludendo, 22, A Million è l’album che vede l’alter ego di Vernon, Bon Iver, assumere una vera e propria identità, emanciparsi e delineare un sua precisa direzione artistica. Prodotto e distribuito – come gli album precedenti del resto – dall’etichetta Jagjaguwar, questo lavoro è un passo in avanti verso la modernità musicale e la maturità artistica. E se Bon Iver aveva paura di “sbagliare” quest’ultimo disco, dopo averlo ascoltato possiamo solo rassicurarlo: un ottimo lavoro.

7 / 10

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