Come aumentare la nostra autostima: capiamo come funziona

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Questo articolo poteva intitolarsi in modi differenti. “Come diventare degli inguaribili ottimisti”, oppure “come convincersi di essere efficaci” o ancora “come diventare invulnerabili alla depressione”. Perché il concetto di autostima, di fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità, è lo strumento più potente che abbiamo per moltiplicare la nostra efficacia come persone e resistere ai momenti in cui sentiamo quel naturale senso di fallimento che certi eventi possono provocare. Essere persone positive e ottimiste non significa non avere mai momenti in cui si sente di aver fallito: al contrario, si tratta semplicemente di interpretare quei momenti nel modo giusto.

Perché l’autostima può cambiare così tanto la nostra vita? Perché rimuove ogni possibile blocco interiore che la nostra azione può incontrare per essere efficace. Se abbiamo dentro di noi motivazione ed energia, se vogliamo fortemente ottenere qualcosa nella nostra vita, l’unico rischio è che certi eventi o pensieri negativi possano convincerci che nonostante tutto non siamo in grado di raggiungere l’obiettivo prefissato. È un ostacolo che esiste solo dentro di noi ma può bloccare diverse parti della nostra personalità. E può sfociare nella depressione, che è uno stato di impotenza patologica in cui smettiamo di credere che la nostra azione possa essere efficace.

L’autostima e l’ottimismo verso le nostre capacità sono state studiate a lungo da Martin Seligman durante i suoi anni di ricerca sul concetto di impotenza appresa, che sono ben riassunti nel suo libro Imparare l’ottimismo. Dai suoi studi emerge chiaro come il principale nemico della nostra autostima è il senso di impotenza che si può acquisire nella vita, dopo aver constatato come in certe situazioni i nostri sforzi, di qualunque entità essi siano, possano risultare vani al raggiungimento dei nostri obiettivi. Quel senso di impotenza è pericolosissimo: può convincerci che non vale la pena mettere impegno nelle nostre attività quotidiane e può portare alla depressione. Ma esistono delle persone naturalmente ottimiste che ne sono immuni. È da loro che dobbiamo imparare, per avere sempre alta la nostra autostima.

Come si diventa immuni al senso di impotenza e alla depressione? Attraverso un cosiddetto “stile esplicativo” positivo. Lo stile esplicativo è il modo naturale con cui noi interpretiamo e spieghiamo i successi e i fallimenti della nostra vita a noi stessi. In generale, lo stile esplicativo più efficace, quello che ci aiuta a non scoraggiarci mai, a resistere ai momenti di tristezza e depressione e a mantenere alta la nostra autostima, è quello che attribuisce i successi della nostra vita alle nostre qualità come persone, ai nostri talenti e alla nostra natura, alla nostra identità, mentre interpreta i fallimenti come momenti dovuti al caso o alla sfortuna, accadimenti passeggeri che non vanno correlati con la nostra efficacia personale. Al contrario, chi è più incline alla depressione tende a pensare ogni successo come dovuto al caso, o a circostanze fortuite, mentre vede nei fallimenti una conferma della propria inefficacia come persona. Il modo in cui associamo successi o fallimenti alla nostra identità stabilisce il nostro ottimismo e la nostra autostima.

Nel dettaglio, esistono tre aspetti principali secondo cui funziona la nostra autostima. Rientrano tutti nel modo in cui i successi e i fallimenti influenzano la percezione di noi stessi. Seligman le chiama “le tre P”: permanenza, pervasività e personalizzazione. Vediamole insieme:

  • Permanenza: è la misura con cui crediamo che le cause che hanno generato un successo o un fallimento siano permanenti nel tempo o solo temporanee. Se si ha un successo personale evidente, come una promozione sul lavoro o un traguardo raggiunto nello sport, l’individuo dotato di autostima associa quel successo alle proprie capacità innate, quelle permanenti. “Sono stato promosso perché ho talento nel mio lavoro” offre al successo la possibilità di diventare permanente nel suo effetto sulla coscienza di noi stessi. Se invece pensiamo sia successo perché “sono stato fortunato”, l’effetto di quel successo è passeggero e non aumenta la nostra autostima. L’esatto opposto avviene con i fallimenti: se interpretiamo una delusione d’amore con “mi ha conosciuto in un momento in cui non ero in forma”, la percezione di quel fallimento sarà solo temporanea, mentre se ci convinciamo che sia successo perché “sono un buono a nulla” il senso di inefficacia diventa permanente. Dal punto di vista della permanenza, dobbiamo sempre cercare di associare i successi a caratteristiche sempre presenti in noi stessi e i fallimenti a situazioni temporanee, esterne o della nostra persona
  • Pervasività: è la misura di quanto un successo o un fallimento in un campo della nostra vita estende i suoi effetti nella percezione di noi stessi come persone per intero, in tutti gli ambiti della nostra esistenza. Ad esempio, se abbiamo un successo a lavoro, l’individuo dotato di autostima associa quel successo alle qualità generali di di sé, spiegandoselo come “quando mi impegno in qualcosa, riesco sempre al meglio”, mentre il pessimista vede in quel successo solo una qualità specifica relativa all’ambiente lavorativo (“sono bravo nel mio lavoro”, invece che “sono una persona di talento”). Cosa opposta con i fallimenti: se associamo un fallimento in un ambito specifico a una caratteristica locale di noi, stiamo resistendo alla sensazione di impotenza. Se pensiamo di non aver passato un esame perché “non siamo in grado di concentrarci” (spiegazione associata a noi come persona, dunque con effetto pervasivo), stiamo aprendo la porta all’inefficacia percepita. Dal punto di vista della pervasività, dovremmo sempre cercare di associare i successi in ogni ambito della nostra vita alle caratteristiche generali di noi stessi, mentre dovremmo spiegarci i fallimenti con motivazioni specifiche legate a quell’ambito.
  • Personalizzazione: è la misura di come prendiamo su di noi come persone i meriti (o i demeriti) dei successi e dei fallimenti di cui siamo protagonisti. Se ad esempio di fronte a un progetto di successo a lavoro, riteniamo importante sottolineare a noi stessi che quel successo è dovuto alle nostre capacità personali, stiamo interpretando in maniera efficace un successo come conseguenza delle nostre qualità, mentre al contrario, se ci convinciamo che quel successo sia dovuto soprattutto all’impegno del gruppo, non stiamo permettendo a quel successo di aumentare la nostra autostima personale. Effetti simili avvengono se interpretiamo i fallimenti in modo opposto: vedendo in un fallimento un effetto della nostra azione personale ci stiamo esponendo alla sensazione di impotenza, mentre se diamo ad altri (chiunque fuori di noi) la responsabilità di quel fallimento, stiamo costruendo una sorta di immunità alla sensazione di inefficacia. Dal punto di vista della personalizzazione, dovremmo sempre prenderci quanto più possibile i meriti dei successi che coinvolgono le nostre vite, mentre dovremmo interpretare gli insuccessi quanto più possibile a cause esterne a noi (come la sfortuna, gli altri o il gruppo in cui eravamo inseriti).

Tenere allenata la nostra autostima significa prima di tutto essere capaci di osservare il modo in cui vediamo noi stessi di fronte ai successi e agli insuccessi in cui ci imbattiamo. Esistono pratiche specifiche che possono funzionare in tal senso, ma il primo passo è sempre quello di capire come funzioniamo. Parlare con un buon life coach è sempre il modo migliore per essere più consapevoli di sé e della propria efficacia.

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