La storia ci ha insegnato che il โ900 รจ stato il secolo della nascita e del crollo delle grandi ideologie, della lotta atroce fra dittatura e democrazia, del grande sviluppo della tecnologia e della comunicazione, della secolarizzazione. Se tutti i grandi fenomeni ideologici e sociali hanno subito un netto ridimensionamento, fino alla loro scomparsa o quasi, ne resta uno fondamentale che sembra aver consacrato la sua posizione, dominando le altre correnti di pensiero in senso lato, imponendosi e al contrario rafforzandosi in ogni settore della societร , ampliando il suo raggio dโazione a tutto il mondo o quasi: parliamo del capitalismo, che da semplice sistema economico si รจ evoluto in qualcosa di molto piรน ampio e inglobante, arrivando in un certo senso a diventare una nuova religione e una nuova ideologia.
Il noto regista americano Michael Moore si occupa proprio di analizzare questo fenomeno cosรฌ resistente e durevole nel tempo nel suo documentario Capitalism: A love story. Realizzato nel 2009, due anni dopo lโesplosione della grande crisi finanziaria legata ai mutui sub-prime che, partita dagli USA, ha coinvolto lโintera economia mondiale, il film mette sotto accusaย lโattuale sistema economico statunitense e il capitalismo stesso.
Per affrontare lโargomento in questione รจ necessario andare oltre il dualismo tra capitalismo e comunismo (tanto caro a troppi intellettuali ed economisti) e analizzare con attenzione cause ed effetti del fenomeno. Moore ci riesce parzialmente nel suo film, proponendo unโanalisi storica del fenomeno che viene paragonato nelle scene iniziali allโantico impero romano, destinato a collassare su sรฉ stesso per le numerose problematiche, tra cui la mancanza di giustizia e coesione sociale.
Sintetizzando il pensiero del regista americano, il capitalismo avrebbe ucciso la democrazia, trasformando gli Stati Uniti in una plutocrazia, dove gli interessi delle multinazionali e della finanza, in generale dei ricchi, muovono tutte le scelte politiche ed economiche del Paese, con risultati disastrosi per il 99% della popolazione ma utili ad incrementare la forbice tra un รฉlite di super ricchi e la parte povera della popolazione, sgretolando ulteriormente il ceto medio.
Analizzando alcuni dati storico-economici la tesi sembra indiscutibile: la paga di un manager, negli Stati Uniti, puรฒ arrivare a essere 400 volte superiore a quella di un normale lavoratore e il presidente di una corporation puรฒ guadagnare 3.000 volte di piรน di un suo dipendente. Nel 1995, il reddito del 20% degli americani piรน ricchi รจ risultato essere ben 78 volte superiore a quello del 20% degli americani piรน poveri, laddove nel 1960 era solo 30 volte superiore.
Le critiche al capitalismo sono datate quanto il sistemo stesso e arrivano non solo dai socialisti o dai comunisti ma persino da un liberale come Max Weber. Questi, in Economia e societร , ammonรฌ a tenere costantemente presente che
โโฆdove il mercato รจ abbandonato alla sua autonormativitร , esso conosce soltanto la dignitร della cosa e non della persona, non doveri di fratellanza e di pietร , non relazioni umane originarie di cui le comunitร personali siano portatrici. Queste costituiscono altrettanti ostacoli al libero sviluppo della nuda societร di mercato; e gli specifici interessi di questa, a loro volta, costituiscono lo specifico banco di prova di tutte quelle relazioni. Il mercato libero, cioรจ non vincolato da norme etiche, con il suo sfruttamento della costellazione degli interessi e con il suo mercanteggiare, รจ nella sua radice estraneo ad ogni affratellamentoโ.
Insomma, il mercato autoregolato sacrifica, sullโaltare della massima efficienza e del profitto, lโeguaglianza e la solidarietร e, per ciรฒ stesso, non puรฒ non entrare in rotta di collisione con il principio etico-politico che sta alla base della civiltร moderna: lโuniversale fruizione dei diritti. In un mondo sempre piรน strettamente collegato e dipendente, aspetto ampliato dalla globalizzazione degli ultimi 50 anni, il capitalismo รจ penetrato ovunque, producendo mutamenti fondamentali che riguardano quasi tutti i Paesi del mondo, forzosamente inglobati in un unico destino storico: basta pensare alle ripercussioni economiche dellโEuro, cosรฌ come dei mercati finanziari in grado di influenzarsi e danneggiarsi come in un domino, mettendo in crisi i cittadini, le banche e perfino gli Stati, come dimostrato dai casi di Grecia e Argentina.
Le problematiche (per non dire catastrofi) sociali, politiche ed economiche sono da sempre il chiodo fisso di Michael Moore, basti pensare a Bowling a Columbine, Fahrenheit 9/11, Sicko. In Capitalism: a love story, il regista di Flint mostra il punto di svolta negativo del capitalismo, avvenuto durante lโera Reagan. Se prima il sistema economico permetteva dei benefici materiali ed economici notevoli (dovuti in grande parte alla necessitร di ricostruzione dopo gli sforzi bellici), con lโavvento dellโattore hollywoodiano alla Casa Bianca รจ iniziato il processo di deregolamentazione del sistema bancario e finanziario che ha permesso, con il passare del tempo, allโรฉlite economiche di imporre la propria agenda economica, politica e sociale senza limitazioni.
La nuova plutonomia ha dunque preso il posto della democrazia, causando una crisi economica di livello mondiale senza precedenti che รจ costata vite, un numero elevatissimo di posti di lavoro e oltre 4.100 miliardi di dollari statunitensi di perdita, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale. Nel suo documentario, Michael Moore mostra i lati piรน disumani di molte compagnie che cercano di giustificare il capitalismo a priori, come un credo, cercando di legarlo ad una visione cristiana del mondo, con dichiarazioni onestamente al limite del ridicolo. Non a caso il regista americano usa la sua pungente ironia sulla questione.
Tra i limiti del film, che certamente lascia da parte i dettagli nelle spiegazioni per un inquadramento generale del problema, cโรจ sicuramente quello di una visione ottimistica nel futuro, con lโormai ex presidente Obama che viene mostrato nel finale come un possibile salvatore della patria e della libertร , cosa che, come abbiamo visto, non si รจ certo rivelata vera. Proprio su questo punto restano aperte le domande fondamentali: รจ possibile in qualche modo contrastare gli interessi dellโรฉlite mondiali? Il popolo riuscirร mai a ribellarsi al moderno schiavismo? A quale prezzo? Ai posteri lโardua sentenzaโฆ
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