Gustav Klimt e lo scandalo del simbolismo: la storia dei Quadri delle Facoltà

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Per Gustav Klimt era sempre stata una questione di libertà artistica. Non era per se un anticonformista, ma non poteva concepire il processo creativo se non come un canale espressivo col dovere di colpire, stupire, spiazzare e far riflettere. Dietro quello che per semplicità alla fine si definì simbolismo c’era la volontà di andare oltre i concetti, di rappresentare visioni capaci di sfociare nella filosofia, e non c’era segreto verso le influenze che le letture di Nietzsche e Freud avevano sulla sua arte. Quando nel 1897 guidò la Secessione di Vienna, un movimento di rottura che intendeva promuovere l’arte austriaca e permettergli di misurarsi con il dibattito internazionale. Nel primo numero di Ver Sacrum, la rivista portavoce della Secessione, il critico Hermann Bahr a spiegarlo:

“Non si disputa tra la vecchia arte, che infatti non esiste da noi, e una nuova. Non si combatte per un qualche sviluppo o cambiamento nell’arte, ma per l’arte stessa, per il diritto di creare artisticamente. È questo il punto.”

L’autorevolezza di Klimt nella scena artistica del tempo nel frattempo era già consolidata. Era già membro onorario dell’Università di Monaco e di Vienna, e lo stesso imperatore d’Austria Franz Josef I lo premiò con la Croce d’Oro al Merito. A sugellare la stima che gli ambienti pubblici avevano per quel giovane trentenne intorno al quale giravano i fermenti della Vienna artistica, nel 1894 l’Università commissiona a Klimt la decorazione del soffitto dell’Aula Magna, lungo un concetto da sviluppare in tre facoltà: Filosofia, Medicina e Giurisprudenza. Klimt rimandò a lungo i lavori, restìo ad interpretare il mandato secondo le indicazioni canoniche. Il primo dei tre pannelli, Filosofia, fu esposto a una mostra della Secessione nel 1900, quando era ancora incompiuta.

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Gustav Klimt, Filosofia, 1899-1907

Sulla sinistra si estende un groviglio di corpi nudi di età e sensazioni diverse, mentre proprio accanto emerge la testa cieca di una Sfinge, l’enigma del mondo, che coi suoi occhi chiusi si mostra insensibile verso ciò che accade. In basso, il volto femminile della Sapienza, osserva lo spettatore con l’intenzione di coinvolgerlo nel dramma dei corpi. La Filosofia di Klimt è un intreccio di destini privi di razionalità e ripuliti dai contorni. Il suo simbolismo è un linguaggio di nuova sensualità che non si vergogna, né si fa problemi a copire l’osservatore.

Le accuse di indecenza e pornografia furono istantanee. Un consiglio di 86 membri dell’Università (rettore incluso) inviarono una petizione al Ministro dell’Istruzione, chiedendo di sollevare Klimt dall’incarico. Il ministro rifiutò e Klimt, per certi versi galvanizzato dall’idea di dover liberare la propria arte contro e intransigenze che lo circondavano, passò al secondo pannello. Medicina fu mostrato per la prima volta nel 1901.

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Gustav Klimt, Medicina, 1901-1907

I corpi intrecciati rappresentano qui i diversi stadi della vita, con il teschio della morte ben visibile al suo centro e la donna incinta praticamente al suo fianco. Sulla sinistra, una donna nuda espone il proprio pube scoperto allo spettatore, rappresentando la liberazione dal dolore. La medicina è nel volto di Igea, la figura avvolta dal serpente in basso, che volge le spalle all’umanità e fissa superba l’ossevatore, invitandolo a prendere coscienza della debolezza dell’uomo.

Stavolta le prime accuse partirono sul merito di contenuto, quando la rivista Medizinische Wochenschrift lamentò una rappresentazione della medicina impoverita di due delle sue componenti fondamentali: la prevenzione e la guarigione. I moralisti invece si scagliarono contro lo scandalo dei nudi, invocarono di nuovo la rimozione dall’incarico e chiesero il ritiro delle pubblicazioni dei bozzetti. Ancora una volta le proteste non ottennero risultati pratici, ma i difensori di Klimt si stavano riducendo e quel suo andare contro iniziava a diventare scomodo per molti. Klimt rispose a quelle accuse da vero monello: isolò le due figure più contestate del dipinto, la donna incinta e quella nuda sulla sinistra, e ne realizzò due opere separate, addirittura accentuandone i caratteri sensuali: Pesci D’Oro e Speranza I. Poi passò all’ultimo pannello: Giurisprudenza.

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Gustav Klimt, Giurisprudenza, 1903-1907

In alto le tre componenti idilliache della giustizia, Verità, Giustizia e Legge, incastonate in una dimensione immateriale e completamente sconnesse dalla scena reale. Più sotto, il vero cuore della rappresentazione, ossia la Punizione: un vecchio indebolito è avvolto dai tentacoli di un polpo scuro, come sottoposto alla vendetta della giustizia, mentre a osservarlo tre diverse allegorie della giustizia, le Erinni. Non c’è gloria nella rappresentazione della Giurisprudenza, ma viene mostrato solo un atto vendicativo. Non si conoscono le colpe di cui si è macchiato il vecchio, ma non sono in pochi a vederci una rappresentazioe autobiografica delle ingiuste accuse scaturite dai due pannelli precedenti, dell’esagerata punizione per le sue provocazioni, esagerata al punto da portare i suoi stessi committenti a prenderne le distanze.

Le critiche stavolta furono così dure che fu lo stesso Klimt ad anticiparle: scrisse al Ministro dell’Istruzione e chiese indietro le tre opere, cancellando l’incarico e riprendendo possesso dei suoi lavori. Il Ministro si rifiutò, dichiarando che le opere, seppure incomplete, erano legalmente proprietà pubblica. La leggenda vuole che Klimt si presentò al Ministero con un fucile da caccia e lo puntò contro una delle guardie del Ministro, e solo quello portò il Ministro a concedere la rottura dell’accordo e permettergli di restituire l’anticipo in cambio del possesso delle opere. Fu l’ultima volta nella sua vita che accettò un incarico pubblico.

Fu uno dei momenti più critici della vita di Gustav Klimt, oltre che uno dei più grossi scandali della scena artistica viennese di inizio secolo. Klimt entrò in una sua personale crisi di fiducia, e si chiedeva se in errore era lui o erano gli altri. Dopo qualche tempo, reagì a quello che considerava un fallimento personale con una nuova fase artistica, quella dorata, e un lavoro nato proprio sulle ceneri delle difficoltà scaturite dai Quadri delle Facoltà: era il 1907 e il dipinto era Il Bacio.

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Gustav Kimt, Il Bacio, 1907-1908

I tre dipinti, invece, purtroppo non sopravvissero: andarono persi nel maggio 1945 durante l’incendio al Castello di Immendorf per mano delle SS naziste. Le immagini che arrivarono fino a noi, quelle presenti in questo articolo, furono fotografie in bianco e nero delle tre opere, da cui non si può apprezzare il tripudio di colori freddi e caldi che – in base a quel che si diceva all’epoca – offrivano un fenomenale stimolo visivo.

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