Nanni Moretti, Leonard Cohen, Wim Wenders: quel significativo sogno da Mia Madre

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Nel 2015 è uscito nelle sale Mia Madre, ultima fatica di Nanni Moretti. Il film racconta il periodo che intercorre tra la scoperta della malattia da parte della madre e la sua morte. Esperienza realmente vissuta dal regista durante la lavorazione di Habemus Papam, in Mia Madre Moretti raccoglie tutti i punti in comune con la sua vicenda, effettuando un vero e proprio scambio di personalità con Margherita Buy. Nel film sarà lei infatti ad interpretare figuratamente Nanni Moretti, coi suoi tic e le sue nevrosi, alla presa con la lavorazione di un film e la malattia della madre, mentre Nanni, in disparte, assisterà alla vicenda mantenendosi sempre ad una distanza “di sicurezza”.

La pellicola in bilico tra reale ed onirico ci restituisce, in una determinata scena, una poetica del passato dove si fondono svariati elementi: la musica in sottofondo, Famous Blue Raincoat di Leonard Cohen, cantautore canadese amato da Moretti che già utilizzo la sua I’m your man nella famosa scena in vespa di Caro Diario; il cinema Capranichetta, simbolo di una generazione romana che fu, ormai diventata adulta; la locandina del film in programmazione, Il Cielo sopra Berlino di Wim Wenders. Questi tre elementi non sono messi lì per caso, seguono uno schema ben preciso che analizzato riesce a farci percepire la scena con occhi diversi e più sognanti. Di seguito potete osservare la clip dal film.

httpv://www.youtube.com/watch?v=4c–XG2FiX4

La scena si svolge nel sogno di Margherita, mentre si diffondono nell’aria le note di Famous Blue Raincoat, ci risaltano agli occhi il cinema Capranichetta e l’interminabile coda che si è creata per assistere alla proiezione di Il Cielo sopra Berlino mentre Margherita, quasi smarrita, percorre la fila a ritroso. Il cinema è un ricordo del passato,  di una Roma e di una giovinezza che furono, quel cinema infatti oggi non esiste più. È un omaggio struggente e inusuale questo di Moretti, alla sua Roma e ai suoi personalissimi luoghi di culto. Il film in programmazione invece rivela l’intreccio della scena, il film più noto di Wenders è un’atipica opera d’arte che ci restituisce una visione più umana e meno sacrale della figura degli angeli, presenti da sempre sulla terra, ne hanno vissuto epoche e mutamenti, se gli angeli di Wenders vivevamo i mutamenti della Berlino pre-caduta del muro, nella scena onirica di Mia Madre si vivono, anche se per poco, i mutamenti di Roma e dei personaggi interni alla vicenda. Nel percorrere la fila a ritroso è Margherita a diventare quasi un angelo come nel film del regista tedesco, riesce a sentire le parole che gli indirizzano dapprima la madre, poi Moretti e infine la lei da giovane. Quella locandina simboleggia non solo un omaggio del regista romano all’opera di Wenders ma bensì qualcosa di più, un collegamento cinematografico in piena regola dove si fondono la percezione onirica del proprio inconscio e i cambiamenti dettati dal tempo.

“Fai qualcosa di nuovo, di diverso. Rompi almeno un tuo schema, uno su duecento”, questa frase che Moretti sussurra a Margherita è in realtà un invito al lui del mondo reale. Ed è qui che entra in gioco la canzone che impregna la scena: Famous Blue Raincoat, incisa da Leonard Cohen nel 1971 ed inclusa nel suo terzo album, Song of Love and Hate.  Il testo  nasconde dei significati profondi, è una lettera indirizzata a qualcuno, ma a chi? Non lo scopriremo mai, forse. Possiamo però azzardare, quasi con certezza, che Cohen si rivolgesse a sé stesso (la Jane citata è una donna, la felicità, o una parte di sé?) nonostante il pezzo si concluda con “Sincerely, L. Cohen”. Tutto questo ci è utile a fissare la scena che stiamo analizzando. Proprio come Cohen sembri parlare a se stesso, al suo io più nascosto, al pari della canzone Moretti parla con se stesso, col suo doppio interpretato da Margherita, vive in un sogno che dovrebbe convincerlo a cambiare, a “rompere i suoi schemi” o “almeno uno su duecento”.

Leonard Cohen - Famous Blue Raincoat (Live in Dublin - short)

Moretti, scrive una lettera aperta (o gira un film, come dir si voglia) a se stesso, si fa da parte, abbandona quell’egocentrismo che lo aveva reso protagonista dei suoi lungometraggi più iconici affidandolo alla Buy,  ci restituisce un film biografico (a modo suo) e struggente, dove la scena appena descritta la fa da padrona, elevandosi tra di diritto tra le più poetiche ed elaborate della cinematografia italiana.

2 comments

  1. Un film che amo molto, e quella scena in particolare mi trafigge: non credo di aver mai visto al cinema una rappresentazione cosi’ esatta del dolore di fronte al proprio passato che si sgretola davanti agli occhi, trasfigurato nella memoria. Non riesco mai a trattenere le lacrime.

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