Nostalgia di Mario Martone: un film che ti tocca l’anima

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Quando si guarda un film di Mario Martone è impossibile farselo scivolare addosso. Con Martone, lo spettatore è sollecitato ad  esaminare con libertà e rigore interpretativo ciò a cui assiste, trasformando la visione passiva in un analisi critica. I film con la firma di Martone lasciano il segno.

Martone è un autore colto, non incasellabile nei tradizionali schemi della critica italiana: un autore che sa dialogare con i temi più significativi della realtà umana, riesce a lavorare a trecentosessanta gradi avendo come obiettivo il dialogo tra le arti. Le opere di Martone appaiono sofisticati congegni di montaggio capaci di trasmettere il senso di una totalità evidenziando in modo intelligente  le incongruenze della vita, senza cancellarle.

Martone arricchisce le sue opere con l’aiuto della poesia, dell’intelligenza, dell’ironia, e di una flessibilità  del giudizio. Alla stregua di un buon timoniere  riporta l’insostenibile casualità delle cose sull’invisibile rotta. E così le vicende, anche le più tragiche, come quelle del matematico suicida (Morte di un matematico napoletano) si rivelano degni esperimenti del vivere. La sua opera è un continuo sconfinare tra le forme del cinema e del teatro, che si spinge sempre oltre, verso quel luogo che precede ogni definizione. Nello scandaglio interiore dei suoi personaggi avvertiamo l’epifania di un’intima  non-appartenenza, la soglia di un’identità non risolta. Molti bravi registi riescono dare alle immagini una bellezza unica, ma non è detto che sappiano trasmettere anche quella poesia che ti tocca l’anima, ti fa riflettere, ti interroga, ti pone domande su come far dialogare l’io e l’altro, chi ci sembra lontano e in realtà è più vicino di quanto crediamo.

NOSTALGIA - Official HD Trailer - A film by Mario Martone

Martone è un artista poliedrico che  aiuta a comprendere meglio noi stessi. Nostalgia si apre con una citazione di Pier Paolo Pasolini: “La conoscenza è nella nostalgia. Chi non si è perso, non ne possiede”. Tutto ruota intorno alla nostalgia attraverso la figura di Felice. Quest’uomo torna a Napoli dopo 40 anni di assenza. La ragione di questa assenza è il soggetto del film.  Addolcire gli ultimi giorni della vecchia madre che rapidamente muore tra le braccia del proprio figlio è il pretesto di questo ritorno. Ma Felice vuole risolvere una questione aperta con un amico della sua gioventù tumultuosa. 

Vi è sempre un costante ritorno ai ricordi, immagini, situazioni, un via e vai di presente e passato, una sorta di ossessione moltiplicata  attraverso la potenza visiva del mezzo. Felice Lasco si compra la stessa moto che aveva da ragazzo, è il primo sorriso aperto che vediamo su un volto e che scioglie la sua faccia fino a quel momento contrita, risalendo quei vicoli che scalava da giovane “riscoprendone la topografia rimasta intatta come storia e natura l’avevano fatta, con le sue cupe, i suoi cavoni, le sue ’mbrecciate, vere e proprie strade-torrenti spesso incassate tra pareti a picco.” Le sequenze alternate tra passato e presente sono superbe, la capacità narrativa filmica rende ricordo e vissuto, dimensione soggettiva e apertura scenica così contigue che sembrano potersi scambiare definitivamente. La nostalgia in quel momento è così intensa che pare avere il potere di riportare in vita il passato. Felice ritrova la Sanità, Ermanno Rea autore del romanzo Nostalgia da cui è tratto il film  la  definisce cosìLa Sanità è un’isola, separata dall’esterno ma senza separazioni all’interno. E Felice è proprio nel Rione Sanità  che passeggia, cammina; vive attraversando vicoli bui, solitari, affollati, vivaci con uno sguardo nostalgico. Una nostalgia ferita  quella che abita i passi di Felice nel rione, nostalgie che fanno vivere o nostalgie che fanno morire?  Occorre essere consapevoli che la risposta non è tanto nella trama ma nei movimenti di luce che invadono le vicende di Felice Lasco. Luce che ognuno la risolverà a suo modo, in accordo con la propria sensibilità e modo di pensare. E sulla personale percezione che ognuno di noi ha o potrebbe avere  citiamo Pasolini che egregiamente ci ricorda che occorre andare oltre:

“Il problema è avere occhi e non saper vedere, non guardare le cose che accadono, nemmeno l’ordito minimo della realtà. Occhi chiusi. Occhi che non vedono più. Che non sono più curiosi. Che non si aspettano che accada più niente. Forse perché non credono che la bellezza esista. Ma sul deserto delle nostre strade Lei passa, rompendo il finito limite e riempiendo i nostri occhi di infinito desiderio”