Davvero gli smartphone ascoltano le nostre conversazioni?

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È uno di quei grandi dubbi che vengono quando, per caso, noti navigando le principali app del tuo smartphone una pubblicità che si riallaccia in maniera inequivocabile a qualcosa di cui abbiamo parlato in famiglia o con amici. “Parlato”, quindi semplicemente menzionato verbalmente, non digitato sulla barra di ricerca Google. Magari ne parli semplicemente al telefono per la prima volta e il giorno dopo vedi un ad esattamente su quel prodotto. All’inizio potrà sembrare solo una coincidenza, ma con la diffusione sempre più capillare dei modelli pubblicitari su ogni aspetto della nostra vita la cosa si va ripetendo sempre più spesso. E a un certo punto è d’obbligo porsi una domanda: i nostri smartphone stanno davvero in ascolto di ciò che diciamo, senza che ce ne accorgiamo?

È ovviamente un tema molto delicato, che include la nostra facoltà di scelta e la capacità di proteggere la nostra privacy, ma anche dal lato opposto l’interesse a ricevere preferibilmente pubblicità che possano effettivamente interessarci e migliorare la nostra esperienza coi media. Ed è un tema di cui siva discutendo sempre di più, confrontandosi con gli esperti del settore e triangolando le informazioni con quel che viene dichiarato dalle grandi compagnie informatiche con cui interagiamo ogni giorno di più: Google, Apple, Microsoft, Facebook, Amazon e così via.

Ovviamente la tecnologia che permetterebbe tale comportamento è in tutti i nostri smartphone: la maggior parte dei nostri dispositivi è in grado di attivarsi a un preciso comando vocale (“Ok Google”, “Hey Siri” sono quelli conosciuti pubblicamente), processare quanto detto e inviare ai server delle grandi compagnie il contenuto del clip vocale, per ottenere le risposte desiderate. Questo non vale solo per i sistemi operativi degli smartphone: qualsiasi app a cui abbiamo consentito l’accesso al microfono potrebbe sviluppare lo stesso identico comportamento, attivandosi a sua discrezione (non per forza allo scattare di specifiche parole pronunciate) e inviando dati ai server remoti (non è necessario che la clip sia registrata per davvero, può semplicemente essere processata e tradotta in parole). La domanda è: le app ricorrono davvero a tale pratica a fini pubblicitari?

Esistono diversi articoli in rete che provano a dare una risposta a tale domanda, e una risposta definitiva ancora non esiste. Un articolo di Business Today datato Luglio 2018 parla di una ricerca fatta da un team di specialisti che hanno investigato l’uso comune del microfono da parte delle app nei nostri smartphone, in base alla quale non ci sarebbe evidenza di registrazione e invio di clip vocali. Il che, come spiega lo stesso articolo, non è sufficiente a garantire che la cosa non succeda (il clip potrebbe non essere registrato ma semplicemente processato sul momento e tradotto in informazioni di formato differente, poi inviate al server). E, per inciso, la stessa ricerca ha invece provato che alcune app effettuano degli screenshot di quanto facciamo su smartphone e li inviano nei loro server, a riprova che siamo in un terreno in cui sì, questo tipo di pratiche è possibile.

Essendo praticamente impossibile ottenere una risposta definitiva dalle compagnie coinvolte, nel tempo sono stati chiamati in causa diversi esperti di comunicazione e tecnologia per cercare di fare il punto. In questo articolo del 2017 su DigitalTrends gli esperti spiegano che le dichiarazioni ufficiali di compagnie come Facebook negano questa possibilità e che questo tipo di tecnologia è ancora immatura, ma confermano che gli smartphone andranno ascoltandoci sempre di più in futuro, e che avere la chiarezza assoluta di come lo faranno è impossibile. L’articolo più popolare sul tema, però, è probabilmente quello pubblicato da Vice nel 2018, in cui l’esperto di cybersecurity Peter Hannay afferma che “non vede motivo per cui le principali app non usino davvero, in pratica, il microfono a fini pubblicitari”, sebbene nessuno l’abbia mai confermato pubblicamente finora. Il tutto accompagnato da test pratici che sembrano confermare questa eventualità. Quello stesso articolo è accompagnato da un messaggio rassicurante che invita a non preoccuparsi, perché quelle informazioni verrebbero usate solo in maniera aggregata e solo da algoritmi informatici, senza che nessuna persona fisica ascolti in pratica quel che abbiamo detto nelle vicinanze del nostro smartphone.

Certezze ovviamente non ce ne sono, ma che gli smartphone ci ascoltino mentre noi compiamo le azioni normali della vita quotidiana è certamente possibile. Ed è naturale pensare che, col progredire della tecnologia, ciò diventi più diffuso e, se possibile, più chiaro. Finora compagnie come Facebook hanno negato categoricamente di far ricorso a tali pratiche, mentre Google mostra in maniera trasparente che i messaggi registrati dopo il comando “Ok Google” sono conservati nei loro server (in passato era possibile scorrerli sulle attività personali filtrando per “Voce e audio”, ora non più). La cosa è dunque possibile. Per avere certezze e ulteriori informazioni, bisognerà aspettare che il tema diventi più “caldo”. E non è escluso che ciò avvenga in tempi piuttosto brevi.

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