Ho Ucciso Paranoia: sogni e visioni dall’album dei Marlene Kuntz

Un soffione, col suo pallido gambo, si staglia in un cielo notturno.
Paranoia da annientare.
Un Sollievo da scovare.
47 minuti tra uragani sonori ed evocative ballate.

Ho Ucciso Paranoia (1999) terzo album in studio dei Marlene Kuntz (se si eccettua l’EP Come di Sdegno) è una riuscita sintesi della bipolarità creativa Marlenica, insita nel loro stesso nome.

Nell’album del longevo e leggendario gruppo rock italiano nato nel 1989 si sposano in effetti le due anime che, da 30 anni, contraddistinguono la band Cunese: l’anima lirica, melodica si scontra e incontra in un vorticoso inviluppo, artisticamente intrigante, con quella delirante e allucinata.

Un amalgama di ossessioni, allucinazioni, visioni, sogni, sogni di sogni, soggettivismi esasperati, solitudine, tenerezza, urla, deliri, presunto e/o agognato sollievo, trovano spazio nei 47 minuti dell’album che nel 2019 spegne 20 candeline.

Ho Ucciso Paranoia (H.U.P.) – il cui titolo è da intendere nel duplice senso di omicidio di un termine abusato allora come ora e, al contempo, tentativo di superamento della paranoia (o di Paranoia) stessa – è frutto di un estenuante lavoro in studio, inizialmente scoraggiante, poiché spronato ma appesantito dalle aspettative create dai due precedenti album dei Marlene: Catartica (1994) e Il Vile (1996).

Il 14 gennaio 1999 il rock italiano si arricchisce di 11 preziose tracce mature contenutisticamente e musicalmente parlando, tracce che sanno essere taglienti, ebbre all’occorrenza, inquietanti, criptiche ma anche liriche, avvolgenti, seducenti e poetiche, in linea con lo stile targato Marlene Kuntz.

Alle 11 tracce si aggiungono la Spora n. 5 e la Spora n. 27 ovvero “frammenti musicali improvvisati ed estrapolati da contesti più ampi e dilatati”; si tratta di improvvisazioni concepite in sala prove da cui successivamente è nato un album: Spore (per l’appunto).

Suoni graffianti, chitarre ruvide e a tratti malinconiche, accordature bizzarre, figure retoriche di significato e di suono, termini desueti e studiati nella loro collocazione.

La stessa collocazione dei brani nell’album intesse e, così facendo, rimarca la bipolarità che contraddistingue Ho Ucciso Paranoia.

Marlene Kuntz - L'Odio Migliore

Ho preso Paranoia, la mia concubina cocciuta
E l’ho accoppata, giuro, come di schianto

L’Odio Migliore, traccia n 1, primo singolo estratto dall’album: una situazione paranoica (non a caso), allucinata, claustrofobica, conturbante tanto quanto la stanza rossa di David Lynch o l’Overlook Hotel immaginato da Kubrick in Shining.

Unheimliche (per dirla alla tedesca) ovvero qualcosa di non familiare, non rassicurante e dunque perturbante. E in effetti hanno ben poco di rassicurante quelle toilette del Tenax, mitico locale Fiorentino, in cui il regista Niels Jensen scelse di girare il memorabile video de L’Odio Migliore.

Luci rosse simili a quelle di una camera oscura. Atmosfera asfissiante. Immagini riflesse quasi a creare un Doppelgänger che sovrasta l’Io causando angoscia.

Uno specchio – da sempre associato in letteratura e nel cinema alla categoria del perturbante – distorce la realtà e amplifica l’ambiguità percettiva. Visionario, allucinato, delirante.

Quattro paranoici vittime di allucinazioni visive” sono le parole usate da Cristiano Godano, frontman del gruppo, in riferimento al video de L’Odio Migliore, dove le quattro vittime sono i Marlene (nella formazione del tempo) distorti e imprigionati nelle loro stesse allucinazioni.

marlene kuntz - in delirio

Invasato e delirante nella propria deriva solipsistica è anche il protagonista di un’altra traccia visionaria del disco: In Delirio, traccia n 11 di Ho Ucciso Paranoia con quella icastica, vaneggiante, arrembante chiusa:

Vago nel folto di fronde in delirio

Ma c’è anche un’anima melodica dei Marlene Kuntz, contrappunto a L’Odio Migliore: Infinità. Traccia n 4.

Marlene Kuntz - Infinità

5 minuti e 35 secondi di Poesia. Uno dei più apprezzati tra i pezzi della discografia Marlenica. Infinità è il desiderio di cristallizzare e immortalare un momento di tenerezza, disciogliendolo nel tempo: “ora e per sempre ora”, canta Godano.

La mia emozione è un brivido
Non lo sperderò
Ma prenditi un mio battito
E mischialo coi tuoi”

Infinità dipinge il momento di commozione di un Io Poetico emozionato alla vista di una Lei ormai approdata nel sereno regno di Morfeo e descrive il desiderio di accarezzare quella delicata creatura avvolta tra le sue braccia, senza tuttavia ridestarla:

Rimani così, nei sogni che fai
Non ti vorrò ridestare

Infinità è una raffinata celebrazione di amore puro, intimo e autentico in cui tuttavia mai compare la parola amore: un’ode (molto ben riuscita aggiungerei) alla tenerezza ad altissima carica emotiva.

Ho Ucciso Paranoia è poi: l’angosciante trappola che crea la logorante monotonia de L’abitudine, un burattinaio delirante che, metaforicamente, rappresenta lo scrittore alle prese con la caotica parata delle 21 lettere dell’alfabeto in una riuscitissima riflessione (meta)linguistica, l’atmosfera eterea di un bosco in cui si librano delusioni, malcontenti, sentimenti sfibrati, sdegnose verità e tuttavia, nuovamente, una promessa d’amore.

E ancora: l’ineludibile frustrazione esistenziale e l’amara consapevolezza di doverci fare i conti soli, con se stessi, uno sbronzo con la propria voragine, fragile e disilluso, al bancone di un bar.

Questo e (molto) altro.

Ho ucciso Paranoia è un tortuoso e affascinante viaggio tra i vorticosi dedali dell’animo umano, tra i suoi misteri e le sue ambiguità in cerca di una gioia, di un (apparente) Sollievo:

La gioia è una bolla, tesoro
Ci gonfia di ebbra ingenuità
Poi scoppia e si perde dovunque nel tempo

Nel 2019 Ho Ucciso Paranoia compie 20 anni e rimane un capolavoro del rock italiano. E torna sui palchi, con la sua doppia anima.

E se accoppare la fissa cruciale fedele come l’edera pare essere una chimera e vanaglorioso il tentativo di ottenere un Sollievo, Ho Ucciso Paranoia, tra i numerosi meriti, vanta anche quello di aver inserito il termine Ineluttabile (traccia n 7 del disco) nel vocabolario personale di generazioni e generazioni. E, ci auguriamo, continui a farlo per molto e molto altro tempo ancora.

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